Mendi-mente: dalla didattica al progetto di tessuti stampati.

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L’esperienza  e il metodo sono stati i due strumenti usati dalla docente Renata Pompas per  far conoscere agli studenti di Textile Design del corso di laurea in Fashion Design dell’Accademia del Lusso (Milano) l’architettura di Alessandro Mendini.

Un tema apparentemente svincolato da un soggetto di moda: le opere di design e di architettura di Alessandro Mendini e la rielaborazione progettuale di quanto visto in una collezione di tessuti stampati. La loro curiosità, la sorpresa e il coinvolgimento ha dato vita ad una serie di atti creativi. Precedentemente preparati alla scoperta dell’ opera di Mendini, una volta in Triennale la vista diretta ha permesso di accendere la loro immaginazione. Il metodo usato è quello che ho elaborato in tanti anni di insegnamento, che aiuta ad implementare la creatività e permettere di esprimerla in maniera coerente e strutturata.

“Io sono un drago. La vera storia di Alessandro Mendini”,

 La Triennale di Milano ha voluto dedicare a uno dei più importanti e influenti designer italiani un’articolata e ricca retrospettiva, a cinque anni dalla sua scomparsa. La mostra, curata da Fulvio Irace in collaborazione con Elisa e Fulvia Mendini, realizzata insieme alla Fondation Cartier pour l’art contemporain.

Sono stati esposti più di 400 lavori tra disegni, autoritratti, dipinti, oggetti di design, modelli di architetture e ambienti domestici; il tutto distribuito nelle sale con stile “mendinesco”. (dia 002)

Architetto, designer, artista, teorico del neo-modernsimoe della decorazione

Nel 1979 Mendini entra nel “Gruppo Alchimia” che reinventa il design ricombinando i generi. Un insieme interdisciplinare che comprende la pittura, la scultura, l’architettura, il teatro e le arti applicate.

Mendini mischia gli stili e le tecniche, dall’artigianato, all’industria, all’informatica. Nel 1989 fonda con il fratello Francesco l’Atelier Mendini, tuttora attivo. Fondamentali la decorazione, la cui ispirazione figurativa viene fatta derivare da Futurismo e Costruttivismo, che viene sovrapposta a pezzi anonimi già esistenti . 

Imput e Visione 

Come imput imprescindibile è stato l’analisi della visione estetico-progettuale di Mendini, chiedendo un’interpretazione libera e fantasiosa, che presentasse una certa riconoscibilità dello stile, evitando tuttavia di ripeterne i motivi più iconici: come i pois della Poltrona Proust, i mosaici, i glifi del “Mendinometro”, ecc…

Una breve spiegazione sul problema del copyright delle immagini e sulla banalità della riproduzione pedissequa ha fatto il resto.

Verifica 

La vera missione è stata che ciascun progetto avrebbe dovuto inserirsi bene tra i lavori in mostra.

Più volte Mendini ha coinvolto altri architetti nella costruzione di un progetto collettivo da lui diretto, penso al museo Groninger (Paesi Bassi): un vero e proprio patchwork architettonico originalissimo, come quello che ha coinvolto 100 colleghi nella decorazione di un vaso da lui progettato. Tra i tanti motivi divertenti ricordo lo stupore degli studenti davanti agli oggetti fuori-scala, alla scomposizione delle forme, all’allegria dei colori, all’umorismo della piccola giostra con le miniature di oggetti dell’Alessi.

Come ispirarsi a un maestro e progettare con la propria individualità? 

E’ un concetto che applico oltre che nell’insegnamento anche nel mio lavoro, dove cerco di trarre insegnamento e stimoli da tutto ciò che arricchisce le mie conoscenze e le mie capacità, mantenendo il mio stile. 

E’ stato dunque interessante per me vedere come i ragazzi della GenZ accomunati dagli studi sulla moda ma con diverse provenienze, aspirazioni professionali e gusti estetici, cogliesse di questa esperienza quegli aspetti che potevano corrispondere alla loro personalissima visione

La metodologia progettuale suddivisa in 7 momenti:

1) La selezione fotografica. Dapprima ho suddiviso i partecipanti in gruppi, a cui ho chiesto di fotografare i pezzi ritenuti più iconici .

2) I colori. Poi ho chiesto a ciascun gruppo di selezionare i colori più ricorrenti e più significativi e anche le loro composizioni cromatiche.

