Nel nuovo culto dell’immagine, la superficialità e l’apparenza sono spesso più valorizzate della sostanza e dell’esperienza autentica. Da “La Salvezza del bello ” di Beyung-Chul Han l’ispirazione per un dibattito sull’immagine.
L’estetica come elemento cruciale della bellezza digitale
Che senso ha condividere? In una società in cui le persone sono immerse in un ambiente sovrastimolato, carico di immagini e suoni, modelli da seguire, la bellezza ha perso uno dei suoi valori originari, la spontaneità.
Oggi l’estetica è uno degli elementi cruciali dell’era digitale, poiché svolge un ruolo centrale nel soddisfare i nostri impulsi psicologici, tra cui la volontà di inclusione nel gruppo sociale. Citando l’autore sudcoreano, proprio a causa dello spirito di emulazione e la forte pressione collettiva a cui siamo sottoposti, ci sentiamo obbligati a condividere immagini “levigate”, prive di imperfezioni, di cui i mass media sono invasi.
Questo perché non è più ammesso il difetto, poiché la bruttezza è pensata come il contrario di bellezza. L’intimo bisogno di ognuno di essere parte di qualcosa porta a non essere più se stessi, per paura di non essere accettati per via delle “imperfezioni” fisiche, capacitive e caratteriali. La bellezza è l’insieme delle debolezze e delle virtù, la loro combinazione dona profondità emotiva e autenticità. Possiamo immaginare una scultura fatta a mano, ogni segno, bolla o difetto contribuisce alla bellezza unica dell’oggetto, dimostrando che la perfezione non è sempre necessaria né desiderabile.
The Row per la stagione Autunno/Inverno 2024 ha vietato agli spettatori di fare foto, video, storie Instagram… insomma di documentare tutto ciò che è accaduto durante lo show, generando uno scandalo mediatico. In opposizione, Diesel, ha invece deciso di rendere pubblico persino il backstage del suo evento, rendendo partecipe anche chi non era fisicamente presente allo show. Due scenari ben differenti che hanno generato opposte reazioni da parte del collettivo.
L’arte diventa intrattenimento
Si va sempre cercando il pubblico riconoscimento, non ci basta più la personale consapevolezza di aver assistito ad un evento, aver vissuto un’esperienza. Ad oggi ci sentiamo costretti a doverlo documentare per renderlo reale, tangibile. L’arte perciò è diventata intrattenimento, che indebolendosi con il “mi piace” si adatta passivamente allo spettatore.
Circondati da un contesto in cui il valore di un’esperienza sembra essere misurato dal numero di like e condivisioni che riceve, l’arte (ormai commercializzata) tende sempre più a omologarsi a uno standard di apprezzamento superficiale e immediato. È perciò importante promuovere una maggiore consapevolezza critica nell’approccio all’artistico, rompendo gli schemi convenzionali e sfidando il pubblico con opere che invitino alla riflessione e all’esperienza autentica del bello.
Foto: Vogue, Fondazione Antoniana Rogazionista, Inchiostro Nero.