Da un paio di scarpette colorate comincia il viaggio verso il massimalismo di Judith Bradl. Con lei abbiamo ripercorso la sua strada tra difficoltà e conquiste.
Ciao Judith, in poche parole, come ti definiresti?
Io racconto la moda tramite diversi canali digitali, ma non solo. Mi definisco content creator, fashion Writer ed ambasciatrice del massimalismo e del dopamine dressing. Amo i colori e cerco di unire glamour ed ironia nella mie creazioni.
Chi voleva essere la piccola Judith Bradl?
La piccola me voleva essere libera di indossare ciò che le piaceva. Mi ricordo che, da piccola, mi misi un paio di scarpe molto colorate per andare a scuola. Per questo motivo i miei compagni di classe mi presero in giro ed io non ebbi più il coraggio di indossarle di nuovo. Da quel momento ho capito che il mio sogno era quello di essere me stessa, sempre.
Quanto ci hai messo a raggiungere questo traguardo?
Non è stato per nulla facile. Oggi, però, posso dire che ne è, decisamente, valsa la pena. Dopo tanti anni sono riuscita a creare uno stile che mi definisce e mi rappresenta nella mia individualità.
Quali sono state le difficoltà più grandi che hai riscontrato?
Il mio stile ha sempre suscitato reazioni forti e contrastanti, tutti l’hanno sempre considerato eccessivo. Più che una difficoltà considero il mio percorso una sfida con me stessa.
Ti senti rappresentata dal termine influencer?
Devo ammettere che il termine non mi dispiace. Lo trovo abbastanza adeguato alla mia persona perchè comunque cerco di incoraggiare gli altri ad essere se stessi. Anche se poi faccio anche altro, racconto la moda anche sulle riviste, per esempio, non solo su canali digitali.
Tu arrivi da un percorso nella storia dell’arte, in che modo ha influenzato la tua estetica?
Sicuramente sia i miei studi in storia dell’arte che il mio lavoro nei musei mi hanno aiutato a comprendere il potere dell’immagine. Ho imparato a vedere la moda da un altro punto di vista. D’altronde i due mondi, arte e moda, sono molto collegati. L’uno senza l’altro non può sopravvivere. Servono entrambi per creare quella magia che li contraddistingue.
A questo proposito ti chiedo: come mai fatichiamo a definire la moda come arte?
Sono due mondi che non si parlano quanto dovrebbero. Si tratta di realtà che condividono gli stessi strumenti ma che, in linea di massima, vengono veicolate in luoghi diversi. La moda è per strada, l’arte, molto spesso, si trova nelle gallerie e nei musei. Io ho sempre incoraggiato tutti ad entrare nei luoghi dell’arte per conoscerla sotto diversi punti di vista.
Molto spesso quando si parla di moda si fa riferimento a dictat e regole, per esempio quella secondo cui in un look non ci dovrebbero essere più di 3 colori. Cosa ne pensi?
Per me abbinare solo tre colori sarebbe un incubo! Nella moda, così come nell’arte, non dovrebbero esserci regole così rigide che soffocano la creatività.
Qual’è il tuo rapporto con l’armocromia?
Per molti potrebbe essere uno strumento utile. Personalmente non ne faccio uso perchè credo potrebbe limitarmi. Ho spesso notato che rompendo queste regole cromatiche si raggiungono risultati pazzeschi che seguendo uno schema rigido non si potrebbero nemmeno immaginare.
Parlando di limiti, la tua immagine è mai stata un ostacolo?
Per me stessa no, forse per gli altri. I commenti sul mio stile si sprecano. Spesso sento dire che bisogna trovare il proprio stile, ma io credo che vada creato non cercato. Non esiste ancora il proprio stile, copiare quello degli altri è inutile. È molto più soddisfacente riuscire, con il tempo, a crearsene uno veramente unico.
Cosa pensi della generazione Z?
Mi affascina molto come generazione. Sia perchè molto libera nell’0esprimere il proprio essere sia per la sua attenzione alla sostenibilità. 10 anni fa, circa, comprai il mio primo capo vintage. Un bellissimo blazer di YSL anni ’80 che ancora ho. AL tempo era una cosa strana, sono contenta che la nuova generazione l’abbia reso un trend.
Tu acquisti spesso vintage?
Si molto spesso. Mi piace l’unicità di questi capi e mi affascina che, ognuno di loro, racconti un storia.
Chi sarà la Judith del futuro?
Ho molti progetti. Ma il mio vero obiettivo è riuscire ad incoraggiare sempre più persone ad esprimere la propria individualità senza costrizioni.