Non solo moda e business, anche arte!
Milano non è solo una città di moda e finanza, ma anche un luogo in cui l’arte diventa specchio delle tensioni culturali e delle contraddizioni del nostro tempo. Due mostre, due prospettive sulla rappresentazione dello spazio e della memoria, due linguaggi che sembrano opposti ma che condividono un’indagine sulla condizione umana.
Arduino Cantàfora e Silvia Negrini espongono insieme, sotto il tetto della galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea, dal 20 febbraio al 29 marzo 2025. Ma se l’uno si affida alla memoria, l’altra scivola nel vuoto.
Un confronto che non è solo stilistico, ma filosofico: cosa resta della nostra presenza nei luoghi che attraversiamo? Come possiamo rappresentare ciò che esiste e ciò che scompare? Due ricerche parallele che dialogano senza mai sovrapporsi, che si sfiorano come due linee destinate a restare indipendenti.

“Anamnesi” è l’arte di Arduino Cantàfora
Cantàfora, l’architetto che disegna con il cuore dell’artista, presenta “Anamnesi”. Un titolo che è una dichiarazione d’intenti: il ricordo come atto di guarigione, il disegno come strumento di riflessione. La sua pittura è fatta di ombre e luci, di scorci urbani che sembrano sospesi nel tempo, incastrati tra l’iperrealismo e la metafisica.
In un mondo che sembra correre verso l’oblio, l’esposizione “Anamnesi” di Arduino Cantàfora si erge come un faro di memoria e di speranza, un invito appassionato a riscoprire le radici della nostra esistenza. Mi viene in mente l’immagine di una città antica, con i suoi vicoli stretti e le piazze che raccontano di epoche passate, una città che si fa specchio dei nostri sogni e dei nostri incubi.
È in questo intreccio di tempo e di spazio che Cantàfora, allievo e collaboratore di Aldo Rossi, ha saputo trasformare il gesto del disegno in un atto di profonda reminiscenza: il ricordo non è più una mera eco del passato, ma diventa una cura, un balsamo che lenisce le ferite del presente.

Analisi
La scelta del titolo “Anamnesi” non è casuale: richiama la necessità di rievocare, di far rivivere ciò che è stato, per comprendere pienamente il nostro “qui ed ora”. Con una precisione analitica che richiama le tecniche caravaggesche, Cantàfora si cimenta in una narrazione visiva che travalica i confini dell’ordinario, facendo dell’architettura un palcoscenico dove luce e ombra danzano in una coreografia tanto precisa quanto imprevedibile. Le opere storiche, come “La città banale” e “Stanza di Città – Roma”, si ergono a monumenti della memoria, testimoni di una ricerca che, dal 1980 ai giorni nostri, ha saputo rinnovarsi senza tradire la propria essenza.

“Densamente Spopolato” l’arte di Silvia Negrini
Dall’altra parte della galleria, nella Magic Bus project room, Silvia Negrini fa il suo ingresso con “Densamente spopolato”. In un mondo in cui l’arte sembra aver ceduto al facile sentimentalismo e alla retorica dei sentimenti, la mostra di Silvia Negrini – “Densamente Spopolato” – si erge come un monito contro l’ovvietà, un grido silenzioso che scuote le coscienze e riscrive le regole del linguaggio visivo.
Lungi dall’essere una mera esposizione di forme e colori, l’opera di Negrini si presenta come una riflessione impietosa e rigorosa sulla realtà: una realtà priva di abbellimenti, ridotta all’essenza matematica e geometrica delle cose, dove ogni elemento esiste per il suo intrinseco valore, privo di qualsiasi indulgenza emotiva.
La galleria di Antonio Colombo, con la sua Magic Bus project room, diventa il palcoscenico di un dramma silenzioso. È qui che il rigorismo della pittura – definito da una “grammatica dominata dal rigore geometrico e prospettico” – trova la sua massima espressione.
Negrini non si accontenta di rappresentare il mondo: lo disseziona, lo analizza, lo ricompone in una molteplicità di poligoni e forme schematiche, trasformando paesaggi, interni e oggetti in testimonianze della sostanza imperturbabile della realtà. Non c’è in queste opere il tentativo di idealizzare o sentimentalizzare, ma solo la crudele efficienza di una rappresentazione che abbraccia la pura essenza delle cose, talvolta al limite dell’astrazione.


La scelta artistica
Questa scelta artistica, che a prima vista potrebbe apparire come una fredda disumanizzazione, rivela invece una profonda audacia: è l’atto di una mente che ha scelto di parlare il linguaggio della logica e della geometria, sacrificando l’emotività per raggiungere una verità più essenziale. In questo “densamente spopolato” spazio, privo della presenza umana, si manifesta un ordine quasi scientifico che si oppone alla caotica irrazionalità della vita moderna. È come se Negrini, con la sua economia di gesti minimi, volesse farci vedere che anche l’assenza, il vuoto, può raccontare una storia potente – quella di una natura imperturbabile, un’inesorabile realtà che non si piega a commedie o drammi superflui.
Una riflessione finale
Personalmente, non posso che rimanere colpita da questo atto di ribellione estetica: in un’epoca in cui l’arte sembra aver smarrito la capacità di essere critica e disincantata, Negrini ci propone una visione in cui il rigore formale diventa strumento di indagine esistenziale. La sua pittura, seppur minimale e concisa, è un’ode al pensiero chiaro e spietato, un invito a guardare oltre la superficie e a interrogarsi sulla natura inesorabile della realtà.
È un’opera che parla di solitudine non come di un vuoto da colmare, ma come di uno spazio carico di significato, in cui l’assenza di presenza umana diventa il simbolo di una verità che non ha bisogno di artifici per esprimersi. In questo contesto, l’affiancamento alla personale di Arduino Cantafora, “Anamnesi”, accentua ulteriormente il dialogo tra forme, tempi e narrazioni diverse, offrendo allo spettatore uno specchio in cui confrontarsi con l’arte contemporanea nella sua più autentica declinazione: quella di una continua ricerca della verità, priva di sentimentalismi e di compromessi.

Qui non si tratta di una doppia mostra, bensì di un dialogo muto tra due artisti che si confrontano sul senso dello spazio e della presenza. E tra questi due mondi si muove lo spettatore, sospeso tra la nostalgia e il silenzio, costretto a scegliere se affondare nello spessore della memoria o naufragare nella rarefazione dell’assenza. Un percorso espositivo che non offre risposte, ma semina interrogativi, lasciando a chi osserva il compito di riempire il vuoto con la propria esperienza.
Informazioni pratiche
Le mostre “Anamnesi” di Arduino Cantàfora e “Densamente Spopolato” di Silvia Negrini si tengono presso la galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea, in Via Solferino 44, Milano. Orari di apertura: martedì – venerdì 10:00-13:30 e 15:00-19:00; sabato 15:00-19:00.
Photocredits: Press Office Rota&Jorfida