L’ enciclopedia Treccani definisce la parola buonsenso come “la capacità naturale, istintiva, di giudicare rettamente, soprattutto in vista delle necessità pratiche”.
Viviamo nel ventunesimo secolo, dove, la velocità e l’immediatezza di restare aggiornati sui fatti è al primo posto.
Ogni giorno siamo sepolti da una valanga di notizie, di qualsiasi genere. Alcune di queste, diciamocelo, sono quelle notizie che, una volta lette pensi: ne avevo davvero bisogno? Forse no.
Notizie sportive, di attualità, finanza, gossip, flash news, cronaca, anche di quella non proprio felice. Non serve nemmeno più, necessariamente andare dall’edicolante di fiducia, è tutto, sempre, facilmente fruibile grazie ai social.
Bene, allora perché sembra esserci così tanta disinformazione?
Mi spiego, mi capita, come a tutti credo, di restare shoccata e anche spaventata, dalle notizie di rapimenti, sequestri, stupri che si sentono, ogni santissimo giorno. Vi è mai capitato di leggere una notizia e pensare: “Ma figurati se mi succederà mai”? Eppure, queste storie dimostrano che il pericolo è reale e più vicino di quanto pensiamo.
Ed è qui che mi domando: che fine ha fatto il buonsenso? Quella capacità innata di percepire i pericoli, di evitare situazioni potenzialmente dannose?
Sembra quasi che il mondo moderno ci abbia tolto la capacità di giudicare con lucidità e prudenza. Un tempo, la regola non scritta di “non accettare le caramelle dagli sconosciuti” era parte del bagaglio culturale di ogni individuo.
Oggi, invece, vediamo un crescente numero di giovani che accettano inviti da perfetti estranei, spesso conosciuti solo attraverso lo schermo di un telefono.
Vi siete mai fermati a riflettere, qualche volta, che forse, il buonsenso potrebbe essere il gemello dell’istinto di auto protezione? Sapete, parlo di quella voce interiore che ci dice di stare attenti, di non abbassare mai la guardia.
La tecnologia, per quanto ci abbia avvicinati, ci ha anche illusi, illusi di una sicurezza che in realtà non esiste. Ci fidiamo troppo facilmente a volti sconosciuti, forse per istinto, o forse solo perché li vediamo sorridenti dietro una foto profilo.
Ma da quella foto, come possiamo sapere quale personalità si cela dietro essa, cosa sappiamo realmente di quella persona? A volte, sembra che la società abbia dimenticato le basi del buonsenso, preferendo il rischio al giudizio prudente.
Inoltre, non possiamo ignorare l’impatto che le serie televisive e i film hanno avuto sulla nostra percezione della realtà. Questi media hanno contribuito a “romanzare” la vita, tingendo la nostra quotidianità di colori pastello, lanciandoci petali rosa, dritti negli occhi, che ci fanno percepire la realtà come più sicura e meno pericolosa di quanto in realtà sia.
Le storie che vediamo sullo schermo spesso minimizzano i rischi o li trasformano in avventure eccitanti, distorcendo la nostra capacità di riconoscere i pericoli reali.
Invece di sviluppare un sano istinto di auto protezione, ci troviamo a vivere in una sorta di “bolla”, dove la realtà sembra lontana, quasi irreale.
Ma la vita quotidiana non è così tanto rosea come ci viene mostrato; dietro la patina scintillante dei media, il mondo rimane pieno di insidie che richiedono un’attenta valutazione e un solido buonsenso per essere navigate.
E poi c’è il discorso sui tempi passati. Si dice spesso che le cose sono cambiate, che i ragazzi di oggi sono diversi rispetto a quelli delle generazioni precedenti.
Ma sono davvero cambiati così tanto? o forse è cambiato il mondo intorno a loro?
Certo, oggi l’informazione è più ampia, più accessibile, e la capacità di denunciare crimini e ingiustizie è molto più forte e diffusa di un tempo. Non viviamo più in un’epoca in cui il silenzio era d’oro e le vittime rimanevano in ombra per paura di ritorsioni o giudizi. Oggi, la voce di chi subisce, trova un’eco amplificato dai social media e dai movimenti di giustizia sociale.
