Hunger Games: il mondo è spaccato in due

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Mentre sui red carpet le star camminano indossando abiti da milioni di dollari nel resto del mondo le città vengono bombardate. Vedere al TG le immagini del Met Gala e, subito dopo, quelle della guerra a Gaza è surreale. Sembra di vivere in Hunger Games.

Girano su Tik Tok video che mixano i red carpet degli eventi mondani agli orrori delle guerre in giro per il mondo. La situazione che stiamo vivendo viene paragonata a quella degli Hunger Games. La trilogia di libri di Suzanne Collins che ha ispirato i film di Gary Ross. In un mondo post apocalittico, nella nazione di Panem, ogni anno vengono scelti 2 ragazzi per ogni distretto da mandare agli Hunger Games. Un gioco televisivo in cui i concorrenti devono uccidersi a vicenda.

Cosa centra tutto questo con quello che stiamo vivendo?

La nazione di Panem è suddivisa in 12 distretti dove le persone riversano in situazione di povertà. Tutta la ricchezza è invece concentrata a Capitol City, dove gli abitanti vivono nel lusso. Da questo polo di potere il dittatore, Presidente Snow, governa tutti i distretti.

Vi ricorda qualcosa?

Secondo quanto dice il rapporto Oxfam, pubblicato su Forbes il 15.01.2024: l’1% della popolazione possiede il 43% della ricchezza globale. Dal 2020 i cinque uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato i loro patrimoni. Al contrario la ricchezza del 60% più povero è diminuita. L’1% più ricco possiede il 43% di tutte le attività finanziarie globali e quindi, di conseguenza, il potere.

È ufficiale: viviamo in Hunger Games

Un po’ come a Capitol City, nel mondo reale, il potere (per lo meno quello economico) è nelle mani di pochi. Tali pochi che decidono di investire questi soldi nell’aumentare la propria ricchezza piuttosto che nel livellare una situazione al limite del reale.

Da un lato del globo, quello dei fortunati, quelli che sono nati per volere di chissà chi nel posto giusto, si corre allo shopping sfrenato, dall’altro si cerca di sopravvivere ai bombardamenti. Mentre al Met Zendaya sfila in uno splendido abito firmato John Galliano, a Gaza Bombardano gli ospedali. A fare ancora più spavento è il silenzio riguardo quanto succede durante questi eventi mondani. Nessuno, o quasi, dice niente. Fuori dal Metropolitran Museum, il 6 maggio 2024, protestavano per la guerra a Gaza, dentro nessuno fiatava. A Cannes solo Cate Blanchett ha ricordato quanto sta succedendo indossando un abito Jean Paul Gaultier con i colori della Palestina. E la guerra in Ucraina? E tutti gli altri conflitti in giro per il mondo?

Si stima che ogni anno, nel mondo, ci siano circa 100 conflitti e noi ce ne siamo accorti solo ora che questi conflitti li abbiamo come vicini di casa. Eppure continuiamo a scegliere la strada più facile, quella del silenzio. Accettiamo di vivere in Hunger Games perché siamo abitanti di Capitol city. Siamo privilegiati. Senza esserne, forse, troppo consapevoli siamo alleati del Presidente Snow. Scegliamo il silenzio perchè è la strada più comoda, non quella più giusta. Ma ricordiamoci che un giorno le cose potrebbero invertirsi. Ricordiamoci che i privilegi non sono eterni e che domani gli abitanti dei 12 distretti, scelti per partecipare agli Hunger Games, potremmo essere noi e, probabilmente, tutto questo silenzio e tutta questa indifferenza non li vorremmo.