Cosa ci è rimasto dei brand?
Il mondo corre veloce: negli ultimi anni, sempre di più, assistiamo a trasformazioni evidenti, prorompenti, che si catapultano nelle nostre vite quasi all’improvviso.
Il mondo della moda, delle passerelle, è uno degli esempi lampanti di quanto stia cambiando tutto. Vediamo sfilare nuovi designer, come grandi nomi che hanno fatto la storia della moda, vediamo qualcuno che cerca di rompere gli schemi che si mantiene al passo, rimodernando, creando, trasformando.
Ma, al tempo stesso, si deve essere riconoscibili nell’identità del marchio.
E’ uno dei grandi “problemi” della moda, al giorno d’oggi sempre di più. Viviamo in una bolla in cui, il quiet luxury -quell’elegante sobrietà, moderna, così distintiva- per certi versi appare distante. Eppure, nelle ultime passerelle sta ritornando in auge, come mai?
Innovazione oppure no?
Il tutto, mio modesto parere, sembra essere legato al bisogno, quasi disperato, delle persone di avere un’identità riconoscibile da chiunque -persino quando sei nessuno-, di sentirsi accettati all’interno di un contesto sociale. Ciò senza alcun interesse ad affermare una propria identità, una propria particolarità.
E per questo in un boom di marchi riconoscibili, di brand con loghi immensi e colori sgargianti, si vuole ritornare a quella che era la vera moda, quella fatta di shilouette e tessuti che facevano, davvero, la differenza. La globalizzazione, i tempi sempre più veloci e le richieste dei consumatori, hanno fatto si che le collezioni fossero sempre più ravvicinate, i tempi ristretti e ad ogni passerella si chiede sempre quell’allure di novità e, al tempo stesso, forte impronta di un brand.
Si cerca -quindi- di essere anticipatori dei tempi, senza in realtà esserlo davvero. Ad oggi, si riprendono gli archivi, si riadattano, modificano e sfilano.
Per un po’, e duole davvero dirlo, si è persa quella che era la vera impronta della moda. Ciò che ha fatto diventare un nome, un brand, quello che è ora. Di esempi, verrebbe un elenco lungo, e non è la sede adatta.
Una moda sempre più fast
Tendenze, preferenze, cambiamenti, il Fast Fashion sarà sempre più all’ordine del giorno.
Con Fast Fashion si intende un settore dell’abbigliamento che realizza abiti di bassa qualità a prezzi molto ridotti, lanciando nuove collezioni in tempi brevissimi. La concorrenza nel fast fashion perciò sarà sempre più agguerrita che mai, player come Shein e Temu ormai dominano queste dinamiche, intervenendo sui prezzi e sull’esperienza di acquisto del cliente.
Gli operatori del settore fashion più tradizionali sono chiamati ad adattarsi al nuovo contesto e alle mutate preferenze dei consumatori. Inoltre si seguono, costantemente, nuove tendenze e queste nascono -all’incirca- ogni giorno.
L’ultima tendenza
Una tendenza in crescita è rappresentata dall’abbigliamento outdoor, dalle sue caratteristiche tecniche, e dalla popolarità del trend “gorpcore” – un mix di funzionalità tecnica e stile moda. Emergente è anche il concetto di “quiet outdoor”, ispirato alla tendenza del “quiet luxury”. Questa estetica minimalista sta portando i marchi a ripensare le loro linee outdoor, con una maggiore enfasi su colori sobri e dettagli minimalisti, pur mantenendo l’aspetto tecnico dei materiali di alta qualità e innovativi.
Infine, non da sottovalutare, è l’ingresso sempre più “massiccio” dell’Intelligenza Artificiale (non solo nelle nostre vite) ma anche nel mondo della moda.
Milano Fashion Week
Focalizziamoci su Milano. Da quando la città meneghina è entrata nell’olimpo delle città della moda, e ci è entrata di diritto a cavallo degli anni ’70 e ’80, si è portata avanti un’attenzione -morbosa per certi versi- su quello che aveva da offrire il fulcro della moda per eccellenza.
Vediamo, questi cambiamenti, riflessi anche e soprattutto nelle varie fashion week. Da New York a Parigi, passando per Londra ed infine Milano.
La passata settimana della moda milanese ha lasciato molto su cui riflettere: cosa vediamo? Cosa possiamo cambiare e cosa invece è giusto, quasi doveroso rimanga così?
La sfilata di MaxMara si è dimostrata piuttosto salda nei suoi principi, senza rinunciare ai cappotti morbidi, al taglio sartoriale o alle -immancabili- nuance della terra con il color cammello sempre presente. Oscillante tra innovazione e tradizione.
Quel borderline che, dobbiamo ammetterlo, ci piace considerare un porto sicuro. Prada, invece, si trova ora in vetta alle “classifiche” grazie a MiuMiu. Riscuote grande successo il brand, negli ultimi mesi, eppure ha quel sapore dolceamaro di qualcosa destinata a non durare tanto.
Vediamo, l’altro lato della medaglia, con un Sabato DeSarno impegnato a risollevare Gucci dall’eredità di Alessandro Michele. Si districa tra i tentativi di riportare l’impronta di Tom Ford nel brand e quello di non rinunciare a creare un qualcosa di unico e nuovo.
Sono collezioni, che, sembrano concepite per dover soddisfare un desiderio altrui e non suo.
End?
E’ su questa -metaforica- linea di confine, che, ora sta giocando la moda. Non solo italiana, bensì mondiale. Un rimpallo costante, in cui, le tendenze di TikTok dettano i tempi, l’avvicendarsi dell’Intelligenza Artificiale è un dato di fatto e le pressioni del mercato fanno oscillare l’interesse prima in un verso e poi in un altro.
Ma sarà proprio per questa forma di incertezza, di futuro un po’ barcollante -lì ma non del tutto- che ci rassicurano, non così tanto segretamente, come certe cose non cambieranno mai.
O come, tutto ritorna.
E ne sono esempi (oltre ai momenti nostalgici in passerella) , le tendenze tra i giovanissimi a riscoprire gli anni ’90, oppure, Coperni che dedica, l’ultima sfilata della Parigi Fashion Week, alla generazione che non ha mai smesso di sognare all’ombra del castello di Disneyland.
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