Dal regno incantato del capitalismo post-mortem – Michael Jackson, scomparso nel 2009 in circostanze che ancora oggi ispirano più teorie di un convegno di cospirazionisti, non solo non è mai davvero andato via, ma anzi… guadagna come se fosse in pieno Thriller tour. Anzi, di più.
Secondo Forbes, che di conti in tasca ai vivi e ai morti ha fatto una missione, il Re del Pop ha incassato nel 2024 la modica cifra di 600 milioni di dollari. Per intenderci: più di qualsiasi altra celebrità ancora in vita, e molto più di quei poveri comuni mortali ancora costretti a lavorare otto ore al giorno per un mutuo a tasso variabile.

Le fonti del bottino? Un musical a Broadway (dove pare che i biglietti si vendano come gli unicorni a Londra), tournée in giro per il mondo che fanno impallidire anche i Rolling Stones, e ovviamente il dio denaro dello streaming: su Spotify, MJ ha superato i 12,9 miliardi di stream, trasformando ogni “hee-hee!” in moneta sonante.
Ma la parte più gustosa – e qui l’applauso va al fiuto imprenditoriale da vero nobiluomo dell’industria – arriva dai diritti musicali. Jackson nel lontano 1985 acquistò per 47,5 milioni di dollari il catalogo ATV, contenente, udite udite, 251 brani dei Beatles. Un colpo di genio che nemmeno Machiavelli in versione pop: oggi quell’affare è considerato uno dei più redditizi della storia musicale. Altro che azioni in borsa, qui parliamo di spartiti d’oro.

Facciamo un po’ di conti
E così, mentre Freddie Mercury (250 milioni), Dr. Seuss (75 milioni), Elvis Presley (50 milioni) e Prince (35 milioni) lo inseguono nella classifica dei defunti più pagati, Michael li guarda dall’alto – e forse, con una moonwalk celestiale – ricordandoci che essere una leggenda paga. Letteralmente.
A quindici anni dalla morte, continua a dettare legge. È una macchina economica perfetta: infallibile, impalpabile, immortale. Non respira, ma incassa. Non vive, ma regna. Non è forse questo il sogno supremo del capitalismo moderno?
Del resto, in un mondo dove la realtà è meno credibile di un videoclip anni Ottanta, nulla di tutto ciò dovrebbe stupirci.

Dalle stelle…alle stalle?
E mentre Michael Jackson fa i conti in paradiso (e li fa dannatamente bene), qui sulla terra le celebrità musicali contemporanee arrancano, con la dignità offesa di chi si è appena visto superare da un uomo che, tecnicamente, non ha più un battito ma ha ancora un portafoglio.
Prendiamo Taylor Swift, che ha conquistato stadi, cuori, e persino le urne elettorali americane con i suoi versi da diario segreto deluxe. Nel 2023 ha guadagnato circa 260 milioni di dollari – cifra astronomica, certo, ma pur sempre meno della metà del nostro Jacko incoronato post mortem.

Poi c’è 50 Cent, che, tra concerti e acqua minerale trasformata in oro (VitaminWater docet), si ferma a una cinquantina di milioni l’anno nei periodi buoni. Nomen omen, verrebbe da dire: sempre 50, mai 600. E mentre lui posta selfie con champagne e proiettili, Michael incassa in silenzio. Eleganza ultraterrena.
E ancora: Beyoncé, la regina vivente, può vantare tour globali, imperi tessili e un fandom che potrebbe prendere il controllo di piccoli stati sovrani. Ma nel 2023 si è “accontentata” di circa 100 milioni di dollari. Una miseria se confrontata al malloppo dell’eterna pop star in giacca di paillettes.


Insomma, in un’epoca in cui le star viventi devono sudare glitter per guadagnarsi ogni dollaro, Michael Jackson – immobile e silenzioso – resta in vetta. Un sovrano incoronato dal mercato, senza bisogno di TikTok o scandali matrimoniali. Una presenza evanescente che, come ogni vero aristocratico del passato, sa che il potere non sta nel gridare… ma nell’incassare.

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