Workwear, di nuovo.

da | FASHION

C’è un ritorno alla sostanza che non è nostalgia, è lucidità. Lo si vede ovunque: nei guardaroba reali, nelle bacheche social, sulle passerelle.

Il workwear, quello degli strati robusti, delle tasche utili, delle cuciture spesse — è tornato a dettare estetica e comportamento. Non per semplice cosplay da officina, ma perché il workwear ha ancora qualcosa da raccontare. Forse, semplicemente, ce ne eravamo dimenticati.

Miu Miu e il grembiule 

All’ultima sfilata di Miu Miu, il workwear è tornato protagonista con un capo tanto semplice quanto dirompente: il grembiule. Non un vezzo da stylist, ma un simbolo concreto del lavoro — di tutti, ma soprattutto di quello femminile, invisibile, quotidiano. Sulla passerella si sono alternati grembiuli in pelle, pinafore di cotone grezzo, cinture utility e tool-bag portate con la leggerezza di chi sa che la praticità può essere anche poetica. 

Alcuni look li sovrapponevano a bikini o camicie rigide: come a dire che il lavoro — quello reale, quello fatto di gesti — abita ogni spazio del quotidiano, anche quando la moda finge di non vederlo. Miuccia Prada non ha reinventato il workwear, lo ha solo riportato nel posto giusto: nel cuore del discorso contemporaneo. Perché, in fondo, la moda funziona anche quando smette di fingere e torna a sporcarsi le mani.

Miuccia Prada non ha semplicemente ripulito il workwear dai cliché. L’ha liberato dall’immaginario industriale per restituirgli una forma più intima, quasi archetipica: quella del gesto quotidiano, del lavoro che costruisce e custodisce. Quel grembiule non vuole solo essere sinonimo visivo di lavoro e fatica, ma si vuole far portavoce di memorie di un passato sempre più lontano.

È il ricordo di un’eleganza funzionale, di un’Italia che stirava e sognava nello stesso respiro. Un’estetica che restituisce valore al quotidiano, di quella bellezza involontaria che abita le cose utili. Sovrapposto a blazer e gonne rigide, diventa il simbolo di un potere sottile — quello delle donne che sanno fare, disfare, ricominciare.

Non è un esercizio di nostalgia, ma un gesto di restituzione: un tributo a tutte le donne che hanno fatto del lavoro silenzioso una forma d’amore. Quelle che hanno retto famiglie, case, generazioni intere, senza mai ricevere applausi. Miuccia le rimette al centro, ricordandoci che dimenticare sarebbe un peccato culturale collettivo. 

Dal runway alla realtà

Il workwear non è più un feticcio da passerella, ma un linguaggio comune. Dopo Miu Miu, anche JW Anderson, Acne Studios e The Row hanno reinterpretato le uniformi da lavoro, trasformando tute, tasche e giacche cerate in capi desiderabili, perfettamente integrati nei guardaroba dei fashion victims più attenti. Non è un caso se la moda sta riscoprendo la concretezza: quel bisogno di toccare la materia, di sentire il peso delle cose addosso. Sulle passerelle il grembiule è simbolo, ma fuori — nelle strade, nei negozi, negli armadi reali — il workwear continua a vivere la sua seconda giovinezza.

Dickies, appena entrata nel portafoglio di Authentic Brands Group, prepara un rilancio che la riporta al centro della scena: carpenter pants, hickory stripes, giacche da meccanico e una nuova estetica che fonde nostalgia industriale e consapevolezza green. Carhartt WIP, dal canto suo, resta regina dello streetwear globale, trasformando la divisa da cantiere in status symbol urbano.

Il messaggio è chiaro: il nuovo lusso non bada più solo allo sfarzo, ma alla durata. Un ritorno all’essenziale, sì, ma con stile.

Icone di una ritrovata coolness

Il fascino del workwear non nasce oggi. È inciso nella memoria visiva di intere generazioni. Da James Dean con la sua Harrington consumata in Rebel Without a Cause, ai carpenter jeans di Kurt Cobain, dal denim sdrucito dei Beastie Boys fino ai mechanic suits di Chloë Sevigny nei primi Duemila. È sempre stato lì, silenzioso, ad aspettare che la moda tornasse a guardare nella sua direzione. Oggi quella stessa estetica ha cambiato volto.

Blake Lively, nel recente It Ends With Us, riporta in scena la tuta da lavoro in chiave emozionale. Quella tuta diventa uniforme di sopravvivenza, più che di seduzione. Bella Hadid, invece, con i suoi look in pinstripe e cargo oversize, ha riscritto la sensualità contemporanea, fondendo praticità e potere. Da Hailey Bieber a Emily Ratajkowski, il workwear oggi si muove tra comfort e costruzione, realtà e rappresentazione. Non è nostalgia, è continuità. Questo stile non deve dimostrare nulla, perché sa già di appartenere alla vita vera.

E la vera coolness, oggi, è tutta lì.