Givenchy, il brand del tubino nero di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany è stato diretto dal genio maledetto, l’enfant terrible: Alexander McQueen.
Non si sa come la moda mischierà le carte in tavola. La scrivania francese di Givenchy è ancora orfana di direzione creativa. Torneremo mai agli anni d’oro? A quando Givenchy era la casa di Alexander McQueen? Chi può dirlo!
Storia di una direzione creativa ai limiti del reale
Correva l’anno 1996, Alexander McQueen si era appena laureato alla Central Saint Martines di Londra. Da Givenchy disegnava John Galliano, ma da lì a poco tutto sarebbe cambiato. McQueen già lavorava, aveva la sua linea e si prestava, prima, come apprendista da Savile Row, poi, a Milano, da Romeo Gigli. “Alexander McQueen me lo sono trovato davanti una mattina in Corso Como. Lo presi sotto la mia ala protettrice. Un giorno gli feci fare una giacca da uomo. Gliela feci rifare 4, 5 volte. All’ultima prova, staccai la fodera e dentro al capo, trovai che aveva scritto con un grosso pennarello nero Fuck you Romeo” racconta lo stilista italiano.
Il mondo della moda aveva ben altri progetti per il genio maledetto. John Galliano venne mandato a disegnare per Christian Dior e McQueen ebbe la sua occasione. Due inglesi, per la prima volta, erano stati chiamati alla direzione di due delle maison d’alta moda parigine più prestigiose della storia. McQueen da Givenchy e Galliano da Dior. In Inghilterra fu festa grande, tutti erano fieri dei loro geni esportati in terra francese che, di certo, non passarono inosservati.
Vi sembrerà un connubio strano, ma McQueen fu in grado di imprimere la sua firma sulla maison del conte senza snaturarla troppo. “Non sono intimidito dagli esponenti dell’alta moda parigina. Non ho affatto paura di loro. Voglio riportare quella sofisticata disinvoltura che è unica per Givenchy, questo è quello che voglio fare. Rimanendo fedele a me stesso, senza dubbio” racconta un giovane e spavaldo McQueen di soli 27 anni alla guida di un mostro sacro della moda francese.
Solo tre mesi di tempo per progettare la prima collezione. “Couture clash” scrive Vogue commentando il primo Givenchy disegnato da McQueen. Un vero e proprio cortocircuito moda che contrappone passato e presenze. L’eleganza di Hubert vede nuova vita nelle mani di McQueen, nulla sarà più come prima. Seno nudi, armature e piumaggi dorati costellano la passerella della nuova eleganza punk, firma di un rinnovato Givenchy. È il mondo greco ad ispirare McQueen. Un nuovo senso di eleganza fatto di citazioni e tanta voglia di trasgredire. Trasgressione che viene meno nell’uscita finale del designer che, forse per rispetto, si spoglia di orpellò punk vestendo un elegante completo gessato per salutare diviso nell’opinione.
Qualcuno commenta il lavoro con una semplice, ma eloquente, parola: “schifo”. A raccontare una storia diversa è Catherine Delondre, la premiere dell’atelier che spiega: “Quando abbiamo visto le cose uscire dall’atelier, abbiamo pensato, questa è davvero couture”. Alle pungenti critiche il designer risponde: “Ho 27 anni, non 57”. Era il momento di aprire le porte al grunge, lasciare da parte dell’egemonia francese e dare spazio all’impero della moda inglese.
Anni di collezioni sorprendenti che lasciano a bocca aperta la critica. Poi arrivano gli anni 2000, McQueen si dedica esclusivamente al suo brand e l’epoca d’oro di Givenchy va scemando per poi tornare, in nuova forma, anni dopo, nelle mani di Riccardo Tisci.
Oggi il marchio è ancora orfano di direzione creativa…chi sarà il prossimo a sedersi alla scrivania di Avenue George V?
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