La cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024 continua a far parlare di se. Tra pioggia e pioggia di critiche si sprecano i commenti provinciali e miopi sulla presunta rappresentazione dell’Ultima cena che poi era un richiamo ai Bacchanalia.
La cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024, diretta dal regista Thomas Jolly, ha scatenato un susseguirsi di polemiche, tendenzialmente sterili. Uno show di tutto rispetto intriso di storia, significati e richiami alla vita della Francia. Una celebrazione dei principi su cui si fonda la nazione: libertà, uguaglianza e fraternità. Aggiornati in ottica progressista per essere il più contemporanei possibili nel 2024. Nonostante ciò la critica italiana non ha per nulla apprezzato lo show. Definito dissacratorio, esagerato e, per certi versi, troppo crudo.
Tra le scene che più hanno scatenato la critica del nostro paese c’è stata la presunta riproduzione dell’Ultima cena di Leonardo Da Vinci in chiave Queer. Una scena descritta come blasfema e che, a detta del ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini: “offende miliardi di Cristiani nel mondo“. I più conservatori hanno subito gridato allo scandalo vedendo accostato il mondo Queer ad una narrazione cristiana. Parole come blasfemia ed oltraggio sono state pronunciate a dismisura senza curarsi minimamente di cosa significasse tutto questo.
In primis c’è da dire che non si trattava di una rappresentazione dell’Ultima Cena di Da Vinci. Nonostante l’innegabile somiglianza estetica, il riferimento di Jolly era, come da lui stesso dichiarato, quello dei Bacchanalia. Feste pagane in onore del Dio Bacco. Non ci si capacita di come tutti questi critici super attenti non si siano accorti della presenza di un Philippe Katerine ricoperto di blu ad interpretare Dioniso. Pare strano, se non impossibile, che qualcuno l’abbia scambiato per una strana rappresentazione di Gesù Cristo in chiave regno dei Puffi. Forse erano tutti troppo attenti a cercare uno sterile scandalo piuttosto che a tentare di comprendere il senso della scena.
Senza inutile ipocrisia non è da escludere una possibile ispirazione formale all’Ultima cena di Leonardo Da Vinci. Anche se, a dirla tutta, vista la riconosciuta snobberia dei nostri cugini d’oltralpe, pare strano che abbiano deciso di fare riferimento ad un affresco conservato in Italia che non ha nessun legame stretto con la Francia. Al di là di tutta questa dietrologia, e dei voli pindarici fatti circa la scelta del regista, anche se l’ispirazione fosse stata ufficialmente l’Ultima Cena cosa ci sarebbe stato di male o di blasfemo?
Innanzitutto è bene definire una specifica differenza. Il riferimento, comunque, non sarebbe stato il racconto biblico in se, ma la rappresentazione della scena fatta da Leonardo Da Vinci. Si tratta di due cose molto diverse. Parliamo di un’opera d’arte, come può essere la Gioconda, non di un racconto sacro. Un’immagine sacra sì, ma pur sempre un’immagine. Una rappresentazione formale di un evento che poco ha a che vedere con l’evento stesso. Tanto che la critica ha evidenziato somiglianze nella disposizione dei personaggi e non nei personaggi in se. Basti pensare al fatto che al centro, dove ci sarebbe dovuto essere Gesù, c’era una figura probabilmente ispirata alla Statua della Libertà. Dono della Francia agli Stati Uniti d’America.
Il problema in se poi non è nemmeno stata la rappresentazione distorta di una scena biblica. Il grosso problema, causa di blasfemia e oltraggio secondo molti (anche se in pochi hanno avuto il coraggio di dirlo chiaramente), è stata la presenza delle Drag Queen all’interno del quadro. Il riferimento al mondo queer è quello che ha scatenato l’ira dei più che hanno dichiarato che le Olimpiadi dovrebbero celebrare lo sport e non diventare propaganda politica. Ignorando il fatto che, in primis, qualunque cosa è politica e che, a dirla tutta, inclusione e diritti civili dovrebbero essere un tema caro a tutti, al di là degli orientamenti politici.
Pensate che non è nemmeno la prima volta che l’Ultima cena di Da Vinci viene rivisitata
Non si può pensare che un quadro così iconico non subisca alcun tipo di reinterpretazione nel tempo. Che sia essa dissacrante o celebrativa si tratta sempre di un omaggio che riconosce all’opera una notorietà tale da poter diventare la base per una nuova creazione.
Una delle prime reinterpretazioni è stata nel 1961, ad opera del regista Luis Bunel. Il drammaturgo, nella pellicola dal titolo Viridiana, tratta i temi del sacro e del profano in maniera estremamente cruda. In una delle scene più celebri riprende precisamente l’immaginario dell’Ultima cena di Leonardo. Schema scelto per raccontare un’orgia di cibo, alcol e sesso accompagnata da Messiah di Handel.
Anche l’Italia, nel 1980, ha partorito una famosa reinterpretazione del cenacolo di Da Vinci dove, per altro, già c’erano le Drag Queen. A mettere in piedi questo dissacrante capolavoro fu Renzo Arbore nel film “Il Pap’occhio” con Isabella Rossellini e Roberto Benigni. Un’esilarante commedia comica intrecciata con lo stato del Vaticano. Quì l’Ultima Cena è lo schema per il gran finale. Al banchetto, pensate, erano presenti anche le Sorelle Bandiera, tra le prime Drag Queen italiane, presenza fissa nel palinsesto di Rai 2 con la trasmissione “L’altra domenica”. Nemmeno a dirlo il film venne sequestrato per “vilipendio alla religione cattolica e alla persona del Papa”. E da quel punto ci siamo mossi ben poco.
Perfino quel genio di Andy Warhol, tra il 1984 e il 1986, creò una serie di declinazione dell’Ultima Cena di Da Vinci. Warhol partì da della fotografie di bassa qualità dell’opera, le ingrandì e le alterò con colori pop. Ragionando così sulla riproduzione su scala industriale delle opere d’arte.
In tempi più recenti, correva l’anno 2013, anche il fotografo David La Chapelle ha messo in piedi una nuova veste dell’Ultima Cena. L’artista, solito a giocare con il sacro e il profano rappresenta un Gesù dalle sembianze di un tossico. Circondato da apostoli rapper e da una Maria Maddalena in versione Barbie.
Queste sono solo quattro delle innumerevoli reinterpretazioni dell’iconica opera d’arte del maestro Leonardo. È dal 1919 che si reinterpretano in chiave provocatoria le opere d’arte. Il primo esempio è stata La Gioconda, sempre di Leonardo, rivisitata da Duchamp con baffi e la scritta L.H.O.O.Q. (ella ha caldo il culo). Eppure ancora oggi continuano a scandalizzarci per il nulla. E si che, in questo periodo storico, di cose per cui scandalizzarci ce ne sarebbero eccome. E invece no, il problema rimane la troppo libertà e inclusione della cerimonia di apertura delle Olimpiadi 2024.
Foto: Pinterest/Youtube/Mediaset Infinity