In un mondo che corre verso l’efficienza e la perfezione, questa filosofia, Wabi Sabi, ci ricorda che la vera bellezza sta nell’autenticità, nella fragilità e nella storia che ogni cosa porta con sé
l nostro mondo è così vario che dovremmo imparare ad amarlo esattamente com’è. Tra le culture che più hanno saputo celebrare questa visione, spicca quella giapponese: affascinante, profonda e capace di trovare la perfezione proprio nell’imperfezione. Il Giappone, con la sua estetica contemplativa e la sua filosofia silenziosa, continua a insegnarci come la bellezza possa risiedere nella semplicità e nel tempo che passa.
Wabi Sabi (侘寂) è un concetto intraducibile, formato da due parole che racchiudono un intero modo di vedere il mondo.
Originariamente, wabi (侘) indicava la solitudine di una vita vissuta in armonia con la natura, lontano dalla società. Mentre sabi (寂) evocava l’idea di qualcosa di freddo, povero” o appassito.


Nel corso dei secoli, soprattutto a partire dal XIV secolo, questi significati si sono trasformati, assumendo sfumature più luminose e positive. Oggi wabi esprime una bellezza semplice, rustica e silenziosa, che si manifesta negli oggetti, nei gesti e nei momenti quotidiani. Sabi invece è il fascino che nasce dal tempo che passa, dal naturale deteriorarsi delle cose, dalla loro fragilità.
Un vaso rotto può raccontarci una storia, una crepa può diventare segno di unicità. Una superficie irregolare, un tessuto consumato o una foglia che ingiallisce: tutto ciò che cambia porta con sé un valore emotivo, una memoria. Anche un pomeriggio di pioggia, spesso considerato malinconico, può trasformarsi in un momento di introspezione e pace.


Spesso definito come “la bellezza dell’imperfetto e dell’incompleto”, il wabi-sabi affonda le sue radici nella dottrina buddista dell’anitya, ovvero la transitorietà di tutte le cose.
Un oggetto o un gesto che riesce a evocare in noi una sensazione di serena malinconia o di intima spiritualità può dirsi wabi–sabi: un equilibrio tra nostalgia e consapevolezza, tra accettazione e stupore.
Riconoscere la bellezza nella transitorietà significa accettare che nulla resta immutato e proprio per questo ogni cosa è preziosa. È la consapevolezza che l’imperfezione non è un difetto, ma un segno di vita e di autenticità.
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