Da domani 12 settembre al 25 ottobre 2025, la Pace Gallery di New York ospita Along the Way, una retrospettiva imbastita con l’intento di celebra l’arte di Paolo Roversi, uno dei più grandi fotografi di moda contemporanei. L’esposizione, inaugurerà in concomitanza dell’inizio della New York Fashion Week, raccogliendo oltre trent’anni di lavori e riportando negli Stati Uniti l’universo sospeso e poetico che lo ha reso una delle personalità più riconoscibili della fotografia contemporanea.
Ma prendiamoci un momento per ricordare chi è Paolo Roversi
Nato a Ravenna il 25 settembre 1947, Paolo Roversi scopre e si innamora della fotografia sin da adolescente, quando allestisce una camera oscura nella cantina di casa e inizia autonomamente a sviluppare i suoi primi scatti. Dopo le prime esperienze da fotoreporter – con l’agenzia Associated Press per il quale documenta perfino i funerali di Ezra Pound – nel 1973 si trasferisce a Parigi. È qui che inizia a frequentare il mondo della moda, dapprima come assistente e poi come professionista indipendente.
La sua consacrazione arriva negli anni ’80 con le campagne per maison di moda come Dior e diverse collaborazioni con riviste internazionali, ma soprattutto per via dell’uso pionieristico della Polaroid 20×25, che diventa la sua firma stilistica. Grazie a questo strumento, Roversi sviluppa un linguaggio visivo unico. Immagini dai contorni sfumati, sospese tra realtà e sogno, in cui la moda fa narrazione poetica. Ha fotografato le top model più celebri – da Kate Moss a Natalia Vodianova – e attrici come Tilda Swinton e Isabella Rossellini, trasformando ogni ritratto in un’apparizione quasi onirica.
Il suo stile, intimo e malinconico, è caratterizzato da un uso pittorico della luce: morbida, sfocata, mai didascalica. Non fotografa per descrivere, ma per rivelare diverse sfaccettature intime dell’anima dei suoi soggetti. «La fotografia non è una riproduzione, bensì una rivelazione» ripete spesso, confermando una visione che restituisce alla fotografia la forza di un linguaggio poetico, capace di andare oltre il dato reale.
La retrospettiva Along the Way



La mostra newyorkese vuole ripercorre il cammino creativo di Roversi dagli anni ’90 a oggi, presentando ritratti iconici, Polaroid di grande formato e immagini che hanno preso vita nel suo studio parigino. Non si tratta solo di una sequenza cronologica, ma di un viaggio attraverso atmosfere, corpi e abiti che sembrano parlare una lingua segreta.
La Pace Gallery, tra le più importanti gallerie internazionali, sceglie di celebrare il fotografo proprio durante la Fashion Week, sottolineando quanto la sua opera sia parte integrante della storia della moda e dell’arte contemporanea. Along the Way diventa così non solo una retrospettiva, ma un ponte tra diversi mondi: moda e arte, passato e presente, memoria e visione.
Perché è utile oggi?
Oggi, dentro la frenesia visiva che abitiamo ogni giorno dominata da immagini veloci, seriali e spesso superficiali, la lezione di Roversi è più attuale che mai. Le sue fotografie ci insegnano la bellezza della lentezza, l’attesa, l’imperfezione come valore. I lunghi tempi di esposizione che utilizza – a volte anche trenta secondi – diventano la metafora di uno sguardo che scava in profondità, che lascia “più tempo all’anima per affiorare”, come dice lui stesso.
Alle nuove generazioni, che vivono di istantaneità digitale, Roversi ricorda che la fotografia può essere un atto di intimità e ascolto. Che non tutto deve essere nitido, perfetto, immediatamente leggibile: il mistero, l’ombra, il fuori-fuoco sono anch’essi parte della verità. «Con la luce non si ragiona, ci si fa l’amore», confessa. Una visione emotiva che restituisce alla fotografia la sua funzione più antica, ovvero, quella di toccare l’anima.
E forse è proprio questo che rende Paolo Roversi imprescindibile. La sua capacità di ricordarci che dietro ogni fotografia non c’è solo un volto, ma un incontro: un istante che non appartiene più al tempo, ma a chi lo sa custodire. Guardare le sue immagini significa scoprire che la vera luce non illumina ciò che vediamo, ma ciò che resta dentro di noi.
Foto: Pinterest