Fotografia bugiarda: la storia del fotoritocco

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Immersi in un mondo virtuale pieno di foto finte e ritoccate. Quanto è alta una persona? 1280 x 850 pixel

Con l’avvento della tecnologia digitale, il fotoritocco si è trasformato in una pratica alla portata di chiunque possieda un computer e un software adeguato. Questo fenomeno, se da un lato apre un mondo di infinite possibilità creative, dall’altro solleva una serie di rischi, che minano la natura stessa della fotografia come testimonianza autentica.

Alterazioni storiche: Abraham Lincoln e National Geographic

Un esempio emblematico di fotoritocco è rappresentato dalla celebre immagine di Abraham Lincoln del 1860. Nell’era pre-digitale, un esperto fotografo prese la testa del Presidente americano e la sistemò sul corpo del politico John Calhoun. L’episodio dimostra come anche in epoca pre-analogica la manipolazione delle immagini fosse una pratica presente, sebbene meno diffusa e accessibile rispetto ad oggi.

 fotoritocco Abraham Lincoln

Ora uno sguardo al National Geographic magazine “that takes you on a surprising and unfailingly fascinating journey.” La rivista modificò una fotografia per avvicinare piramidi e cammelli, e ottenere così un’inquadratura perfetta per la copertina. Benché le piramidi fossero effettivamente presenti nella scena originale, la loro posizione fu alterata per adattarsi meglio al formato rettangolare della rivista. Questo tipo di intervento, pur non alterando radicalmente la realtà, trasforma la fotografia in una tecnica di costruzione di discorsi visivi.

 fotoritocco National Geographic

La percezione della credibilità

Il fotoritocco ha trasformato la fotografia in una tecnica parziale, influenzando profondamente la sua natura di testimonianza visiva. Se da un lato la creatività e la composizione artistica beneficiano delle possibilità offerte dal digitale, dall’altro la fiducia nelle immagini fotografiche è diventata più fragile.

In assenza di autenticità, la credibilità delle immagini si sposta dall’oggetto fotografato al soggetto fotografato, ovvero chi pubblica lo scatto. Entra così in gioco la dinamica della fiducia. Trasferiamo il bisogno di avere la conferma o la smentita riversandola sull’emittente.

Questo trasferimento di responsabilità influisce sulla percezione della credibilità di giornali e riviste, mettendo a rischio la loro reputazione.

La credibilità di una fotografia, e di conseguenza del giornale o della rivista che la pubblica, dipende ora in larga misura dalla trasparenza e dall’integrità dell’emittente. In un’epoca in cui le manipolazioni sono sempre più difficili da individuare, il pubblico deve affidarsi alla reputazione delle fonti per discernere la verità dalla finzione.

GenZ: la vittima del fotoritocco

Ora, un’accesa polemica: il caso Steve McCurry e la celebre foto degli anni ’80.

Il soggetto dello scatto è un gruppo di bambini, e si presume che il fotografo abbia eliminato due ragazzi e modificato la luce per ottenere una composizione perfetta. L’intervento, pare abbia migliorato l’aspetto cromatico e plastico dell’immagine.

Se la decisione di McCurry sia lecita o meno dipende esclusivamente dall’obiettivo della fotografia. Qual è la priorità? testimoniare fedelmente la realtà nonostante le imperfezioni o comporre un’immagine esteticamente impeccabile a costo di alterare la verità?

La GenZ è vittima del fotoritocco. Ossessionata dall’estetica cerca di eliminare qualsiasi imperfezione. La paura di non piacere incoraggia a creare versioni idealizzate di sé stessi, spesso lontane dalla realtà. Proprio come nel caso di McCurry: è più importante presentare una versione autentica di sé stessi, con tutte le imperfezioni che ci rendono unici, oppure è legittimo utilizzare il fotoritocco per raggiungere un ideale estetico imposto dalla società?

Nel contesto dei social media, dove l’apparenza gioca un ruolo cruciale nella costruzione dell’identità e dell’autostima, è fondamentale riflettere sull’impatto che l’alterazione delle foto può avere. Il fotoritocco può diventare uno strumento potente per esprimere creatività, ma rischia anche di distorcere la percezione della realtà e di alimentare insicurezze profonde.

Foto: Atlas Obscura, medialawclass, giancarloparisi