Moda «Second-hand», l’estro italiano c’è

da | NEW DESIGNERS

Il Made in Italy dice la sua anche in fatto di moda sostenibile

In un momento storico così delicato e difficile come quello che stiamo vivendo, fatto di precarietà e incertezze, la speranza e la voglia di rinascita fungono da fari nella notte buia chiamata futuro. Ogni pandemia ha cambiato inevitabilmente il corso della storia, portando con sé morte e crolli di sistemi economici, ma dando anche vita a rivoluzioni e radicali cambiamenti nella vita sociale, oltre che a sviluppi di carattere culturale e alla nascita di nuove grandi idee.

Gli italiani, da sempre maestri di creatività e ingegno, in questo caos generato dall’era pandemica hanno trovato un terreno fertile per la realizzazione di progetti originali concepiti con una nuova consapevolezza: rendere omaggio alla vita e soprattutto alla casa che ci ospita tutti, il Pianeta Terra.

Le realtà figlie di questo momento storico sono semplicemente geniali, il connubio perfetto tra virtù creativa e logica sostenibile. Non poteva che nascere in Toscana, per la precisione a Prato, il brand «Rifò», un progetto di economia circolare che consiste nel recuperare vecchi indumenti o scarti industriali e realizzare nuovi capi e accessori di alta qualità. Un ambizioso progetto di moda sostenibile che ha lo scopo di restituire qualcosa alla società ed è diretto a tutti coloro che hanno a cuore la salute del pianeta.

L’unione di tradizione, produzione artigianale e mondo del web è risultata la carta vincente in grado di assicurare al marchio una distribuzione globale e un’ottima vetrina sul mercato internazionale.

A Torino due giovani donne designer di moda hanno fondato l’Atelier Riforma, una rete creativa composta da sarte, disegnatrici e sartorie sociali che trasforma abiti usati e al contempo si occupa di promuovere una cultura circolare improntata sul recupero di materiali che sarebbero altresì diventati rifiuti tessili e volta alla riscoperta e valorizzazione dell’arte sartoriale. Per quanto concerne la tecnologia nasce a Bologna Vintag, un market place tutto italiano in cui rivenditori e acquirenti chattano direttamente tra di loro e organizzano la vendita. Per gli amanti del vintage ricercato e autentico, East Market, il mercatino vintage nato a Milano nell’ex fabbrica aereonautica, è finalmente approdato in rete.

La moda sostenibile detta legge anche offline: moltissimi sono i vintage store, per lo più di moda di lusso, che hanno incrementato le vendite e visto ampliare il proprio target di acquirenti mentre tanti altri sono i piccoli negozi o marchi nati da poco, ma con una storia personale, una logica affidabile e soprattutto con una forte attitudine all’autenticità. Il restauro tessile e la rivendita di abbigliamento usato sembrano essere diventati il nuovo presente, oltre che un’apprezzata alternativa al mercato del fast fashion. Il climate change è reale e per la moda, filiera responsabile della seconda più grande fonte di inquinamento del pianeta dopo l’industria petrolifera, la svolta ecosostenibile è diventata un imperativo.

Dall’iniziativa di Greenpeace «Panni sporchi» nata nel 2011 ad oggi molte cose sono cambiate e anche le catene di fast fashion stanno facendo del loro meglio per ridurre l’impatto ambientale su cui incidono le diverse fasi che costituiscono la filiera. Zara, H&M, Mango, Nike sono solo alcuni dei brand che hanno intrapreso un percorso aziendale volto a preservare l’ambiente, con l’obiettivo di arrivare ad eliminare completamente le sostanze non biodegradabili dalla produzione.

La sostenibilità si appresta a diventare la chiave del successo nella moda del futuro. La moda italiana, in particolare, propone un ritorno all’autenticità e pone l’accento sull’importanza di costruirsi uno stile personale, riconoscibile e senza tempo, che esuli dalle regole dettate dalle grandi catene di moda. Rispettare l’ambiente ma con stile, dimostrando che si può essere di classe e green allo stesso tempo.

Corso di Fashion Events di Accademia Del Lusso
Francesca Isopi

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