Se c’è una cosa che noi donne conosciamo molto bene, è proprio la figura del famigerato “bravo ragazzo”. Quello che ti guarda negli occhi e dice di rispettarti, che si dichiara femminista, che ti promette che “non è come gli altri”. E poi? Ti usa per una notte, ti consuma come un caffè al volo e ti abbandona, come un giocattolo vecchio, prima che tu riesca a capire da che parte sei girata. Ah, però, lui è diverso!
Allerta spoiler: No, non lo è.
Questi “omuncoli” – come mi piace definirli – non sono altro che maschilisti mascherati, moderni maestri del “femminismo di facciata”. Usano parole come “rispetto” e “parità” come biglietto da visita, ma alla fine trattano le donne esattamente come quei maschilisti in giacca e cravatta che criticano tanto.
Il risultato? Abusi morali e psicologici che non si vedono, ma si sentono.
Iniziamo a porci le giuste domande
Quante volte succede? Una serata, qualche drink, le battute brillanti che ti fanno pensare “forse non è un caso umano”. E tu – sì, proprio tu sorella – vuoi crederci e ci caschi. Ma il giorno dopo? Ghosting olimpico! E chi lo vede più? Oppure (peggio mi sento) fa dell’orbiting la sua missione di vita. Sai come si chiama un “omino” che fa così? Narcisista o, più modernamente, “malessere”.
E tu, nel frattempo, cerchi di convincerti che è stato solo un errore, che magari non è andata proprio così. E invece, è proprio così. Perché queste dinamiche tossiche non sono un caso isolato: sono il riflesso di un sistema che continua a vedere le donne come accessori, come qualcosa da usare e poi dimenticare, come un giocattolo.
Sono porci questi “omini”
Ma non si fermano qui, vero? Perché noi donne non siamo solo sedotte e abbandonate: siamo oggettificate, ridotte a corpi, a “bellezze” da commentare.
Siamo stanche del catcalling, di camminare per strada sentendoci come prede. Siamo stanche di sentirci definite dal nostro aspetto, come se fossimo una vetrina ambulante.
Chiariamo questo concetto una volta per tutte: il catcalling non è un complimento. È violenza. E questa mentalità è la stessa che alimenta le relazioni tossiche, i comportamenti manipolatori, le percosse, e quel bisogno di controllo che gli uomini cercano di far passare come romanticismo.
1 Parola, 11 lettere : CAMBIAMENTO
Il cambiamento deve partire da una cosa semplice: educare gli uomini. Sì, perché se il rispetto non viene insegnato, non possiamo aspettarci che si manifesti da solo. Dobbiamo spiegare che il consenso non è un dettaglio. Che il rispetto non è un favore. Che noi donne non siamo Kleenex.
Ma dobbiamo anche smettere di accettare queste dinamiche. Basta giustificarli. Basta trovare scuse. Non dobbiamo più tollerare nulla che ci faccia sentire meno di ciò che siamo: persone. Forti, complesse, autentiche.
Un circo chiamato patriarcato
Il problema? Gli “omini” si travestono da alleati, ma non lo sono. Sono quelli che criticano il patriarcato a parole, ma ne godono ogni privilegio. Quelli che promettono di essere diversi, ma alla fine sono solo l’altra faccia della stessa medaglia.
Qui non è solo una questione di azioni, ma di mentalità. Noi non siamo nate mute, sottomesse o disposte a giocare secondo le regole di un sistema che ci vuole al secondo posto.
Secondo la religione cattolica, siamo tutte nate dalla costola di un uomo, ma quanti ne abbiamo messi al mondo noi? Il rispetto ce lo siamo abbondantemente guadagnate, no?
Oggi diciamo basta
Basta essere ridotte a un corpo, a un trofeo da esibire o a un giocattolo da consumare. Non dobbiamo accettare dinamiche tossiche. Basta con gli “omuncoli” che si travestono da alleati per mascherare la loro misoginia di facciata.
Non vogliamo più compromessi. Vogliamo che la nostra voce sia ascoltata, che il rispetto sia una regola, non un’eccezione. Vogliamo educazione, vogliamo uomini che sappiano guardare alle donne come persone, non come oggetti, né come strumenti di desiderio.
Il rispetto come atto rivoluzionario
Oggi, ricordiamo le nostre battaglie, ma soprattutto i nostri silenzi. Ricordiamo chi ha avuto il coraggio di dire “basta” e chi non ha più avuto voce per farlo. Ricordiamo che ogni volta che alziamo la testa, che diciamo no, che ci riprendiamo il nostro spazio, stiamo facendo la rivoluzione.
Non è solo una giornata, non è solo un articolo, non è solo una lotta. È la nostra vita. E non ci fermeremo finché ogni donna non potrà sentirsi libera, sicura e, soprattutto, rispettata e non un giocattolo.
La prossima volta che qualcuno arriva con belle parole e zero fatti, non gli risponderemo, perché? Perché non abbiamo tempo da perdere con chi, il rispetto, non sa neanche dove sia di casa.