Un sofisticato e femminile caos è il fil rouge delle sue enigmatiche elaborazioni di tessuto. Scopriamo la designer – e artista – Lou de Bètoly.
Lou de Bètoly è l’anagramma del suo nome, Odèly Teboul. Lo pseudonimo fa riferimento all’espressione francese “deux bêtes au lit”, ovvero “due bestie a letto”. Uno scambio di lettere che riflette lo spirito emblematico della designer francese da un lato, e un’evocativa metafora del dualismo che la contraddistingue dall’altro, mostrando il vero significato del suo marchio: un gioco surrealista senza alcuna regola.
Chi è Lou?
Il primo contatto tra Bètoly e la moda avviene quando la (allora futura) stilista ha solo cinque anni, tramite sua madre, che le dà un po’ di lana avanzata con l’intento di farla lavorare, o chissà, forse solo giocare, all’uncinetto. Lei ancora lo ricorda. Ricorda con orgoglio il risultato di quell’esperienza, ma anche che il colore di quella lana non la convinceva per niente. Oggi, quello spirito già al tempo audace si combina ad una minuziosa maestria artigianale e a un’accurata ricerca di materiali, segni distintivi del suo brand.


Le sue principali fonti di ispirazione sono il surrealismo, la nostalgia, la decadenza, e la stravaganza. Il tutto viene esplicitato in collezioni che più che fatte di abiti, sembrano composte da mini opere d’arte contemporanea. I diversi materiali impiegati, la maggior parte dei quali sono di recupero, entrano in dialogo in un infinito gioco di contrasti che risulta allo stesso tempo armonioso e d’impatto. In uno stesso look possono coesistere vetro e seta, pizzo e spazzatura. Per Lou, ogni materiale ha una storia che vale la pena raccontare. E quasi tutti provengono dalle sue giornate passate al mercatino delle pulci.
Nella sua ultima collezione presentata alla Berlino Fashion Week per l’Autunno 2025, ad esempio, merletti antichi e vecchie coperte si uniscono a lingerie di seconda mano e schegge di catarifrangenti.


“Ci sono già abbastanza vestiti al mondo”
Così la designer giustifica la sua decisione di sfilare una sola volta l’anno, invece che due. Il suo approccio slow fashion restituisce valore al fatto a mano, ad una creatività che si riprende i suoi tempi, togliendo il piede dall’acceleratore in contrapposizione ad un sistema che urla all’iper-produzione. Bètoly subisce il fascino della nostalgia, e lo trasforma in contemporaneità. Se è vero ciò si evince dai suoi design, è anche vero che fa parte della sua quotidianità: Lou colleziona oggetti e vestiti, e li archivia fotocopiandoli. Rende digitale il reale, appiattendolo. La parola d’ordine, quindi, nel lavoro e nel personale è: contrasto.

Lou de Bètoly è una vera artista, i manichini sono la sua tela. Di recente ha confezionato un abito per il Cowboy Carter Tour di Beyoncè: body e stivali composti da vecchi telefoni, cavi, resistori e diodi d’argento. Femminile, sostenibile, avanguardistica: parte del futuro della moda è sicuramente nelle sue mani.
Foto: Instagram, @loudebetoly