Il cambiamento climatico può creare paura e disagio in noi e si chiama eco-ansia. Come trasformare e gestire questo disagio per creare soluzioni
Partiamo dall’inizio…
La eco-ansia, chiamata anche ansia da clima, non è un diagnosi medica ma una risposta di disagio emotivo di fronte a disastri naturali o al cambiamento climatico. Definita nel 2017 come una paura cronica al cambiamento climatico e ai disastri naturali, è un problema che compete a tutti, ma soprattuttto ai giovani. Secondo uno studio condotto da Unicef Italia, il 70,3% dei giovani tra 14 e 19 anni è preoccupato per i cambiamenti climatici. Vedono già crollare il mondo che verrà.
Caratterizzata da una sensazione di preoccupazione costante, insicurezza o tristezza, la psicologa e wealth coach Nashma Brou spiega che “la eco-ansia non è in sé una patologia bensì una risposta reale emozionale ad una minaccia esistenziale”. Come non sentire ansia di fronte a incendi, uragani, specie di animali che si estinguono a causa della perdita del loro habitat, tifoni e inondazioni. Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui le nostre azioni sono chiave ma non l’unico fattore.

Come possiamo gestire l’eco-ansia?
Diversi psicologi come Nashma Brou, consigliano di pensare a ciò che effettivamente possiamo fare. Pratiche pro-ambientali come riciclare, la scelta di organizazzioni o aziende da supportare, che conversazioni abbiamo e concentrare la nostra energia o attenzione in ciò che dipende da noi. Anche se ogni psicologo ha avuto un approccio diverso, quello in cui tutti sono d’accordo è che la chiave è seguire un percorso terapeutico con un professionista.
Non si tratta solo di separare i rifiuti ma anche le scelte di moda che facciamo cambiano il nostro destino. Dal 2000 al 2015 la produzione di abbigliamento è raddoppiata. Con il successo di marchi come Zara e H&M con l’e-commerce, l’industria ha visto una svolta. Ora l’adesione di marchi come Shein e Temu non fanno altro che alimentare l’eco-ansia. La moda produce il 10% dell’inquinamento da carbone e il 20% della polluzione dell’acqua a livello globale.

Possiamo trasformare la paura in soluzioni
In uno studio dell’Università Cattolica di Roma condotto da Matteo Innocenti, è emerso che in alcuni soggetti l’eco-ansia ha aiutato l’inizio di pratiche pro-ambientali. La paura non è rimasta dentro di noi ma è servita a indurre un cambiamento che anche se sembra piccolo non lo è. Se parliamo di attivismo ambientale, troviamo un esempio in Greta Thunberg, sicuramente polemico. Greta attraversò l’oceano Atlantico in barca e creo i #FridaysforFuture di fronte al parlamento della Svezia. All’inizio era da sola ma riesce a convocare e coinvolgere milioni di persone in tutto il mondo. “Siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza tempo” ha dichiarato nel suo discorso alla COP24 (Conferenza delle Parti) del 2018. Finisce con la frase “Il vero potere appartiene al popolo”.
Abbiamo tutti una voce che merita di essere ascoltata. Per chi vive il presente e per chi vivrà nello stesso pianeta in un futuro, ogni secondo conta. In queste situazioni non dobbiamo pensare di essere da soli. Ogni piccolo gesto che abbiamo verso l’ambiente vale ed è necessario. Impegnarsi con iniziative ecologiche, favorire la consapevolezza, parlare e sopratutto rivolgersi ad un professionista.

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