Heartman: ma davvero “Boys Don’t Cry”?

da | LIFESTYLE

Forse si o forse no, ma chiediamolo a chi – maybe –  potrà darci la risposta. 

Heartman non è solo un artista, ma una persona che sa come tramutare le emozioni in musica. Nato in Costa d’Avorio e cresciuto in Italia, porta con sé un bagaglio di storie, influenze e sensibilità che trasudano da ogni nota. La sua voce e il suo stile sono autentici e il suo messaggio arriva diretto, senza filtri.

La musica, per Heartman, rappresenta molto più di una carriera: è il linguaggio attraverso cui racconta il suo mondo. Dal coretto della chiesa alle tracce che mischiano rap, alternative R&B e pop, il suo sound è un viaggio che attraversa esperienze, fragilità e forza.

Oggi, il 6 dicembre, segna un nuovo capitolo della sua carriera con l’uscita del suo EP Boys Don’t Cry. Un progetto che vuole andare oltre, diventando un manifesto contro il maschilismo tossico. Un progetto che vuole celebrare la bellezza di mostrarsi vulnerabili. Abbiamo parlato con Heartman per scoprire di più su di lui, sul suo percorso e su cosa significa per lui vivere e respirare musica oggi.

Ogni artista ha una storia dietro il proprio nome. Vuoi raccontarci il significato del tuo? Chi è Heartman?

In realtà, il mio nome d’arte è semplicemente il mio nome di battesimo. I miei genitori hanno scelto di chiamarmi così, ed è rimasto anche il mio nome come artista. È molto semplice, ma anche profondamente mio.

Qual è il tuo percorso personale e artistico? Che cosa ti ha portato a scegliere la musica come linguaggio di espressione?

Fin da piccolo, la musica ha sempre fatto parte della mia vita. Nella cultura africana è normale cantare, ballare, vivere la musica in ogni momento. Cantavo in chiesa, in famiglia, a scuola, ai saggi. È sempre stato naturale per me.

Nel 2017, ho deciso di dedicarmi completamente a questa passione, abbandonando la scuola. Sentivo che quel percorso non faceva più per me, e ho scelto di concentrarmi sulla mia strada: la musica.

Sei originario della Costa d’Avorio e sei cresciuto in Italia. Due influenze culturali molto diverse. Quanto di questa doppia identità troviamo nei tuoi testi e nel tuo sound Heartman?

Al momento, poco. Ma è una cosa che voglio cambiare. Sono nato in Costa d’Avorio, da padre ivoriano e madre congolese, quindi le mie radici africane sono già una fusione di culture diverse. Poi c’è l’Italia, dove sono cresciuto.

Vorrei inserire molto di più del mio lato africano nella mia musica, perché è una parte importante di chi sono. È un progetto che sicuramente svilupperò in futuro.

Heartman “Boys Don’t Cry” non è solo il titolo del tuo EP, ma possiamo definirlo un manifesto. Da dove nasce questa scelta di nome e quale messaggio vuoi trasmettere con questo progetto?

Il titolo è nato durante un brainstorming in studio con un amico. Quando ha proposto Boys Don’t Cry, sono rimasto colpito. Ho subito pensato che fosse perfetto per rappresentarmi come artista.

Non ho mai avuto paura di mostrare o cantare i miei sentimenti, i miei problemi. Mi piace definirmi uno spirito libero da questo punto di vista. Quindi ho deciso di trasformare quel titolo in un manifesto, un progetto che potesse veicolare questo messaggio di libertà e vulnerabilità.

Le tue tracce spaziano tra generi diversi, dall’alternative R&B al rap, fino al pop. Come riesci a fondere tutte queste influenze e quale credi sia il filo conduttore del tuo sound?

Il filo conduttore è l’onestà. Non ho paura di esprimere ciò che provo nei testi e nelle melodie. Purtroppo, specialmente nel rap, si tende a vedere la vulnerabilità come una debolezza. Io, invece, credo che condividere emozioni sia fondamentale. Questo è il mio marchio di fabbrica: essere sincero e comunicare ciò che sento senza filtri.

