I vertici della moda sono davvero inclusivi?

da | FASHION

La moda è figlia di un sistema vecchio e malato? C’è un gap sotto gli occhi di tutti ma in pochi ne discutono

Negli ultimi anni si sta parlando sempre di più di inclusività e diversità, specialmente nel settore moda. Ma questo, ci sta dando davvero il buon esempio? 

Partiamo con una premessa: non si tratterà di un articolo sullo stile genderless o su ciò che si ritiene giusto o sbagliato, ma vuole essere un mero invito alla riflessione. Che un uomo possa indossare la gonna, mentre la donna il famoso power suit, è un’idea ormai sdoganata. Ma questo ci basta per definire la moda davvero inclusiva?

Cosa accade oggi

Facciamo il punto della situazione: attualmente il fashion system sta soffocando a causa dei pettegolezzi. Alla direzione creativa c’è un continuo via vai e un gioco di poltrone che non fa altro che alimentare i rumors. Ma la domanda che dovremmo porci è : ”Nelle dichiarazioni che fanno notizia, quelle esplosive e super attese, quante volte compare il nome di una donna? E di un afroamericano? Di un asiatico?”. La risposta è troppo, troppo poco. C’è una sorta di omologazione per la posizione di direttore creativo, e sul fondo, un evidente problema di rappresentanza. Unico genere, unica etnia.

Ma andiamo nella pratica. Vi elenco chi sono oggi i direttori creativi dei principali brand di moda, stilati da un report di Vanity Fair del 2024: Demna Gvasalia x Balenciaga, Stefano Gallici x Ann Demeulemeester, Seàn McGirr x McQueen, Pharrel Williams x Louis Vuitton, Lorenzo Serafini x Alberta Ferretti, Matthieu Blazy x Chanel e Louise Trotter x Bottega Veneta, Olivier Rousteing x Balmain, Mariagrazia Chiuri x Dior, Pieter Mulier x Azzedine Alaïa.

Cos’altro aggiungere? I dati parlano chiaro. Le donne sono in netta minoranza, come gli afroamericani, mentre gli asiatici non vengono nemmeno nominati. Eppure, ciò che non si spiega, è che all’interno delle scuole di moda si contano più donne che uomini, e moltissimi studenti multietnici. Dunque, che fine fanno tutte queste menti? E perchè un settore che dell’inclusività e diversità ne fa bandiera, continua a trascurare queste disuguaglianze interne? Se i numeri non mentono, è ovvio che si tratti di opportunità. Con questo, non si sta affermando che le donne e le persone non caucasiche non rivestano dei ruoli importanti nel mondo della moda, ma per le notizie che fanno più scalpore, il nome che compare è quasi sempre quello di un uomo bianco. E gli altri? Rimangono “nascosti” dietro le quinte degli atelier e degli uffici.

Non fraintendete, sicuramente parliamo di figure qualificate e professionali nel proprio mestiere, ma in alcuni casi, forse, una visione femminile o semplicemente diversa, fresca, sarebbe l’ideale. D’altronde, se siamo qui a parlarne, vuol dire che il problema c’è e persiste, e questo articolo non fa altro che sottolinearlo e ricordarcelo.

Si può solo sperare in un’inversione di rotta per una ventata di aria fresca e per una moda che parli a nome di tutti. Perchè fin ora, quello che evince da parte dei marchi, è solo un’ottima strategia di marketing.

Foto: VanityFair, GettyImage