Bering registra il-12% e Sabato De Sarno abbandona Gucci, dopo un soggiorno di soli due anni. La creatività si piega, ancora una volta ai bilanci in calo e il mondo della moda versa in uno stato di salute sempre più preoccupante.
Dopo un 2024 rocambolesco, quanto a giochi di poltrona tra direttori creativi, si pensava che il 2025 fosse un anno tranquillo per la moda. Il momento in cui vedere il frutto di questo valzer incontrollato, ma il tempo della quiete è finito ben presto. In queste settimane è, infatti, ricominciato il Risiko tra direttori creativi: Glen Martens è stato annunciato da Margela, Kim Jones ha lasciato Dior, così come Cadwallader Mugler, ed infine Sabato de Sarno ha abbandonato Gucci.
La notizia che più ha destato scalpore è stata, chiaramente, quella del divorzio tra Gucci e Sabato De Sarno. Lo stilista, ex braccio destro di Pierpaolo Piccioli da Valentino, ha diretto il marchio per soli due anni dopo il magistrale lavoro di Alessandro Michele che ha riportato in auge l’interesse per il brand facendo schizzare i fatturati quasi a 10miliardi. I presupposti di Kering erano estremamente positivi e pensavano che, con i disegni rassicuranti e ben fatti di De Sarno, il brand avrebbe potuto ambire a guadagni sempre più alti, ma non è stato così.

Il gruppo Kering nel 2024 ha registrato un calo del 12% nei ricavi, pari a quasi 17,2 miliardi di euro. A contribuire in questo scenario drammatico è la frenata di Gucci, marchio ammiraglio della holding, che chiude l’anno con un risultato operativo pari al -51%. Alla luce di questi dati paiono ovvie le motivazioni che hanno spinto il gruppo ad allontanare De Sarno. Non c’è espressione stilistica che tenga di fronte ad un bilancio in rosso: la borsa non ha tempo di aspettare, ma la moda ne ha bisogno. Dopo l’uscita del cominciato copia e incolla che annunciava la separazione di Gucci dallo stilista tutti si sono interrogati sulle motivazioni.
Forse non era abbastanza bravo? Le collezioni erano noiose? No, o meglio non è stato questo il motivo. Triste pensare che tutto si riduca ad una mera questione economica, ma la realtà è questa. Nessuno dai vertici Kering si è posto, nemmeno lontanamente, il problema legato alla creatività. Sabato De Sarno non è stato trattato come un creativo, un’artista, ma come un semplice dipendente di un’azienda in un mondo in cui, se non sei produttivo, vieni tagliato fuori.

Nessuno si è mai veramente interessato alla capacità creativa di De Sarno, lontana anni luce dal mondo di Michele. I vertici Kering si sono limitati ad osservare l’andamento del fatturato per valutarne l’operato. Peccato che la moda, quella intesa come creatività e non come industria, non risponda alle logiche di mercato. Se non si da tempo ad un’estetica di sedimentarsi è difficile che questa risulti vincente. Un cambio radicale, come il passaggio dall’estetica di Alessandro Michele a quella di Sabato De Sarno, necessita di tempo. Ridurre il lavoro di un creativo ad uno zero in meno sul fatturato è irrispettoso e racconta alla perfezione lo stato di salute in cui versa, oggi, il mondo della moda.
Questo -12% nei ricavi di Bering è l’unica cosa che veramente interessa al fashion system di oggi. La moda è soffocata da questioni di bilancio che nulla hanno a che vedere con il suo valore artistico e culturale. Vogliamo che l’industria del fashion venga percepita come una realtà di valore, ma come è possibile quando, anche dall’interno, l’unico valore che le viene attribuito è quello economico?