Durante l’ultima Parigi Fashion Week abbiamo visto sfilare molto concettualismo, spesso espresso con layering di capi particolari o eccessivi, ma ci stiamo ancora capendo qualcosa?
La moda è vorace, ha sempre fame di cose nuove e quando non viene saziata non ha pietà neanche dei più grandi nomi. A riguardo vogliamo parlare dell’ultima sfilata di Miu Miu, andata in passerella qualche settimana fa durante la Parigi Fashion Week, proprio a chiusura di quest’ultima.
L’anno scorso Miu Miu era il brand più amato e finiva su tutte le liste possibili, da Lyst a Fashion Network. E oggi?
In realtà il brand risulta ancora essere tra i più amati, ma se ci si aspettava un grande trionfo durante la sfilata, ecco, questo non è successo. Molte delle cose che per questa SS25 hanno calcato la passerella erano già vecchie, già viste e tra l’altro proprio da Miu Miu l’anno prima.
I look sono risultati assolutamente ripetitivi, sia nei capi che nello styling. Giacché sportive, camicette, sovrapposizioni su sovrapposizioni, overaccessoring di cinture e tante stampe diverse tutte assieme. Allora, capiamoci bene, non è che la collezioni non funzioni, abbiamo capito Miuccia e la sua visione, ma siamo solo stupiti di aver ri-visto le stesse cose in passerella. Un ribadirsi di look che non sono sicuramente dedicati alla grande massa di consumatori, ma a chi sfrutta un occhio più critico.
Ma ancora layering su layering, di nuovo e di nuovo e ancora. In pieno stile Miu Miu, ma abbiamo ancora bisogno di tutte queste sovrapposizioni nella moda?
Reggiseni, reggiseni sportivi, biancheria intima e mutandine che spuntano dagli abiti e top semiaperti, non vi sembra di averne già sentito parlare?
Erano novità ed erano novità portate da Miu Miu, ma forse superata quella fase di gioia per qualcosa di nuovo, iniziamo a chiederci un po’ il senso, il nesso, il filo che lega l’inizio dalla fine. Miuccia ce l’ha poi spiegato attraverso un’installazione dell’artista Goshka Macuga che ha presentato l’opera “The Truthless Times”, un giornale cartaceo che vuole esplorare i concetti di verità e manipolazione. Gli ospiti, quindi, erano immersi in una rappresentazione di macchine da stampa.
Ecco che i capi diventano una metafora per raccontare una verità che può essere alterata o percepita diversamente da quello che è in realtà, causa di tutto questo è il modo in cui le parole vengono usate, in questo caso come gli abiti vengono utilizzati.
Miuccia però una confessione ce la fa e la racconta con il primo look: un vestito bianco di cotone. Ecco la soluzione: la semplicità, che offre sempre chiarezza, nella moda e nell’ informazione.
Converrete anche voi che il concetto è bellissimo, arriva, lo capiamo, ora tutto ha più senso. Ma comunque un po’ stufa di questo concettualismo nello styling dei look ci rimango. Sarà che sto invecchiando e quindi automaticamente inizio ad avvicinarmi a quello che è la mia vecchia scuola, che tanto lontano da Lotta Volkova e le sue sovrapposizioni in realtà non va, però sono davvero pochi i look Miu Miu di cui reputo sinuosa e complementare la scelta di styling.
Un altro esempio di ultra-sovrapposizioni e di styling ricchissimo è stato Valentino, che ha debuttato a Parigi con il suo nuovo direttore creativo: Alessandro Michele. Ora, a me la sfilata è piaciuta tantissimo, forse per via di un certo senso di affezione nei confronti di Alessandro Michele e di come la sua storia si sia sviluppata dall’uscita di Gucci. Però se dovessi staccare il cuore dal mio senso critico, e lo faccio a fatica, posso ammettere che alcuni dei look erano un susseguirsi di molti, tanti capi.
La visione di Alessandro però è particolare e ben definita, per questo non mi infastidisco a vedere esaltata una certa opulenza, è la sua storia.
I look sono esuberanti: pellicce sopra vestiti e occhiali da sole, cappelli enormi su look già pomposi, colori forti, lustrini, un’”eleganza” che sappiamo che c’è, ma che soprattutto c’era, un po’ datata, ma sempre coerente alla storia.
Anche qui mi viene un po’ difficile ammettere che magari, presi singolarmente i look privi di contesto e motivazione, possono essere impegnativi da mettere in atto e da spiegare. Però è tutto molto in linea con il suo creativo, quindi tutto torna, nell’ottica in cui ci guardiamo e diciamo: “Vabbè, dopotutto sono firmati da Alessandro Michele”.
Ma il layering eccessivo è davvero la risposta giusta alla richiesta di tendenza dell’industria? E’ l’unico modo che ci rimane per esprimere un concetto?
Forse però riesco ad apprezzare di più queste sovrapposizioni che risultano più calde, più creative, più dal cuore, che vogliono dimostrare e raccontare. Mi piacciono i look esosi e mi piacciono quando li vedo per strada e spiccano tra tutto il grigio e il piattume, per cui Valentino, avrà anche esagerato con i capi e gli accessori, ma lo sento più dal cuore, è più vicino a un amico con un suo stile decisamente eclettico.
Miu Miu mi arriva più industriale, più fredda e soprattutto già vista. Forse volevo ancora un’altra versione della donna Miu Miu, quella che qualche stagione fa ha dettato i trend da seguire per tutte le case di moda e produzioni fast fashion, tenendo in pugno un’intera industria. Questa volta invece sembrava di trovarsi al recap di quelle che è stata l’ultima collezione.
Ve l’ho detto, dalla fame e dalla brama di nuovo della moda, non si salvano neanche i più grandi e i più esperti. Con il cambiare delle tendenze un eccessivo styling, o meglio, un eccessivo layering è diventato il nuovo must, il nuovo trend. Lo capisco eh! Vestirsi a cipolla è sempre la soluzione migliore quando si è incerti, ma sul meteo, non in alta moda…