In un’epoca di aesthetic e immagini perfette ancora non resistiamo al fascino dei vestiti rovinati, sdruciti e sporchi. Perchè siamo disposti a pagare per un capo apparentemente rovinato?
Quante volte i vostri nonni hanno commentato i vostri pantaloni strappati con sgomento? Aggiungendo che, ai loro tempi, ci si vergognava ad uscire con i vestiti rovinati. Ciclicamente la moda propone capi sdruciti e rovinati che suscitano lo sdegno dei compratori. Qualsiasi brand ormai ha proposto dei pantaloni strappati. Qualcuno è andato anche oltre. Molto discussi i pantaloni macchiati d’erba lanciati da Gucci nell’autunno-inverno 2020/2021, per non parlare dei pee-stained Denim di Jordan Luca. Entrambi venduti alla modica cifra di 600€. Al di là di questi esempi estremi, e chiaramente provocatori, anche molti capi più comuni hanno caratteristiche simili. Prime tra tutte le Golden Goose. Le scarpe che completano alla perfezione il look old money. Nonostante l’appartenenza ad un mondo quiet Luxury, soprattutto per la genZ, le Golden mantengono quell’allure rovinata tutta d’ispirazione grunge. In totale contrapposizione con lo stile di chi le indossa, nella maggior parte dei casi.
Questa passione della moda per i capi rovinati è spesso ricondotta al mondo grunge degli anni ’90, ma in realtà ha radici molto più profonde. I primi a proporre dei tagli come elemento di moda sono, infatti, stati i Lanzichenecchi in epoca rinascimentale. Questi feroci mecenari erano soliti portare abiti tagliati come rivendicazione di forza e virilità. Presto diffusero la tendenza anche tra la classe nobiliare del rinascimento, come testimonia il dipinto “Il sarto” di Giovan BVattiosta Moroni. L’aristocrazia indossava abiti tagliati come simbolo di ricchezza. Un abito rovinato era necessariamente meno resistente e ciò sottintendeva la possibilità di acquistarne di nuovi in continuazione. Così la moda dei tagli fece scuola nel rinascimento, ma venne presto abbandonata.
Tutto torna e, negli anni ’90, è tempo di grunge, subcultura di tendenza a fine del secolo scorso. Padri di questo stile erano Kurt Cobain e Courtney Love, la coppia più cool degli anni ’90. Camicie sdrucite e pantaloni strappati componevano lo stile grunge, simbolo di una certa cultura anni ’90 di cui un designer come Alexander McQueen si fa traduttore nell’Olimpo dell’alta moda. A cambiare, rispetto alla moda rinascimentale, è senza dubbio il significato di questa tendenza. Una risposta irriverente e giovane ad una moda patinata e perfetta. Una sorta di contestazione attuata tramite look che suscitavano il dissenso dei benpensanti.
Fu così che la moda non abbandonò più questo trend che, con più o meno fervore, torna ciclicamente. Perfino nelle situazioni più istituzionali si è imbucata questa tendenza negli anni. Famosissimo il look firmato Dolce&Gabbanna indossato da Simona Ventura durante il suo Sanremo del 2004. T-shirt bianca, una preziosa giacca gioiello e un paio di jeans strappati sulle ginocchia. Oppure ancora l’outfit di Kanye West al Met Gala del 2016. Che, pensandoci, potrebbe anche essere ispirato a quello della nostra Simona nazionale!
Indiscutibile il fascino di questa moda un po’ disfatta e rovinata. Anche in antitesi con un tempo che richiede immagini perennemente perfette, ritoccate al millimetro. Eppure anche i più raffinati principini Ralph Lauren non rinunciano ad un paio di Golden Goose sporche sulla suola! Forse ci stiamo tutti stancando di questa innaturale perfezione?
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