Che valore assume la satira per la gen z? Morirà o subirà trasformazioni?
Una domanda: vi immaginate la gen z, tra venti/trent’anni, impegnata a fare satira? No perché, io no, per niente proprio.
Un Michele Serra del futuro che ironizza sulla fine dei tempi ormai vicini? Non sarebbe un’atteggiamento da gen z. Purtroppo.
Sensibili alle diversità, focalizzati sull’autenticità e sull’inclusività, porta bandiera del politically correct, con un forte senso di intraprendenza e professionalità, la generazione z, conoscendola, difficilmente porterà avanti la satira.
L’umorismo della generazione z
Gli Zoomers, con tutte queste caratteristiche perbenistiche ( O almeno, all’apparenza pare così), sembrano rifiutare la satira. Perché? Capita spesso, erroneamente, che i ragazzi la interpretino come uno strumento legato principalmente a stereotipi offensivi e ad una pseudo-violenza psicologica gratuita nei confronti di chi potrebbe anche non meritarsela, quando invece dietro c’è molto, ma molto di più.
Torniamo un attimo indietro, cos’è la satira?
La parola satira deriva dal latino “satur” ossia “pieno”, ma in particolare si rifa all’espressione “lanx satura”, ossia un piatto colmo di primizie da portare in offerta agli dei.
L’origine della satira come stile letterario risale al II secolo a.C., quando Lucilio scrisse trenta libri di satire, con un intento dichiaratamente polemico.
Molti giovani d’oggi ignorano che si tratta, oltre che di un genere letterario, di una comunicazione con una particolare attenzione critica ai vari aspetti della società, il cui scopo è mostrare le contraddizioni, al fine di stimolare il cambiamento. L’obiettivo, quindi, è raccontare un’avvenimento – oggi si parla molto di politica – in chiave comica, per suscitare nel pubblico una riflessione.
Ma forse gli Zoomers fanno satira in altri modi?
Questa gen ha anche un lato menefreghista che tenta di nascondere, o che forse non si rende ancora conto di avere. L’inclusività è solo una facciata?
Spesso si tende ad associare il nichilismo all’umorismo dei giovani.
La gen z, assuefatta da ciò che la circonda, anche a causa del bombardamento continuo di informazioni e notizie che subisce quotidianamente, assume automaticamente un atteggiamento di disperazione e negazione verso il mondo e i suoi valori, derivato dalla convinzione che ormai sia troppo tardi per rimediare. Questo comportamento si traduce in sfiducia verso le istituzioni e verso le leggi che regolano il nostro tempo e la nostra società. In passato, il nichilista era colui che negava le verità assolute del mondo e credeva che tutto fosse basato sul libero arbitrio, per dirla semplice.
Questa è una concezione molto individualista, che rappresenta a pieno la gen z, la quale, stanca di doversi battere per ciò che la circonda, agnostica e indifferente all’altro, pensa soltanto al proprio orto e a far andare tutto liscio per se stessa.
Per tornare all’umorismo, la gen z, magari senza darci troppo peso, scherza e tratta con leggerezza tematiche tragiche ed importanti, soprattutto sui social. Su TikTok sono circolati milioni di meme su un’imminente terza guerra mondiale, per non parlare di tutti quelli riguardo alla pandemia. Si tratta di un meccanismo di autodifesa che adottano i giovani per proteggersi da ciò che gli ruota attorno, non criticateli; ormai non siamo più in grado di reagire agli eventi senza quella dose di ironia che risiede nei meme. Tutto è assorbito dalla pop-culture, che rende ogni cosa più frivola di quel che è in realtà. Non è colpa nostra, ma della società e di come siamo stati cresciuti.
Quindi i meme sono la nuova satira per la gen z?
In un certo senso si, ma con un concetto di base differente. I meme – per chi non lo sapesse, sono contenuti digitali umoristici, composti da fotografie e sottotitolati con espressioni di ilarità – non sono, per noi, solo strumenti di svago, come molti adulti pensano e fanno fatica a comprendere, ma anche meccanismi che ci permettono di affrontare lo stress e le ansie del presente con un pizzico di leggerezza. Secondo alcune statistiche la nostra è la generazione più depressa di tutte: pandemia, guerre, grossi cambiamenti climatici, grandi problemi politici, la caduta delle Torri Gemelle nel 2001, è proprio per questo che tendiamo ad ironizzare. E forse senza rendersene conto mette in atto una specie di satira, che la aiuta a trovare la via di fuga.
Nel mondo digitale è facile fare ridere e ironizzare, basta mettere insieme qualche parola e qualche immagine, e il gioco è fatto. La differenza tra meme e satira è il saper utilizzare le parole per creare un discorso che vada a segno, che colpisca, che ci emozioni, come è in grado di fare appunto la satira che abbiamo conosciuto fino ad oggi. L’arte oratoria sta perdendo il suo potere, e se questo accadrà non ci sarà più modo di tornare indietro. Perdere la forza della parola, significa ripiombare nel buio dell’ignoranza, sprofondando verso un declino, senza risalita.



Perché la satira è importante e perché dovremo impegnarci per assicurarle un futuro?
La satira serve. In un certo senso, incarna la libertà di espressione, è un modo per dire le cose come stanno, senza mezzi termini. È un’informazione che genera consapevolezza, che fa pensare, che sprona a ragionare con la propria testa e a farsi un’opinione personale. Cosa che oggi accade ben poco nei ragazzi.
Ecco perché la gen z deve comprendere il valore della satira, senza demonizzarla a prescindere.
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