Zlibrary la rubrica bisettimanale dedicata ai libri consigliati dalla redazione di Adl. Oggi vi presentiamo: Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello.
Mi sono sempre chiesta: chi siamo veramente? È una domanda che mi tormenta ogni volta che mi guardo allo specchio, cercando di capire se la versione di me che vedo riflessa è la stessa che vedono gli altri.
Mi è capitato di farmi questa domanda, anche più volte al giorno. In occasioni come, a cena con le amiche, a una festa, o semplicemente mentre scrollavo i profili social tra un cappuccino e un tramonto postato da qualcuno.
E poi, un giorno, mi sono imbattuta in un romanzo che questa domanda la poneva molto prima che i selfie e le storie di Instagram esistessero: “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello.
Pirandello sembra avere capito un secolo fa quello che noi stiamo ancora cercando di capire oggi: nessuno è mai una cosa sola. E così ci troviamo davanti a Vitangelo Moscarda, anche detto Gengè, che, lo ammetto, ha un nome che suona quasi come un personaggio che potresti incontrare in un vecchio caffè impolverato, perso nei suoi pensieri.
Tutto procede normalmente nella sua vita finché, un giorno, sua moglie gli fa notare che il suo naso pende leggermente a destra. E da lì, parte tutto.
Una piccola osservazione, un dettaglio insignificante che apre un varco di riflessioni infinite. Quante volte ci siamo trovati a dubitare di noi stessi per qualcosa di così piccolo?
Ed è qui che Pirandello ci sorprende. Da quel naso “difettoso”, Vitangelo entra in una crisi esistenziale che noi, con i nostri filtri di Instagram e i selfie calibrati al millimetro, possiamo decisamente capire.
Comincia a chiedersi: se gli altri vedono di me cose che io non vedo, chi sono veramente?
Uno, nessuno e… centomila
A quel punto, la riflessione si fa più profonda. Vitangelo realizza che esistono tante versioni di lui quante sono le persone che lo conoscono. Sua moglie lo percepisce in un modo, i suoi amici in un altro, e persino gli sconosciuti hanno una versione di lui che non combacia con quella che lui ha di sé stesso.
È quasi come quando ti rendi conto che la tua foto del profilo non somiglia più a te – e non sto parlando solo di estetica.
Noi, oggi, viviamo esattamente quello che Pirandello ha messo nero su bianco quasi cento anni fa. La nostra identità è frammentata, e non possiamo farci nulla.
Tra le versioni di noi stessi che postiamo online, quelle che viviamo con i nostri amici e quelle che restano intrappolate nei nostri pensieri più intimi, chi siamo davvero?
Siamo l’immagine che costruiamo con cura sui social, o quella che viene fuori quando siamo da soli nelle nostre stanze, rimirandoci nello specchio?
Ecco la dolorosa verità che Pirandello ci lancia addosso, come una scarpa con il tacco troppo alto dopo una serata troppo lunga: non esiste un’unica versione di noi stessi. E forse, va bene così. Siamo uno, ma anche centomila, frammentati nelle percezioni degli altri e in quelle che abbiamo di noi.
Ogni parte di noi è reale, eppure nessuna lo è completamente.
Fuga dalle aspettative
Per Vitangelo, questa presa di coscienza non è affatto semplice. Anzi, decide di fare un salto estremo. Vuole annullarsi, distruggere tutte le identità che gli altri gli hanno attribuito.
È quasi come se Vitangelo cercasse di fuggire dalle aspettative, ribellandosi a quelle immagini di sé che non gli appartengono, che non ha mai sentito sue.
Chi non ha mai sognato, anche solo per un attimo, di fare la stessa cosa? Sparire dai radar, spegnere le notifiche, e liberarsi da ciò che gli altri si aspettano da noi?
In un’epoca in cui siamo costantemente esposti agli sguardi altrui, l’idea di “essere nessuno” suona quasi liberatoria. Ma è davvero possibile? Vitangelo ci prova, con tutte le sue forze, ma il risultato è molto più complicato di quello che si aspetta.
E noi?
Arrivati a questo punto, viene da chiedersi: cosa ci insegna Pirandello? Se Vitangelo ha cercato disperatamente di capire chi fosse, e alla fine si è perso tra le mille versioni di sé, noi oggi siamo più fortunati?
La verità è che non esiste una risposta facile. Viviamo in una realtà in cui, siamo chiamati a essere qualcuno per ogni persona che incontriamo. Ma forse, come ci insegna Pirandello, non abbiamo bisogno di definire proprio tutto. Siamo uno, nessuno, e centomila, e va bene così.
Pirandello non ci offre soluzioni rassicuranti. Anzi, ci lascia con l’idea che il caos dell’identità sia parte della vita. E forse la vera sfida è fare pace con questo caos. Accettare che le insicurezze fanno parte di noi, che le aspettative degli altri ci definiscono solo fino a un certo punto, e che non dobbiamo per forza essere “perfetti” per nessuno.
Un brindisi all’incertezza
Se vi siete mai sentiti persi tra mille versioni di voi stessi, Uno, nessuno e centomila potrebbe essere il libro che fa per voi. Non vi fornirà delle risposte chiare, ma vi offrirà una profonda riflessione.
Forse vi aiuterà sentirvi meno incompresi, meno soli, durante il vostro personale processo evolutivo di conoscenza dell’io. E, alla fine, forse scoprirete che non abbiamo bisogno di essere uno. Essere centomila potrebbe essere proprio il nostro superpotere.