New York Fashion Week: il recap della settimana

da | FASHION

Uno stile inconfondibile: ripercorriamo insieme i momenti più importanti della New York Fashion Week dedicata alla stagione Autunno/Inverno 2025.

Si è conclusa ieri pomeriggio la New York Fashion Week, la prima delle quattro settimane della moda di cui si compone il famigerato e attesissimo fashion month. Tra grandi assenti, debutti, e attesi ritorni in passerella, la componente americana del mese della moda punta tutto su linee moderate, trame grezze e una palette che sembra non conoscere tonalità al di fuori di quelle neutrali. Vediamo i punti salienti della settimana.

Il trionfo del minimalismo

Ad aprire la settimana, Brandon Maxwell, che muove i primi passi nella direzione poi seguita da moltissimi altri brand, quella verso il minimalismo. Il designer dichiara infatti di aver abbandonato le vecchie abitudini: non vuole più essere quel vestito che, immobile nell’armadio, viene scelto solo per occasioni speciali. L’obiettivo per questa stagione è diventare quel “maglione che si sceglie alla mattina”, in maniera quasi automatica, sovrappensiero. Aiutato dal designer Ryan Roche, esperto di maglieria, Maxwell propone una collezione che ne sperimenta diverse forme e combinazioni. La combo vincente? Quella con la pelle.

Ed è proprio la pelle la protagonista delle sfilate di Altuzarra e Khaite. La prima, un grido all’individualità, che si fa portavoce di un minimalismo che sa osare, con bulloni, frange e patchwork in pelliccia. Il secondo, un velato tributo a David Lynch: giacche di pelle e calzature in snakeskin sfilano come chiari riferimenti agli outfit indossati dai protagonisti del film Wild at Heart.

Il debutto-ritorno di Calvin Klein

La sfilata più attesa, nonché la più chiacchierata, è stata quella di Calvin Klein. Sotto gli occhi attenti del designer stesso, seduto in prima fila accanto ad Anna Wintour, Veronica Leone ha presentato la sua prima collezione per il brand. La sfilata si presenta come un vero e proprio tuffo negli anni ’90, con il minimalismo essenziale ma d’impatto tipico di Klein, che si accompagna però a particolari accessori come la borsetta che prende le forme dell’iconico CK One, fragranza emblematica del brand, la prima apertamente unisex. Non sono mancati i riferimenti a collezioni passate, tra layering, giacche senza colletto, e tailleur di color bianco candido. La ciliegina sulla torta? Kate Moss e Christy Turlington, volti delle più iconiche campagne del brand, sedute in prima fila, con abiti custom made per l’occasione.

Floreale? Per l’autunno?

Tremila ranuncoli rossi piantati a terra su un giardino artificiale abbelliscono la scenografia della sfilata di Carolina Herrera, già impreziosita dalla vista mozzafiato su New York. Quei fiori in realtà, oltre ad essere un marchio di fabbrica per il brand, sono anche un tributo al film dal quale Wes Gordon, direttore creativo, ha preso ispirazione: la commedia Being There, con Peter Sellers nei panni di un giardiniere. Ecco che i fiori, diventando protagonisti, si presentano in mille forme diverse. Sottoforma di spille, di stampe floreali, sontuosi drappeggi o scintillanti ricami.

La provocazione di Luar

Raul Lopez, direttore di Luar, chiama la sua collezione Pato. La parola, ha un doppio significato. Se in spagnolo si traduce con “anatra”, in alcune parti dell’America Latina, è uno slur omofobo. Lopez annuncia a gran voce: voglio riabilitare questa parola, e non nascondermi più. Come viene reso questo in passerella? Massimalismo anni ’80, colletti imponenti, e spille che catturano l’attenzione con grandi piume, richiamando appunto quelle di un’anatra.

Non ne parla nessuno, ma teniamoli d’occhio!

Tra le tante case di moda a sfilare durante la New York Fashion Week, si fanno strada sempre di più tantissimi piccoli designer. Tra questi, Jane Wade e la sua collezione in stile corporate, con un tocco femminile accentuato (un po’ office siren); Ashlyn e le sue dicotomie, con silhouette morbide spezzate da capi strutturati; e 5000 di Taylor Thompson, che sfida i limiti del termine bootsy, che in slang vuol dire strano, o senza stile, presentando una collezione che di stile, ne ha da vendere, tra lunghe gonne e tailleur oversize.

La (non) classicità libera di Thom Browne

A chiudere la settimana in grande stile, è la sfilata di Thom Browne. L’idea di partenza nasce dal birdwatching, ma poi si trasforma in una proclamazione di libertà e un grido all’importanza dell’espressione del sé. Con un’attenzione particolare alla classicità, che Browne proclama essere presente nelle idee che hanno portato alla creazione della collezione, ma non nell’esecuzione, la sfilata si presenta come un tripudio di tweed diversi, colori sgargianti accostati all’iconico grigio, e volumi che creano silhouette inverosimili. Nessun’altra conclusione sarebbe potuta essere migliore del designer che, a fine sfilata, regala un mazzo di fiori bianchi al suo compagno, seduto in prima fila.

Foto: Vogue