Al quinto giorno di Parigi Fashion Week, a vincere sulla passerella è il concettuale e il punk. Con qualche accenno al minimal che sembra sia arrivato il momento di salutare, accogliamo forse una nuova era di massimalismo eclettico?
Siamo quasi alla fine di uno degli appuntamenti della moda più atteso dell’anno, ossia la Paris Fashion Week. Nota per la presenza di collezioni e marchi notoriamente più chic ed eleganti e giganteschi nomi del fashion world, oggi si fa notare per il suo lato più concettuale.
Junya Watanabe apre la giornata di passerelle, mandando in scena una collezione decisamente bold e geometrica.


Stilista giapponese, è stato il braccio destro di Rei Kawakubo, designer di Comme del Garçons, marchio per cui ancora Junya lavora. Simpatica la coincidenza sul calendario che vede sfilare entrambi lo stesso giorno. Ma forse sono solo io che sono estremamente romantica e penso che tutto accada per un motivo, ma chissà magari lo è anche il presidente della Federation de la haute couture et de la mode. (Dubito fortemente).
Junya porta una collezione che prende decisamente ispirazione dal mondo punk rock. I capi sono creativi e principalmente neri e in pelle. Figure strane, grande passione dello stilista, si vanno a creare con i diversi abiti. La pelle viene letteralmente manipolata e trasformata in capispalla che si fanno riconoscere per la loro geometria e dimensioni. I materiali poi cambiano, così come i colori, ma le grandezze e le esagerazioni con i capi rimangono.



Protagonisti della collezione sono decisamente i capispalla, esagerati oltre l’immaginazione.
Anche il più classico dei capi, il trench, viene reinterpretato trasformandosi in un qualcosa che potremmo trovare in qualche film di Matrix. Insomma, se Neo avesse indossato un trench beige al posto di un cappotto di pelle, avesse attraversato un glitch e noi avessimo bloccato il dvd proprio in quel frame otterremmo un risultato simile. Non so se ho reso l’idea, ma a me questo arriva. Alcuni dei capi però risultano eleganti e “semplici” nel loro essere comunque bold e decisi, ma forse dopo tutto quel surreale ci sembrano più facili da digerire.


Rimanendo nell’ambito del punk, troviamo in calendario Noir Kei Ninomiya, che adotta sempre un design concettuale che spesso mostra collezioni futuristiche e all’avanguardia. Presenti anche con Noir volumi impossibili e impensabili. Lo stilista giapponese per questa collezione ha mandato in campo una rosa di capi decisamente colorati e complicati, come piace a tutti ultimamente.
Colori e materiali vari davvero elaborati, assieme alle forme esasperate, sono le caratteristiche principali di questa sfilata. Il concettuale arriva forte e chiaro (si fa per dire).


Fiori, fiori, fiori e fiori. Non importa come vengono fatti, ma ci sono. Decisamente in tutte le forme e colori. Anche quest’anno Noir propone una collezione eclettica e amabilmente piena di dettagli. Il nero non lascia neanche questa passerella e riesce a guadagnarsi i posti migliori con alcuni dei capi, a mio avviso, più belli.



La passerella si apre con abiti che compaiono letteralmente accesi in una stanza completamente spenta, mostrando quindi la loro “capacità” di illuminarsi al buio. Dei fari nella strada del chic eclettico, del punk colorato e concettuale. Sui materiali vorrei dirvi di più, ma dire che sono infiniti e complicatissimi è decisamente riduttivo.


Elie Saab ci riporta poi con i piedi per terra, in queste strade chic ed eleganti quali sono, dopotutto, le rues di Parigi.
Elegante, donna, decisa e minimal il giusto. La donna Elie ce la mostra fierceful, che pretende di osare con capi illuminati e trasparenze. Irrinunciabile il pelo che viene elaborato in tantissimi modi per accontentare anche i gusti più difficili e le occasioni più particolari, senza dimenticarsi delle più semplici, che meritano comunque un tocco poliedrico. I colori in palette sono decisamente i più visti di queste stagioni: nero, verde e bordeaux. (Sabato, ma a cosa ci hai condannati? Ci libereremo mai di questo colore?).


I capi, alla fine dei conti, se uno volesse armarsi di coraggio, potrebbe affermare che sono abbastanza “semplici”. Questo perchè le silhouette non rientrano in quello che possiamo definire concettuale o complicato da intendere. Allo stesso tempo, però, i capi non sono per nulla facili. Sono tantissimi i dettagli e le sovrapposizioni, come abiti in quello che sembra un sequin acceso ed elementi in maglia, che rendono i look decisamente interessanti. Impegnati, ma non impegnativi.



La donna che arriva quindi è elegante, romantica dopotutto, che anche quando indossa un look minimal non rinuncia al tocco bold che svolta tutto quanto.


Vabbè, ma si sa Elie Saab sta nei dettagli…ah, non era così? Sarà…
Che dire? Questa giornata di sfilata è un susseguirsi di elaborate geometrie e figure femminili bold, che si tengono le proprie peculiarità strette con le unghie e con i denti. La sfilata di Comme Des Garçon è un esempio direi decisamente azzeccato per rappresentare tutto questo. Sapere che il minimal dopotutto sta lasciando il passo a un rinnovato massimalismo e alla personalizzazione, speriamo estrema, è una boccata d’aria in un mondo dove il semplice e il classico forse inizia a stare stretto. No al minimal, sì all’elaborato! Ave massimalismo, ti stavamo aspettando a braccia aperte e con look complicati.