Terre d’Aenòr: la Wine Revolution di Eleonora Bianchi

da | SUSTAINABILITY

Oggi, desidero accompagnarvi dentro una storia, che sa di rivoluzione, talento e un pizzico di follia creativa. Eleonora Bianchi è l’anima ribelle dietro Terre d’Aenòr, una cantina che non si limita a produrre vino, ma lo fa con uno stile tutto suo. Mescolando arte, moda e un tocco di magia.

Giurista di formazione e imprenditrice per destino. Eleonora ci racconta come ha stravolto i piani della sua vita per seguire un sogno di famiglia, trasformando la sua passione per la Franciacorta in un progetto visionario. Abbiamo parlato di tutto: dal mix inaspettato tra vino e arte, alle sfide di fare biologico al 100%. Senza mai perdere di vista l’eleganza e l’innovazione che contraddistinguono ogni suo progetto.

Siete curiosi di sapere come si fa a mettere insieme legge, vino e social come se fosse la cosa più naturale del mondo? Beh, continuate a leggere, perché Eleonora ha tanto da raccontarci e credetemi, questo “blend” e non parlo solo di uve, vi sorprenderà.

Ciao Eleonora, piacere di conoscerti. Sei una giovane imprenditrice, Terre d’Aenòr è la tua creatura. Ma so che in realtà coltivi molteplici interessi e passioni. Raccontaci un po’ di te: chi è Eleonora Bianchi?

Ciao, piacere mio! Allora, diciamo che ho un background un po’ diverso rispetto a quello che si potrebbe immaginare per una giovane imprenditrice nel mondo del vino. Sono nata e cresciuta in una famiglia dove si respirava imprenditorialità: mio padre lavora nel settore oleo-dinamico, e ho sempre ammirato il suo impegno. Tuttavia, il mio primo amore è stato il diritto. Sin da piccola, ho sempre avuto una passione per la giustizia e il mondo delle leggi, e già da ragazzina sognavo di diventare avvocato. Così, dopo il liceo classico, mi sono iscritta a Giurisprudenza all’Università di Brescia e mi sono laureata nel 2020, in piena pandemia.

Proprio alla fine del mio percorso universitario è accaduto qualcosa di inaspettato. Il sogno di famiglia di creare una cantina in Franciacorta ha iniziato a prendere forma. Ho sempre respirato questa passione in casa, ma pensavo che rimanesse solo un’idea lontana, quasi un’utopia. Invece, le circostanze favorevoli si sono allineate e mi sono ritrovata coinvolta in prima persona in questo progetto. Non si trattava di ereditare una realtà già avviata, ma di creare qualcosa da zero, ed è questo che mi ha conquistata.

Terre d’Aenòr nasce insieme a me e alla mia decisione di lasciare la strada già tracciata del diritto per lanciarmi in questa avventura. È un progetto giovane, moderno, che vuole innovare il panorama vinicolo e portare un nuovo modo di comunicare il vino. Più fresco e legato anche ai mondi che mi appassionano: l’arte e la moda. I miei genitori sono stati una presenza fondamentale dietro le quinte.

Ma mi hanno lasciato spazio per dare al brand l’impronta che desideravo, creando un’identità che riflette la mia personalità e i valori in cui credo. Inoltre ho la fortuna di avere un direttore di produzione veramente bravo, Ermes Vianelli, una persona molto competente e profondamente innamorata del suo lavoro. È stato un cambio di rotta drastico. Ho vissuto anche momenti di destabilizzazione, ma alla fine ho scelto di seguire il cuore e buttarmi completamente in questo progetto, che mi sta dando grandissime soddisfazioni.

Il feed dei tuoi social è incredibile, Instagram specialmente sembra una vera e propria galleria d’arte. Qual è stata l’ispirazione di partenza? Come mai hai scelto di fondere vino e make-up?

La campagna make-up è nata dalla volontà di raccontare il vino in un modo diverso e di rendere la comunicazione di Terre d’Aenòr più fresca e accessibile. Ho sempre percepito il mondo del vino come un po’ chiuso, spesso raccontato con un linguaggio molto tecnico e riservato agli addetti ai lavori. Volevo creare una brand identity che rompesse questo schema. Che fosse più vicina alle persone e in grado di parlare anche a chi non è un esperto.

