La redazione di Adlmag ha pubblicato un questionario anonimo per capire i pareri della società riguardo la comunità LGBTQIA+
Sondaggio:
Età: hanno partecipato persone dai minori di 18 agli over 50
Genere: tutti
La terza domanda era a scelta multipla: Sei pro o contro la comunità LGBTQIA+ ?
Nel caso aveste risposto contro avreste potuto dare una vostra motivazione.
Queste sono state le risposte:
“Sono contro perché esistono 2 sessi ed la natura è perfetta così!”
“Quindi per un senso di ricreazione ed equilibrio quella comunità non dovrebbe nemmeno esistere”.
“Mental illness”.
“È una forma di discriminazione creare gruppo”.
“Nè pro nè contro… semplicemente non me ne frega”.
“Possono essere quello che vogliono anche senza rompere il ca**o”.
“Sono persone normalissime che non dovrebbero autoescludersi dandosi etichette”.
“Fanno troppo la parte delle vittime”.
“Sono pro ma non condivido manifestazioni come i pride, che a parere mio rendono solo più distanti nella società gli omosessuali dagli eterosessuali, incrementando l’odio verso se stessi senza un ritorno vero e proprio”.
“Sono persone deboli che portano solo valore alla loro causa e non al complessivo”.
“Vedo e leggo un gran caos di definizioni, invenzioni e una ricerca sfrenata nel voler a tutti i costi categorizzare ogni possibile identità e orientamento sessuale.
E trovo questa cosa figlia di una situazione sociale e storica nella quale, ovviamente, tutti possono esprimere il loro parere, ma per mancanza di un approccio intellettuale critico ogni parere e ideale debba sfociare nell’esagerazione e nell’esasperazione.
Ovviamente non ne faccio di tutta l’erba un fascio, perchè credo che alcune persone stiano davvero male e si trovino ad affrontare un forte disagio interiore. Inoltre chi va contro questa comunità non hanno nemmeno la sensibilità di capire che un loro amico/a, collega, compagno/a di classe si possa trovare in una situazione simile.
Io però ragionerei a monte di questa situazione, ovvero, se tutti hanno il permesso di esprimersi senza alcun limite, ma con una base culturale limitata, andiamo incontro ad una disinformazione totale in argomenti cruciali della nostra vita.
Il fatto poi che il nome sia un acronimo tendente all’infinito mi fa riflettere su quali altre categorie si possano aggiungere alle definizioni di se stessi e del proprio orientamento.
Quello di cui ho paura è che a lungo andare ogni individuo si trovi spiazzato nel “decidere” a quale identità associarsi o quale orientamento “scegliere”; ecco ho paura che diventi una mera scelta da una lista della spesa. Nel caso dell’orientamento sessuale può essere meno impattante, ma nel’identità di genere la faccenda si fa più complicata. Sono d’accordo che la parola ‘inclusività’ implica il riconoscimento di ogni tipo di sfaccettatura, ma in questo caso credo si stia esagerando, perchè le sfumature di ognuno non sempre hanno bisogno di essere categorizzate.
Così facendo stiamo plasmando la natura a nostro piacimento, e se non ricordo male l’eccessiva industrializzazione ha portato danni quasi irreparabili al nostro amato pianeta; non vorrei che la medesima situazione si verificasse alla natura del genere umano. Sicuramente alcune invenzioni hanno cambiato drasticamente l’andamento storico dell’uomo, ma la sregolatezza in alcune scelte ha portato a gravi conseguenze che purtroppo paghiamo e rischiamo di pagare oggi. Credo che, anche in questo caso e per alcune argomentazioni, si tratti di rispetto per la natura. Inoltre una problematica non indifferente si presenta in ambito sportivo, in cui alcuni individui transgender possono partecipare a sport di genere maschile o femminile, “falsando” i risultati e la competizione in sè. Non sono informatissimo in merito, ma la domanda che mi pongo è: siamo sicuri che questa categorizzazione influenzi in modo positivo lo sport e in generale ogni utilizzo dell’identità di genere?”
Abbiamo lasciato la parola a Riccardo Dal Toso, volontario del gruppo scuola di Cig Arcigay Milano
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Immagine: Pinterest.com