IL CAOS COME ARTE, L’ARISTON COME COLOSSEO
Il 14 febbraio 2025, mentre i comuni mortali celebrano San Valentino tra cioccolatini al latte e rose rosse dall’odore di discount, l’Italia si ferma per celebrare il suo vero amore: Sanremo. L’Ariston, illuminato come una Las Vegas in miniatura, diventa il teatro del sublime e del ridicolo. La quarta serata, quella delle cover, non è una semplice serata: è un’orgia musicale, dove si mescolano nostalgia, eccessi di autotune e look che farebbero inorridire perfino Lady Gaga.
Sanremo è una religione, e come ogni religione ha la sua Settimana Santa. La quarta serata, quella delle cover, è il venerdì Santo del Festival: sacra, caotica, imprevedibile. È il momento in cui l’Ariston si trasforma in un’arena, dove i gladiatori della musica italiana sfidano i colossi del passato, unendo nostalgia, azzardo e spettacolo senza regole. E noi, fedeli spettatori del delirio collettivo, siamo pronti a essere scandalizzati, emozionati e divertiti.


Carlo Conti, maestro di cerimonie impeccabile e inossidabile, dirige questa orchestra di follia con il suo sorriso rassicurante, mentre Geppi Cucciari, sempre sul filo tra il sarcasmo e il politicamente scorretto, spara battute che strappano risate come Rocco Siffredi strappava mutande. Geppi è la regina del cinismo elegante, il filo conduttore che tiene insieme questa bizzarra carovana.
“Grazie, Graziella e grazie al Carlo” è il mantra della serata, mentre demolisce con grazia ogni tentativo di seriosità. Quando arriva il momento delle infografiche sulle votazioni, Geppi non perde l’occasione di ironizzare sull’autotune di alcuni artisti: “Con tutto questo autotune, siamo a un passo dal karaoke.”
Per non parlare dell’intermezzo con i fiori, durante il quale si rivolge a Carlo Conti: “Un uomo dice no, è no. Ma se lo dici tu, Carlo, lo capiamo tutti che stai scherzando.”
Mahmood, invece, brilla come un Re Mida pop, portando energia e glamour con ogni suo passo sul palco. E poi c’è lui, Roberto Benigni, che apre la serata con il suo stile unico: un mix di satira, poesia e nonsense, che fa sembrare tutto – anche l’attualità politica – un gioco tra il ridicolo e il geniale.
BENIGNI: TRA SATIRA E FIORI D’ARANCIO
La serata si apre con il ciclone Roberto Benigni, che trasforma il palco in un comizio teatrale. La politica? Servita su un piatto d’argento:
“Elon vota Giorgia, lei ci sarà per tanto tempo.”
Risate, applausi e qualche sguardo perplesso. Carlo Conti ride, ma con discrezione, consapevole che lo sketch di Benigni potrebbe essere più esplosivo di un petardo lasciato acceso sul tappeto rosso.
GIOIELLI CONTESI E FASHION WAR
Dietro le quinte, il dramma. Tony Effe, rapper con un look degno di uno spin-off di Scarface, si rifiuta di togliere una collana “troppo vistosa”. La risposta epica: “Se mi levano i gioielli, canti tu”. E lì capisci che Sanremo non è solo musica: è teatro dell’assurdo, e noi spettatori, pronti a divorarlo come un reality trash di prima categoria.
IL DELIRIO DELLE PERFORMANCE
E poi c’è la musica, o meglio, il caos. Mahmood regala un medley incandescente, accompagnato da ballerini scatenati e da un cambio di giacca con Carlo Conti. Quest’ultimo sfoggia un blazer lungo e occhiali che ricordano un costume alternativo di Iron Man. Mahmood, invece, con un pantalone rosso fuoco, dimostra che la moda non è solo un accessorio: è una dichiarazione di guerra.



Giorgia e Annalisa, con la loro “Skyfall”, ricordano a tutti cosa significa avere talento puro. Standing ovation, brividi, e l’impressione che Adele stia chiamando per chiedere i diritti d’autore. Poi ci sono Irama e Arisa, che reinterpretano “Say Something” in un’esibizione struggente. Lui, con una canotta che sembra uscita dal guardaroba di Bilbo Baggins; lei, con un look gotico che urla Morticia Addams, ma con una voce che rimette tutti a tacere.
E non poteva mancare Tony Effe con Noemi: “Tutto il resto è noia”. Lui in versione Scarface con una sciarpetta, lei elegante, ma con lo sguardo di chi sa che il dramma è dietro l’angolo.
GEPPINA, SALVACI TU
Per fortuna, c’è Geppi Cucciari. La sua ironia tagliente è come un antidoto contro gli eccessi della serata. “Grazie, Graziella e grazie al Carlo”, dice, strappando risate al pubblico. Ma il suo momento più brillante arriva quando prende in giro l’ossessione per l’autotune: “C’è più tecnologia nei microfoni di Sanremo che nel rover su Marte”.
IL GALA DELLE COVER

Elodie e Achille Lauro: un mix di Riccardo Cocciante e Loredana Bertè, tra provocazione e glamour. Giorgia e Annalisa? Come detto, un capolavoro. I Moda e Renga portano “Angelo” ancora sul palco, e mentre cantano ti chiedi se Kekko stia per andare a un aperitivo a Caracas o direttamente su Marte. Coma_Cose e Righeira riportano tutti a un ferragosto anni Ottanta, con un’esibizione che odora di crema solare e nostalgia. Clara e Il Volo hanno regalato un momento magico con una performance intensa e raffinata. Le loro voci, diverse ma perfettamente armonizzate, hanno incantato l’Ariston, strappando applausi a scena aperta e portando il pubblico in un viaggio musicale indimenticabile.

