Patria indiscussa dell’eleganza la capitale francese apre le porte della moda uomo. Tutti aspettano lo show di Louis Vuitton firmato, ancora una volta da Pharrell, mentre nella kermesse si affacciano nuovi nomi.
Parigi è sempre stato il place to be della moda. Il sogno di ogni designer, stylst o giornalista che sia. Lo si vede bene nell’ultra citato film Il diavolo veste Prada quando Andrea soffia ad Emily il posto, al fianco di Miranda, nel viaggio alla settimana dell’alta moda parigina. In un mondo fatto di grandi nomi riproposti in tutte le sfaccettature rincuora vedere come la Fédération de la Haute Couture e de la mode abbia concesso all’Institut Française de la mode di inaugurare la moda uomo.
Siamo sempre richiusi tra i soliti 4 nomi che non fanno altro, nella grande maggioranza, che riproporre pezzi d’archivio con qualche piccola ed insignificante variazione. Ai nuovi progetti non viene mai dato spazio. Una creatività libera dai freni commerciali da il via alla moda uomo di Parigi. Sulla passerella dell’Institut Française de la mode si scorgono creazioni irrazionali. Figlie di una moda d’avanguardia, lontana dai bisogni dell’abbigliamento e vicina ad uno spiccato senso artistico. È una montagna russa, un sali scendi di creatività questa prima giornata di moda maschile che vede Parigi divisa tra l’eleganza classica e l’avanguradia.
Debutti, novità e perplessità
Continua il capitolo novità il giovane brand Kidill che sconvolge il pubblico parigino con una collezione dall’anima punk. L’uomo di Kidill attinge dall’immaginario della subcultura londinese e si fonde con il mondo infantile. È quasi inquietante l’immagine dei modelli che sembrano tanto i mostri nascosti sotto il letto dei bambini. Che dire? Nel bene o nel male ha lasciato qualcosa. E se qualcuno spaventa, qualcun altro lascia perplessi. Fa, infatti, storcere il naso il tanto atteso debutto di Vallette Studio. Una sfilata che sembra quasi non completata, povera, come fosse ancora in via di sviluppo.
A riportare ordine in sala è l’eleganza morigerata di Auralee che ci indirizza sulla retta via del buon gusto, se così possiamo chiamarla. Senza infamia e senza lode il brand propone una nuova versione di Richard Gere in American Gigolò. Un’uomo raffinato, elegante e sexy che si destreggia in un guardaroba pulito colorato dai più classici toni neutri. Sulla stessa linea, bene o male, continua l’attesissimo show di Louis Vuitton. Un apoteosi di nero e silhouette classiche mescolate al mondo streetwear. Niente di terrificante, ma di certo non fa sobbalzare dalle sedie! D’altronde Pharrell è un cantante non un direttore creativo.
Dopo i primi due show con i fuochi d’artificio, di cui hanno parlato tutti, le sue sfilate hanno preso un’insensata piega elegante ed estremamente noiosa. Pare che i look siano solo d’accompagnamento alle borse toccate dal “designer” (se così vogliamo chiamarlo), in minima parte. D’altronde è la pelletteria a costituire lo strabiliante fatturato del brand, non certo gli abiti pensati da Pharrell, o chi per lui.
E il migliore della giornata?
I latini dicevano che la virtù sta nel mezzo. E allora nota di merito per Burc Akyol che, giocando con tagli e tessuti, ha creato una collezione co-ed degna di nota. Elegante raffinata e contemporanea. La collezione propone un uomo genderless, sexy e moderno. Trasparenze, fasciature e richiami al mondo femminile disegnano l’immaginario di una nuova mascolinità 2.0. Senza ricorrere a particolari impalcature, tanto belle quanto importabili, il designer ha portato in passerella una ventata di intelligente novità.
Foto: Fashion network