Oggi più che mai la moda è al centro del panorama culturale contemporaneo. Nessuno può esimersi dal farne espeirenza diretta o indiretta. E noi, quando ce ne accorgeremo?
Fin dai suoi albori la moda è stata al centro della sfera sociale. Un mezzo atto non solo alla pura necessità di coprirsi, ma ricco di significanti e simbologie. Un abito non è mai stato esclusivamente un pezzo di tessuto drappeggiato sul corpo, piuttosto un modo per raccontare qualcosa. In effetti, pensandoci, è la moda a restituire la fotografia dei tempi. Quando immaginiamo un periodo storico passato le immagini che la nostra mente ricostruisce sono, essenzialmente, look che definiscono un’epoca. Dalle crinoline ottocentesche alle spalline imbottite degli anni ’80.
L’atto del vestire è una delle poche scelte consapevoli che un individuo è obbligato a fare ogni mattina. Nessuno, quindi, può esimersi dal fare esperienza della moda, che lo voglia o meno. Anche la persona meno interessata al look dovrà recarsi in un negozio di abbigliamento e fare una scelta che rifarà ogni mattina davanti al suo guardaroba. Che sia essa dettata dal prezzo o dallo stile poco importa: la moda obbliga a prendere una decisione. Anche se poco consapevolmente tutti scegliamo i nostri vestiti perchè, in qualche modo, ci rappresentano. Nemmeno il più disinteressato indosserebbe qualcosa che non grida al mondo che la moda non gli interessa. E questa è la scelta più fashion che un soggetto posa fare.
In un analisi più attenta della moda potremmo affermare, con serenità, che non è mai stata al centro della sfera sociale come oggi. Nella società dell’immagine sono sempre meno le persone totalmente disinteressate al fashion, almeno a livello superficiale. Forse non tutti conoscono la storia di Walter Albini, ma chiunque parla del proprio guardaroba, salva fit su Pinterest e discute con gli amici di look. Anche la terminologia comune della moda è cambiata. Molti termini tecnici del settore sono entrati a far parte del linguaggio comune. Complici gli inglesismi onnipresenti nella nostra lingua, nonostante le pressioni governative. Così nessuno parla più di giacca, ma di blazer (che poi non tutte le giacche siano blazer è un altro discorso) e ognuno, nel proprio vocabolario, ha un decalogo di parole per definire la vestibilità dei pantaloni.
Questo accade nel momento in cui i look di chiunque sono oggetto sempre più pubblico. Un tempo un soggetto sceglieva il proprio outfit consapevole che l’avrebbero visto le persone che gli gravitano attorno. Oggi basta una foto per rendere il fit eterno e alla portata di tutti. Indiscutibilmente quindi il peso di questa scelta si fa più persistente. In più chiunque, oggi, è consacrato ad icona di stile (anche quando di iconico ha ben poco). Ogni giorno i social sono bombardati di look impeccabili e sempre aggiornati che fanno crescere nelle persone comuni la voglia di un guardaroba sempre migliore.
In effetti è proprio il mondo virtuale ad avere un grande peso in questo cambiamento della moda da elitaria ad apparentemente democratica. Non solo ha reso chiunque una fashion icon, ma ha anche mutato la moda stessa in un trend. Momenti come la fashion week, grazie ai social, si sono trasformati da eventi di settore a momenti sociali nella vita di chiunque. I video delle sfilate diventano trend sui social e la fashion week è diventata il place to be di tutti. Anche di chi di moda non capisce nulla. I front row delle passerelle pullulano di personaggi diametralmente opposti alla moda. Seduti in prima fila solo per far storie su Instagram e mostrare di essere lì. Anche quando, magari, dello show non hanno percepito nulla.
Tutto ciò ha portato, dal lato opposto, la moda a voler essere sempre più onnipresente. Ad un fashion brand, oggi, non basta più vendere abbigliamento. Vuole necessariamente coprire più segmenti di mercato possibili. Tutti devono diventare clienti del brand, indipendentemente dal loro interesse per la moda. Da questa necessiatà nascono i milioni di locali che spingono la moda nel settore del food. O ancora le mostre d’arte finanziare dal fashion, vedi Fondazione Prada. Per non parlare del cinema, dello sport, e chi più ne ha più ne metta. GCDS è riuscito perfino a portarla nei supermercati firmando i pacchi della pasta Barilla.
Così la moda diventa sempre più commerciale perdendo la sua elitarietà. E con essa, di conseguenza, anche il suo fascino. In un universo che continua ad espandersi ad ogni costo la sua forza cominciata scemare. Si investe su mercati paralleli e ci si dimentica della ricerca nell’abbigliamento che inizia ad essere considerato superficiale perfino dalla moda. Che pensa di prendersi troppo sul serio per occuparsi di abiti. Eppure se, oggi, possiamo dire che un vestito non copre solo il corpo, ma fotografa la società è proprio perché la moda si è sempre occupata di vestitini. Che no, non sono affatto superficiali.