3) Gli aggettivi. Definire con il linguaggio il senso estetico di ciò che si vuole progettare aiuta moltissimo non solo a definirlo, ma anche a capirlo meglio.Per esempio: eccessivo, policromatico, appuntito, kitsch, antropomorfo, ecc.… 

4) La Cartella Colori. Per costruire una Cartella Colori unica per tutti i progetti, tra i moltissimi codici colori selezionati ne sono stati scelti 24, considerati tra i più rappresentativi, organizzati secondo i valori di luminosità e di caldo/freddo; ai quali sono state aggiunte due tonalità metalliche molto usate da Mendini, specialmente nei mosaici: l’oro e l’argento.

Dalla fase successiva il lavoro è diventato individuale

5) Il Moodboard. Creare un data base in cui mettere in comune le fotografie, affinché ciascuno, ripensandoci, avesse più disponibilità di ispirazione tra i tanti aspetti stilistici dello stile Mendini. Nella costruzione individuale del Moodboard ogni studente ha potuto esprimere le proprie preferenze e sensibilità.

6) La palette cromatica. Prima di procedere ai progetti dei tessuti stampati è stata creata una palette cromatica di 6 tonalità scelte dalla Cartella Colori comune, in armonia tra loro e rispettose del rapporto chiaro/scuro e di quello caldo/freddo.

7) I Progetti Ciascuno studente ha creato una mini-collezione di tessuti, formata da 3 pezzi coordinati tra loro per la scelta dei soggetti, dei colori, della loro distribuzione e della soluzione grafica. Tutti i progetti sono stati realizzati con una distribuzione dinamica ripetizione del pattern e un rapporto di stampa allover.

Ne presento alcuni, senza voler penalizzare nessuno.

Asia Giordanella: nel n.1 ha distribuito degli elementi geometrici frastagliati e complessi su un fondo blu scuro, attraversato da forme grafiche sovrapposte. Nel n.2 ha invece esaltato il fondo giallo chiaro, attraversato da geometrie grafiche e alcuni frammenti decorativi complessi. Privilegiato dunque gli aspetti di dinamicità, il patchwork delle forme, i contrasti cromatici.

Miriam Balla: nel n.1 ha combinato forme astratte e forme riconoscibili, facendole oscillare in un cielo punteggiato da piccoli elementi. Nel n.2 ha scelto forme più regolari e riconoscibili, animandole con interventi grafici. Fedele al suo stile estetico ha optato per gli aspetti di caoticità e fluttuazione in contrasto con grafismi geometrici.

Simone Console: nel n.1 ha contrapposto specularmente in una sequenza orizzontale la stilizzazione di vasi dalle sembianze umane. Nel n.2 ha contrapposte specularmente in una sequenza orizzontale delle geometrie appuntite. Guidato da uno spirito razionale ha lavorato sui concetti di costruzione/ri-costruzione e antropomorfismo.

Carolina Ferretti: nel n.1 ha simulato e dissimulato un paesaggio acquatico dai colori dissonanti e dalle forme umoristiche. Nel n.2 ha alternato forme appuntite e spezzate in una composizione ritmica. Ha colto nella mostra gli aspetti di ironia, movimento, e ariosità.

Greta Di Dio: nel n.1 si è concentrata sull’aspetto dinamico della distribuzione delle forme, con una sovrapposizione di texture e cerchi rossi. Nel n.2 ha progettato geometrie ondulate e irregolari. E’ stata conquistata dal ritmo, dalla asimmetria e dalla musicalità di tante superfici di Mendini.

Giulio Esposito: nel n.1 ha scelto un movimento di forme geometriche primarie alternate a grafismi ondulati. Nel n.2 ha alternato segni iconici con rotazioni ritmate. Pur scegliendo tra i tanti soggetti di Mendini, due stili differenti, li ha unificati nella loro texturizzazione.

Valeria Goffi: nel n.1 ha creato un paesaggio di forme morbide che ricordano vagamente silhouette animali. Nel n.2 si è ispirata agli ambienti domestici mendineschi, sovraccarichi di elementi decorativi contrastanti. Sicuramente gli aspetti di ironia, ispirazione ai cartoon, rielaborazione del kitsch.

L’incontro con l’opera di Mendini è stata un’esperienza formativa importante. Ha offerto agli allievi una prospettiva più ampia sul ruolo del designer nel mondo contemporaneo. Hanno compreso come la creatività possa essere un potente strumento di comunicazione e come il design possa contribuire a migliorare la qualità della vita. 

L’immersione ha stimolato la loro curiosità e li ha spinti a riflettere in modo più profondo sulla relazione tra il design, l’artigianato e la sperimentazione, arricchendo il proprio bagaglio culturale e professionale.

di Renata Pompas, docente di Textile Design  Accademia del Lusso