In questo momento storico si parla molto di mascolinità tossica, abusi e disparità di genere. Tu cosa ne pensi?

Credo che siano dinamiche che ci colpiscono tutti, uomini e donne. Nascono prima di noi, radicate nella società, e cresciamo adottando comportamenti dannosi, spesso senza rendercene conto. Il maschilismo tossico non danneggia solo le donne, ma anche gli uomini stessi. È un circolo vizioso che colpisce tutti.

Quanto è stato importante per te mettere in musica queste riflessioni, e quale risposta o cambiamento ti aspetti dai tuoi ascoltatori?

È stato fondamentale. Avrei voluto sentirmi dire, da ragazzino, che piangere o mostrare i propri sentimenti non è una cosa “da femmine”. Vorrei che la mia musica aprisse una conversazione su questi temi, che portasse le persone a riflettere. Questo è il mio obiettivo.

Parliamo un po’ di social. Il brano “Esperienze Nuove” è stato un successo virale, soprattutto su TikTok. Che rapporto hai con i social e cosa pensi di TikTok?

TikTok lo uso, anche se all’inizio meno. È un pubblico molto giovane, diverso da quello di altre piattaforme. La viralità su TikTok avviene spesso tramite meme e scherzi. Quando Esperienze Nuove è diventato virale, all’inizio non l’ho presa bene. Era una canzone personale, che parlava delle mie difficoltà, e vederla trasformata in meme mi ha destabilizzato.

Poi ho capito che è proprio la cultura di TikTok: scherzare, sdrammatizzare, esorcizzare i problemi attraverso l’ironia. Non bisogna prenderla sul personale.

Come è stato vedere la tua musica esplodere in questo modo? E cosa pensi dell’impatto dei social sulla musica di oggi?

È stato incredibile, soprattutto con l’avvento di TikTok, che ha permesso anche ad artisti indipendenti di raggiungere milioni di persone senza essere firmati. È stato così anche per noi, prima di firmare con Sony. TikTok ci ha aiutati tantissimo.

L’unico lato negativo dei social è la volatilità: quando una canzone diventa virale, può bruciarsi in fretta. La viralità è effimera, e le tracce rischiano di durare solo un momento.

Collaborare con Mondo Marcio per “Fai l’uomo” è stata una scelta importante. Com’è nata questa collaborazione e quanto ti ha arricchito?

È iniziato tutto da una mia storia su Instagram: avevo condiviso un suo pezzo, Tieni duro. Lui mi ha risposto con “Bella fra, becchiamoci in studio perché mi piace la tua roba”. Una settimana dopo eravamo in studio insieme.

Collaborare con lui è stato magico. È sempre stato il mio rapper preferito da ragazzino, un vero mentore per me. Vederlo lavorare in studio e far parte di un suo progetto è stato incredibile.

Parliamo d’amore. Sei innamorato?

Costantemente, ma non per forza a livello romantico. Sono innamorato delle cose che amo, di ciò che mi ispira.

L’amore e la fragilità sono temi ricorrenti nei tuoi brani. Sei un romanticone Heartman. Come vivi queste emozioni e come le racconti nella tua musica?

Cerco di essere il più trasparente possibile. Quando scrivo, lascio parlare le emozioni. Non rifletto troppo, mi butto di getto.

Sei giovane, ma la tua musica porta con sé molte riflessioni profonde. Quali sono i messaggi più importanti che vuoi trasmettere?

Vorrei che le persone si sentissero libere di esprimersi, di dire ciò che provano senza paura, finché non danneggiano nessuno. Non trattenetevi.

Quanto è importante per te entrare in empatia con i tuoi fan?

È fondamentale. Quando ricevo messaggi come “La tua musica mi aiuta ad affrontare la giornata” o “Mi dà conforto”, capisco che quei messaggi valgono più di qualsiasi riconoscimento. Mi fanno sentire importante come essere umano.

Proiettiamoci verso il futuro. Quali sono i tuoi prossimi passi e sogni?

Voglio portare la mia musica a un livello nazionale, fare concerti negli stadi e lavorare con il mio team per fare cose grandi. Sogno una carriera duratura che possa lasciare un segno.