Money dysmorphia: l’iperconnessione distorce la percezione dei soldi

da | LIFESTYLE

Sei davvero perennemente al verde, oppure soffri di money dysmorphia?

Ristoranti stellati, hotel di lusso, autoregali e viaggi in mete remote. Aprire i social, per certi versi, è diventato un percorso ad ostacoli composto da foto e video che decantano stili di vita sfarzosamente benestanti, e che ci fanno chiedere: siamo noi gli unici a non avere soldi? Se almeno una volta anche solo inconsciamente vi siete posti la domanda, allora la money dysmorphia ha catturato anche voi.

La dismorfia da denaro

Preoccuparsi per le proprie finanze, credere di non mettere da parte abbastanza denaro, di spendere troppo o troppo poco: chi non lo hai mai fatto? Tuttavia, quando diventa un’ossessione tale da avere ripercussioni sulla vita di tutti i giorni, potrebbe voler dire che la percezione che abbiamo delle nostre finanze è falsata. Il fenomeno, diffuso soprattutto tra i più giovani, prende il nome di money dysmorphia, ovvero dismorfia monetaria.

La dismorfia monetaria descrive una percezione distorta, ed una sensazione di insicurezza generalizzata, rispetto alla propria situazione finanziaria, anche quando sembrano non esserci fondati motivi di preoccupazione. La discrepanza tra la realtà finanziaria di una persona e la sua percezione porta a paure, ansie e comportamenti irrazionali legati al proprio denaro. Se l’accumulo e le spese eccessive sono conseguenze e sintomi del fenomeno, il costante confronto sociale ne è la forza motrice.

In altre parole, confrontarsi con l’altro, “fargli i conti in tasca”, instilla in noi il dubbio di non avere il giusto controllo delle nostre finanze. Sentire di un amico che racconta dei suoi incredibili viaggi resi possibili da mesi di risparmi, ci fa sentire incapaci di economizzare. O al contrario, vedere qualcuno andare a cena fuori sistematicamente, ci fa credere di non essere in grado di riuscire a godere a pieno delle nostre risorse. Insomma, non si è mai contenti.

Quando la vita digitale influisce (negativamente) sulla vita reale

Se l’inadeguatezza continua a vigere sovrana in ogni campo, un motivo ci deve essere. Rischiando di cadere nel clichè che al giorno d’oggi individua le cause di qualsiasi problematica giovanile in un solo, unico colpevole, c’è da dirlo: il problema è davvero il telefono.

Esposti sui social a standard di agiatezza inarrivabili, i giovani nutrono insoddisfazione e sfiducia per le loro condizioni economiche. Uno studio di Credit Karma ha rivelato che il 43% della Gen Z afferma di soffrire di una percezione errata delle proprie finanze, mentre circa il 50% si dice consapevole di sentirsi indietro finanziariamente.

Ricchezza, abbondanza e lusso vengono mostrati online costantemente, in una corsa continua all’esibizione dei propri averi e alla ricerca di approvazione. Modelli irraggiungibili che sono lì, sul nostro cellulare, sotto il nostro dito che scorre, distanti solo una storia Instagram dalla nostra. Content creator, influencer e volti noti sono la vetta della piramide, ma a volte basta anche solo fermarsi alla base, senza dover salire di troppo nella scala della notorietà. Basta un lontano conoscente, sul quale magari sappiamo molto poco, ma di cui siamo convinti di sapere tutto grazie alla sovraesposizione mediatica. Si riduce tutto al confronto con l’altro: si potrebbe dire che la dismorfia monetaria sia quindi una forma di FOMO.

Alla vista delle distopiche vite mostrate sui social, mosse da cifre da capogiro, la GenZ non fa che intrattenere con esse un confronto insostenibile, che porta alla fatidica domanda del “potrò mai permettermi tutto questo?”, e poi, ad un pessimismo verso il futuro.

Chiunque concluderebbe dicendo che in fin dei conti i soldi non fanno la felicità, e che prima se ne prende atto, prima ci si sente meglio. In verità, visti i tempi, forse sarebbe più coerente dire: i social non fanno la felicità. Anzi, forse ce ne rendono difficile il raggiungimento.

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