Forse non sono tanto le generazioni ad essere cambiate, quanto la capacità e la forza di parlare, di raccontare e di denunciare ciò che un tempo veniva nascosto dietro il velo della paura e del silenzio.
Questo, se da un lato è un segnale positivo, dall’altro ci ricorda anche quanto sia essenziale coltivare quel buonsenso che ci permette di discernere il giusto dallo sbagliato, il sicuro dal pericoloso.
A distanza di anni, ci tengo a raccontare un triste aneddoto che mi è capitato, forse, per condividerlo o semplicemente, per esorcizzare ulteriormente la paura che ancora vive in me.
Avevo 17 anni e mi trovavo a Milano, in una zona centrale, aspettando un amico alla fermata dell’autobus. Un signore, di un’età simile a quella di mio nonno, mi si avvicinò con la scusa di chiedermi dove portasse quella linea di autobus. Non sapendo rispondere con precisione, gli suggerii di controllare gli orari e la direzione sul cartellone.
Dopo qualche minuto, se ne andò. Pensai che fosse finita lì, ma poco dopo tornò, questa volta chiedendomi dove fosse un hotel nelle vicinanze. Siamo in centro a Milano, gli dissi, gli hotel sono ovunque.
Sembrava un’altra richiesta innocente, ma quando tornò ancora, iniziò a raccontarmi che stava aspettando qualcuno che gli aveva dato buca, e poi mi chiese se volessi accompagnarlo in hotel per fargli compagnia. Rimasi scioccata, ero solo una ragazza di 17 anni, e oggettivamente ne dimostravo anche di meno.
Ero vestita in modo semplice, con un paio di pantaloni e una t-shirt, niente di appariscente o provocante. Non ero la classica adolescente che cercava di sembrare più grande; al contrario, sono sempre sembrata più piccola della mia età.
Quell’episodio mi scioccò profondamente. Avevo sempre avuto un rapporto quasi paterno con mio nonno, e vivere quell’esperienza, come una sorta di attacco, da parte di un uomo dell’età di mio nonno fu devastante.
Mi fece perdere fiducia nelle persone, ma anche negli uomini di quell’età. Fu una sconfitta amara: mi sentii vulnerabile, e da quel momento non mi sono mai più fidata ciecamente di un uomo.
È brutto quando una dose di sfiducia si inietta nella tua visione del mondo. Non mi sentii più bene con me stessa e cominciai a guardarmi sempre alle spalle. Il mio istinto di auto conservazione, il mio buonsenso mi salvarono in quel momento, Iniziai a correre forte, entrai in un negozio e chiamai il mio amico in lacrime, disperata.
Quel giorno, il mio amico mi salvò. Quando finalmente arrivò al punto di ritrovo, mi abbracciò così forte mentre io tremavo e piangevo. Mi stette vicino emotivamente e si offrì anche di riaccompagnarmi in treno fino a casa. Gli sarò sempre grata per quel gesto, perché senza di lui non so come avrei gestito quel momento. Fu lui a reinnestare in me una piccola dose di fiducia nel mondo.
Putroppo, dobbiamo ricordarci, che viviamo in una società pericolosa, dove il pericolo può nascondersi dietro a ogni angolo o dietro a ogni volto, eppure sembra che il nostro istinto di auto conservazione si sia attenuato. Non basta più dire “stai attento”, bisogna tornare a insegnare cosa significa davvero essere prudenti.
È necessario riscoprire quelle regole non scritte che ci hanno permesso di vivere relativamente al sicuro per generazioni.
Per quanto la società moderna ci spinga verso l’apertura e la fiducia, non dobbiamo dimenticare che il buon senso è la nostra prima linea di difesa.
In un mondo che cambia rapidamente, è più importante che mai coltivare e preservare la capacità di giudicare rettamente, che ci può proteggere da rischi inutili e situazioni pericolose. Solo così possiamo sperare di navigare questo secolo con maggiore sicurezza e consapevolezza.
“Sapete cosa è il buio, intendo quello vero? È un posto in cui non vedi chi hai vicino“
Ho smesso di tacere – Loredana Bertè