Caro influencer, mi hai sfrantumato gli zebedei!

da | LIFESTYLE

Ma non puoi lasciarci un attimo per pensare? Viviamo in un mondo dove tutto ciò che tocchi, caro influencer, si trasforma in oro. Bravo, complimenti: sei il Re Mida de Noantri, applausi! Ma sai una cosa? Non tutto deve diventare virale in tre minuti netti.

Davvero, rilassati caro influencer. Facciamo tutti un bel respiro, perché questa ansia da acquisto compulsivo ci sta sfuggendo di mano.

Prova a metterti per un attimo nei miei panni, mio caro influencer. Ecco la scena: escono le nuove collezioni. Sono lì, tranquilla, a scrollare le novità del momento. Adocchio una giacca da Zara – carina, elegante, perfetta per quella cena che ho in programma. Penso: “Ci rifletto un attimo. Magari la provo in negozio prima.” Ma il domani non arriva mai.

Perché nel frattempo tu – sì, proprio tu! – hai postato il fatidico video intitolato: “Il capo MUST-HAVE della stagione!”. E il resto? Lo sappiamo tutti: sparito. Sold out online, nei negozi, ovunque.

Io resto lì, con il carrello vuoto e un pugno di mosche, a chiedermi: “Ma perché non posso avere nemmeno il tempo di decidere?”. Che ansia!

Il “Wirkin Effect”

E la situazione non migliora se alziamo il budget, perché si sa, se costa poco l’appetibilità si alza. Per far capire meglio questa bulimia d’acquisto compulsiva odierna, analizziamo per un secondo il caso di sold-out più clamoroso degli ultimi giorni. La Wirkin, ovvero, la “Birkin dei poveri” che il colosso americano Walmart, ha lanciato qualche tempo fa. Una borsa semplice, ma con quell’aria sfacciata da “hai le pezze al culo però dai, comprami così almeno diventi figa anche tu”. Appena i social l’hanno scoperta, è sparita in un battito di ciglia. Neanche l’ombra di un manico è rimasta! E così, un prodotto che poteva essere la gioia di chi non si può permettere i bruciare 15.000 euro da Hermès, è diventato l’ennesimo trofeo introvabile, quasi più della birkin vera – ASSURDO!

Sembra quasi che l’intero sistema ci voglia trasformare in cacciatori di tesori inesistenti. E sai cosa c’è di peggio? Non è più una questione di “se posso permettermelo”. Che tu voglia un pezzo da 19,99 euro da Zara o una giacca couture da 10.000 euro, è lo stesso: se diventa virale, sparisce.

Influencer e la bulimia del consumismo virale

Il problema non è il singolo prodotto, è l’intero sistema che ci risucchia in una spirale di ansia da acquisto. Fare shopping con calma è diventato un miraggio. Ti piace qualcosa? Devi agire subito, altrimenti lo troverai esaurito ovunque. Non c’è più spazio per riflettere, per ponderare se quel capo ci rappresenta davvero, se lo indosseremo più di una volta o se è solo l’ennesimo sfizio del momento.

E non fraintendiamoci: la colpa non è tutta degli influencer. Anche i brand hanno le loro responsabilità, creando una scarsità studiata ad arte per alimentare il desiderio. È un trucco vecchio come il marketing, ma con i social è diventato un’arma letale. Basta rendere un prodotto immediatamente virale, limitare le quantità disponibili, e il gioco è fatto: sold out garantito.

E qui viene il bello: tutti sono bravi a parlare di sostenibilità, a fare grandi discorsi sull’importanza di acquistare meno e meglio. Ma quando la corsa al prodotto del momento diventa l’unico modo per stare al passo, dove finisce tutta questa sostenibilità? Persa, probabilmente, tra un Adv e l’altro forse? Fate pace con il cervello.

Il consumismo senza confini: chi ci guadagna davvero?

Questo meccanismo non si ferma al fast fashion o ai prodotti di largo consumo. Si estende ovunque: accessori, scarpe, oggetti di design, persino prodotti di nicchia. È come se il sistema avesse scoperto la formula perfetta per monetizzare la FOMO, quella paura paralizzante di rimanere fuori dal giro.

Il paradosso è che chi ci guadagna davvero non siamo noi consumatori, ma i brand e le piattaforme social (e probabilmente lo psicologo). Ogni acquisto compulsivo alimenta un circolo vizioso che rende più ricchi loro e più ansiosi noi. E gli influencer? Beh, sono gli ingranaggi ben oliati di questa macchina. Consapevoli o meno, cavalcano l’onda, trasformando tutto ciò che toccano in un miraggio, grande come un’oasi nel deserto.

Time out tecnico: una chiamata alla calma

Non sarebbe il caso di rallentare? Di riprendere il controllo? Il problema non è comprare, ma come e perché compriamo. Non possiamo lasciare che ogni scelta venga dettata da una corsa contro il tempo. È ora di riappropriarci del nostro diritto di decidere con calma. Gente stop, diciamo stop a questa “influenza” massiva. Forse è arrivata l’ora di un vaccino per “specorizzare” il gregge.

E forse, caro influencer, è il momento di cambiare approccio. Invece di creare isteria, potresti promuovere un consumo più consapevole? Mostrare un prodotto perché lo ami davvero, non solo perché è il trend del momento? Perché sai qual è il punto? Il tuo potere è enorme, ma da un grande potere deriva anche una grande responsabilità, per citare qualcuno, così a caso…

Un futuro senza ansia da acquisto

Immagina un mondo dove non dobbiamo correre come pazzi per comprare un vestito, una borsa o un paio di scarpe. Dove possiamo prenderci il tempo per scegliere, senza la pressione di un “esaurito” che incombe. È un’utopia? Forse. Ma non sarebbe meglio per tutti?

Allora, caro influencer, noi ti chiediamo solo una cosa: rallenta. Perché, alla fine, siamo stanchi, esauriti – io sicuramente- da questa angoscia di dover star dietro a tutti questi trend del momento. Non vogliamo smettere di comprare, vogliamo solo farlo con un po’ più di serenità. Aiutaci a vivere in un mondo meno frenetico, meno costruito sull’ansia e più sulla gioia di scegliere, senza farci sentire inadeguati per la nostra lentezza o la nostra indecisione, grazie.

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