Abbiamo quindi pensato di unire i nostri mondi di riferimento, l’arte e la moda, con il vino, creando campagne che fossero visivamente forti e uniche. La campagna make-up in particolare è stata un azzardo. Un modo per giocare con l’idea di personalizzare i nostri vini attraverso il trucco, con look creativi che riflettessero le diverse personalità dei nostri prodotti. Abbiamo lavorato con un team di creativi per realizzare queste immagini. Immagini che raccontano ciascun vino in modo non convenzionale. Come il Rosè 100% Pinot Nero, che abbiamo associato a un make-up tribale e audace, per trasmettere tutta la grinta e il carattere impetuoso del vino.

È stato un esperimento. Un modo per sfidare i canoni classici della comunicazione nel settore vinicolo, e sono molto felice del riscontro positivo che abbiamo avuto. È un approccio un po’ disruptive, Che riflette la volontà di Terre d’Aenòr di distinguersi. Di portare innovazione e di avvicinare sempre di più il pubblico al mondo del vino in maniera inaspettata e coinvolgente.

Parlami un po’ di questo format del mese: nei tuoi video fornisci delle vere e proprie “tips” enologiche, per nulla scontate. Perché hai scelto questa modalità di comunicazione?

Il vlog settimanale è nato dal desiderio di aprire le porte di Terre d’Aenòr e far conoscere il dietro le quinte del nostro lavoro in modo autentico e accessibile. Ho sempre voluto rompere quella barriera che spesso esiste tra il mondo del vino e il pubblico. Tanti concetti tecnici vengono dati per scontati dai produttori, ma per chi non è del settore restano un po’ misteriosi. Con il vlog, ogni mercoledì pomeriggio, racconto cosa accade in vigna e in cantina. Spiegando le operazioni con un linguaggio semplice e fruibile, senza la pretesa di fare lezioni, ma con l’idea di condividere il nostro percorso e far capire quanta passione c’è dietro ogni bottiglia.

Abbiamo creato una piccola community di appassionati che ci segue con costanza. Per me è bellissimo vedere come le persone apprezzano il nostro lavoro e si sentono più vicine a noi. Il vlog è diventato un appuntamento fisso, un modo per educare e intrattenere allo stesso tempo. Credo sia una delle cose che più rappresenta il nostro modo di fare impresa: trasparente, genuino e sempre con un tocco personale.

Il design della bottiglia è essenziale. Ordinato ma allo stesso tempo intrigante, colorato e vivace. Cosa rappresenta l’etichetta? Nasconde un significato particolare?

L’etichetta è stata uno dei primissimi passi che abbiamo fatto quando abbiamo deciso di fondare Terre d’Aenòr. Rappresenta appieno l’anima e l’essenza del brand, perché si ispira all’arte contemporanea, in particolare alle avanguardie artistiche e all’opera di Dadamaino, un’artista che ammiro tantissimo. I cerchi sull’etichetta non sono solo un omaggio alla sua arte, ma simboleggiano anche il movimento ascensionale delle bollicine nel calice. Un richiamo visivo alla verticalità del nostro logo, che rappresenta i tre fondatori della cantina: io e i miei genitori. Abbiamo scelto un design grafico molto minimal e moderno, essenziale ma non banale, perché dietro c’è un lungo lavoro di ricerca.

Inoltre, abbiamo osato con i colori, scegliendoli dal mondo della moda e ispirandoci a determinati pantoni di collezioni di stilisti che ammiro. Questa scelta ci ha permesso di dare un tocco vivace e di personalità all’etichetta, rendendola subito riconoscibile. Grazie anche alla carta metallina che riflette la luce in modi diversi a seconda del momento della giornata o della luce presente. È un gioco di equilibri tra arte, moda e vino che rende ogni bottiglia unica. L’etichetta è pensata per catturare lo sguardo e trasmettere subito la modernità e l’eleganza che vogliamo esprimere con Terre d’Aenòr.

La tua anima artistica si esprime in ogni tuo progetto, progetti che trasudano eleganza discreta, gioia e lusso… so che sei un’appassionata di moda, posso chiederti se hai e quali sono i tuoi riferimenti fashion? Quali sono i brand che ti affascinano di più che contaminano un pochino la tua personalità?

Sì, assolutamente, la moda è sempre stata una delle mie grandi passioni e una fonte costante di ispirazione. Mi affascinano moltissimo brand come Alberta Ferretti, che rappresenta una femminilità elegante, mai eccessiva, sempre raffinata e con un tocco di grinta che trovo davvero stimolante. Amo anche Ermanno Scervino, soprattutto per come riesce a giocare con i contrasti: abiti di pizzo mescolati con dettagli rock, come giacche biker. Trovo questo mix di sensualità e ribellione incredibilmente affascinante perché riesce a essere non convenzionale pur mantenendo una grande eleganza.