Elodie e Achille Lauro: Cocciante, Bertè e molto altro
Poi arriva il duo che nessuno aveva chiesto, ma di cui tutti avevamo bisogno: Elodie e Achille Lauro. Una performance che sembrava un mix tra Riccardo Cocciante e Loredana Bertè, con un pizzico di David Bowie per buona misura. Lei vestita come una diva degli anni ‘80, lui con un look che avrebbe fatto svenire Anna Wintour. Cantano, si guardano, si abbracciano. È arte? Qualcosa di kitsch? È Sanremo, punto.

Ranieri e i Neri per Caso: vintage, ma con stile
Massimo Ranieri, accompagnato dai Neri per Caso, ci riporta indietro nel tempo con un’esibizione che sa di nostalgia pura. Le armonizzazioni vocali impeccabili dei Neri per Caso si intrecciano con la voce inconfondibile di Ranieri. È un momento di classe in una serata dove la classe a volte sembra un optional.
Wyllie Peyote, Tiromancino e Ditonellapiaga: strano, ma funziona
In uno degli abbinamenti più improbabili della serata, Wyllie Peyote si unisce ai Tiromancino e Ditonellapiaga. Il risultato? Un mix sorprendentemente riuscito di ironia, malinconia e groove. Geppi commenta: “Sembravano una playlist di Spotify in shuffle, ma stranamente tutto ha avuto senso.”
Brunori Sas, Sinigallia e Dimartino: l’omaggio a Dalla
Il momento più emozionante della serata arriva con Brunori Sas, Riccardo Sinigallia e Dimartino, che regalano una versione struggente de “L’anno che verrà” di Lucio Dalla. È poesia pura, un omaggio che fa tremare il cuore. Per un attimo, l’Ariston si ferma, e tutti si ricordano perché amano questo festival.
Fedez e Marco Masini: il trash necessario
Poi arriva il caos, incarnato da Fedez e Marco Masini con “Bella Stronza”. Una performance che sembra più un’esplosione di rancore represso che una canzone. Fedez urla, Masini si lascia andare a una teatralità estrema, il pubblico si divide tra chi applaude e chi cerca di capire cosa stia succedendo. Geppi, impietosa: “È bello sapere che anche le crisi di mezz’età trovano il loro spazio a Sanremo.”



Bresh e Cristiano De André: il tocco finale
A chiudere la serata, un tocco di genio: Bresh e Cristiano De André. Una combinazione che sulla carta sembrava azzardata, ma che sul palco si rivela una delle sorprese più belle. La voce graffiante di Bresh si sposa con quella intramontabile di De André, creando un momento di pura poesia.
Il caos perfetto
E così, anche questa quarta serata finisce, lasciandoci con un misto di euforia, stordimento e, ovviamente, mille polemiche pronte a esplodere. Ma questo è Sanremo: il nostro specchio, il nostro delirio, la nostra dose annuale di sogni, trash e magia. E se non vi piace, pazienza: l’anno prossimo sarete di nuovo qui, pronti a criticare, applaudire e lasciarvi trascinare nel vortice. Perché in fondo, Sanremo è un po’ come la vita: imprevedibile, esagerato, meravigliosamente imperfetto.
E siamo alla fine, momento premiazione. Arriva la classifica:


Terzo posto: Fedez e Marco Masini, “Bella Stronza”
Quando il terzo posto va a una performance che sembra più una terapia di coppia fallita che un’esibizione musicale, forse è il caso di rivedere i criteri di votazione. Fedez e Masini portano in scena un’esplosione di testosterone pentito che funziona, sì, ma lascia il retrogusto di un karaoke di lusso. Non si può negare il fegato di arrivare terzi, ma è come premiare il colesterolo alto per lo sforzo.
Secondo posto: Lucio Corsi e Topo Gigio
Ecco il podio che non sapevamo di desiderare. Lucio Corsi e Topo Gigio, con una teatralità surreale e una canzone che mescola ironia e malinconia, sono riusciti a catturare il cuore del pubblico. Meritatissimo secondo posto: sono stati il connubio perfetto tra arte e follia, ricordandoci che Sanremo è anche un palco per l’imprevedibile.
Primo posto: Giorgia e Annalisa
La vittoria è tutta loro, e come potrebbe essere altrimenti? Giorgia e Annalisa, con la loro versione epica di Skyfall, hanno dominato il palco con eleganza e una potenza vocale che ha travolto chiunque fosse seduto in platea. Un trionfo meritato, senza se e senza ma.
Photocredits: Ansa, Sanremorai
By Millo & Frank