Cosa stanno facendo gli altri senza di noi? Il circolo vizioso della fear of missing out.
Immaginate di essere sul vostro divano di sabato sera, comodamente seduti con il telefono in mano, nel bel mezzo di una sessione di scrolling. Scorrendo fra le storie Instagram di amici e sconosciuti, notate che hanno una cosa in comune: sono tutte foto e video di un evento di cui voi non sapevate nulla. Sono tutti lì, e voi no. Magari è un evento per cui non provate alcun interesse, e di cui sapete che se foste stati a conoscenza, avreste comunque scelto di non andare. Eppure, vedere tutte quelle persone parteciparvi, origina quel fastidioso bisogno impellente di essere lì. Se vi siete sentiti così almeno una volta nella vostra vita, allora, siete stati vittime di FOMO.

La fobia dell’essere tagliati fuori
FOMO è l’acronimo dell’espressione inglese “Fear of Missing Out”, ovvero la paura di perdersi qualcosa, essere tagliati fuori o esclusi. Il termine fu coniato dall’imprenditore americano Patrick McGinnis, durante i suoi anni da studente, per descrivere quello che vedeva accadere tra i suoi compagni di università: impegnati a correre tra mille eventi, sperimentavano la costante paura di mancare a qualcosa di imperdibile, e di non riuscire quindi a tenere il passo.
La sensazione di non far parte di qualcosa, però, è sempre esistita. Aristotele diceva che l’uomo è un animale sociale, che per natura tende a vivere in comunità, e ad aggregarsi con gli altri. Come specie infatti, dando uno sguardo alla nostra evoluzione, abbiamo sempre avuto la necessità di far gruppo. E dove c’è un gruppo, c’è la FOMO.
Se è vero che la fear of missing out sembra non esser nulla di nuovo, ma piuttosto un timore che esiste da sempre, è altrettanto vero che se sta avendo un’accelerata diffusione, soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione, vi è un colpevole da dover scovare. E non vi è certo bisogno di un’indagine approfondita per capire che l’uso massiccio del social è il reo incriminato.


Digital FOMO
La FOMO è in cima alla lista delle conseguenze più problematiche dell’uso dei social network. Sembrano tutti avere vite più interessanti, colorate, piene di amici, traguardi, impegni, divertimento. Ad ogni scroll corrisponde una sensazione di angoscia, di malessere, delusione. I social sono una vetrina, ma ce ne dimentichiamo troppo spesso. Tornare all’immagine iniziale, quella del sabato sera passato fra uno scroll e l’altro, è la chiave. Nessuno posta le proprie serate passate in solitudine, quelle in cui non ci si veste bene e si va a dormire presto. Eppure le viviamo tutti.
L’iperconnessione distorce la percezione delle realtà delle cose, e scatena quindi ansie relative alla sensazione di vivere meno esperienze rispetto agli altri. È qui che prende vita un circolo vizioso. Per alleviare la paura di rimanere al di fuori, si inizia inconsciamente ad accedere senza sosta ai propri account social, per monitorare cosa fanno gli altri, ed essere sicuri che non ci si sia persi nulla. Succede a tutti: quante volte, dopo una lunga giornata in cui a malapena si è toccato il telefono, ci si siede a controllare cosa ci siamo persi?
Il rischio è quello dell’isolamento, che se ci si pensa bene, è ironico. Per non rimanere tagliati fuori, si sviluppa una sorta di dipendenza dai social, che a sua volta ci isola, tagliandoci quindi fuori a sua volta: ma non da una storia Instagram, bensì, dalla vita reale.


Il marketing e la JOMO
Se la FOMO è perlopiù percepita come qualcosa di interamente negativo, c’è chi ne giova. Per molte strategie di marketing che fanno leva sul bisogno del consumatore di sentirsi parte di qualcosa, l’ossessiva paura di rimanere al di fuori che sperimenta chi è vittima di FOMO, è un grande vantaggio. Ma non tutti cadono nella trappola: infatti, c’è chi vive di JOMO, “Joy of Missing Out”, ossia il senso di gioia e liberazione che si prova nel perdersi qualcosa, nel fregarsene, nell’assumere un approccio che invita a godersi il qui ed ora.
Il segreto, è tenere a mente che gli altri ci mostrano solo ciò che vogliono farci vedere. Lo facciamo anche noi, dopotutto. Potrebbe essere d’aiuto infatti, non concentrarsi su ciò che ci perdiamo, bensì, su quello da cui gli altri ci escludono veramente: le giornate passate da soli, i fallimenti, i momenti di noia. Ovvero, i momenti di vita normale. Più JOMO, meno FOMO.
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