Esiste ancora un’estetica della comunità LGBTQIA+?

da | STYLE

Storicamente la comunità LGBTQIA+ ha trovato degli stratagemmi per comunicare senza urlare, spesso usando la moda. Ancora oggi basta l’estetica per definire l’orientamento sessuale di qualcuno?

Oggi tutti sono, più o meno, liberi di definire pubblicamente il proprio orientamento sessuale. Anche se non sempre è semplicissimo in passato le cose sono state ancora più complicate. Ecco allora che, in un momento di totale repressione, la comunità LGBTQIA+ ha trovato metodi diversi per comunicare. Segnali che parlavano senza sbraitare compresi solo dai membri della stessa comunità. Molti risalgono agli anni ’70 quando la voglia di rappresentazione del mondo Queer comincia a farsi sentire in maniera prepotente. Segnali utili, principalmente, alla comunicazione interna alla comunità. Modalità per riconoscersi senza rischiare il cattivo sguardo altrui che, molto spesso, comunque arrivava.

A dialogare, in questo senso, è stato principalmente l’aspetto esteriore. Tra le consuetudini più frequenti, e forse anche maggiormente riconosciute, c’era quella dell’orecchino. Portare l’orecchino sul lobo destro, infatti, rappresentava l’appartenenza alla comunità LGBTQIA+. Alcune leggende metropolitane raccontano che la tendenza arrivi dai marinai. Si narra, infatti, che nelle ciurme di marinai, sprovviste spesso di donne, gli uomini disposti a concedersi si differenziavano indossando un orecchino sul lobo destro dell’orecchio.

Altro metodo molto in voga è stato il cosiddetto “Codice Hanky” o “codice del fazzoletto”. Che prevedeva di indossare bandane colorate in svariati modi ad indicare particolari tendenze o disponibilità sessuali e affettive. Secondo alcuni l’usanza arriva dai cowboy degli Stati Uniti occidentali. Questi uomini trascorrevano, infatti, lunghi periodi distanti da casa e, per divertirsi occupano il tempo libero danzando e bevendo. Il colore differente del fazzoletto indossato simboleggiava il ruolo maschile o femminile nella danza. Ufficialmente la tendenza nasce, invece, dopo un commento di un giornalista americano che afferma che gli omosessuali dovrebbero indossare una bandana di riconoscimento. Così che negli anni 70 la comunità gay newyorkese iniziò veramente ad indossare questi fazzoletti colorati in modo da facilitare incontri e conoscenze.

Negli anni ’90, invece, la maggior parte die simboli riguardavano gli anelli. Portare, infatti, un anello sul pollice era sinonimo di appartenenza alla comunità LGBTQIA+. In particolare in riferimento al mondo lesbo e bisex, ma allargato anche al resto della comunità. È negli anni 2000, invece, che, dopo una discussione su un Forum, si definisce l’anello nero portato sul medio della mano destra come simbolo di asessualità.

E oggi invece?

Oggi lo cose sono decisamente cambiate. In linea di massima la comunità Queer, fortunatamente, non ha più bisogno di nascondersi come un tempo. Il tema dell’estetcia è, però, ancora molto sentito. Sebbene questi simboli siano decaduti si tende sempre ad associare l’apparenza all’orientamento sessuale. Si lavora per stereotipi escludendo una gran quantità di persone. Il gusto estetico è subito associato a quello sessuale senza cognizione di causa. Un meccanismo decisamente pericoloso e poco inclusivo che trasforma un tema profondo come quello dell’orientamento sessuale in una chiacchera da bar.

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