Mi piacciono molto anche i brand come Peserico, che riescono a trasmettere raffinatezza e uno stile senza tempo, qualcosa che puoi indossare oggi e tra dieci anni sarà ancora attuale. E poi c’è Moschino, con la sua stravaganza e la capacità di sorprendere ogni volta. Amo questo approccio divertente e audace alla moda, che rispecchia un po’ il mio desiderio di non prendermi mai troppo sul serio e di portare sempre un pizzico di originalità nei miei progetti, inclusi quelli legati a Terre d’Aenòr.

Oggi si parla molto di sostenibilità, è un argomento caldo e molto dibattuto, ma cos’è la sostenibilità per te? Quanto è importante in questo momento secondo te? 

Per me la sostenibilità è una questione di rispetto, un valore fondamentale che deve guidare ogni aspetto della produzione, dalla terra fino al prodotto finito. Terre d’Aenòr è nata come un progetto biologico al 100%, e non perché fosse una tendenza, ma perché questa filosofia ci rappresenta pienamente. Coltivare e vinificare in modo biologico significa avere un approccio responsabile verso l’ambiente, utilizzare pratiche che rispettano la biodiversità e tutelano il suolo e le piante.

Non è stato un percorso immediato né semplice: dal 2003 al 2018 abbiamo venduto le uve ad altre importanti cantine del nostro territorio e proprio in quegli anni i vigneti stavano iniziando la conversione al biologico. La  prima vendemmia biologica risale al 2018, anno della nostra fondazione, e da lì abbiamo deciso di certificare anche il processo di vinificazione, per garantire che ogni fase rispetti i nostri standard.

È un impegno che richiede molte risorse: i costi di produzione sono più alti, le pratiche più impegnative, soprattutto in annate complicate come questa, dove le condizioni climatiche mettono a dura prova. Ma per noi è una scelta imprescindibile, un modo per produrre vini genuini, che rispettino non solo l’ambiente ma anche chi li beve. La sostenibilità è il futuro, e noi siamo fieri di poter offrire un prodotto che rappresenta questa filosofia.

Come si rientra nella nicchia biologica? Quali sono i canoni e quale impegno c’è dietro per mantenere il livello che questa certificazione comporta?

Mantenere la certificazione biologica richiede una profonda conoscenza tecnica e una grande attenzione a ogni fase del processo produttivo. I trattamenti in biologico sono di contatto, cioè non penetrano nella pianta come quelli sistemici del convenzionale, e quindi vengono facilmente lavati via dalle piogge. Questo significa che dobbiamo essere costantemente sul pezzo. Intervenire subito dopo un temporale per proteggere le piante, e dosare i trattamenti con precisione per evitare che si sviluppino patologie.

Fare biologico non è semplice: richiede competenze specifiche, tecnologie avanzate e un’attenzione costante. Per esempio, noi abbiamo 47 ettari suddivisi in 35 appezzamenti diversi, dislocati in sette comuni della Franciacorta. Questo ci aiuta a ottenere una complessità unica nei nostri vini, sfruttando le diverse condizioni pedo-climatiche di ogni appezzamento. Ma dal punto di vista operativo è una sfida enorme. Significa spostarsi da un vigneto all’altro, fare trattamenti tempestivi e pianificare ogni intervento con grande attenzione.

È un lavoro meticoloso, costoso e non sempre facile, soprattutto in annate difficili come questa, ma per noi vale la pena. Sapere di produrre un vino che rispetta l’ambiente e che rappresenta i nostri valori ci ripaga di ogni sforzo. Il biologico per noi non è solo un’etichetta, ma una scelta etica che guida ogni nostro gesto in vigna e in cantina.

Vorrei chiudere questa chiacchierata chiedendoti: quali sono i tuoi prossimi progetti? E se lo hai (e credo sia così), qual è il tuo sogno nel cassetto per il futuro?

Il mio obiettivo è vedere Terre d’Aenòr crescere e affermarsi come un punto di riferimento nel panorama vinicolo. Non solo in Franciacorta, ma anche a livello internazionale. Vogliamo continuare a distinguerci per la qualità dei nostri vini e per il nostro approccio innovativo alla comunicazione. Mantenendo sempre un forte legame con l’arte e la moda, che sono parte integrante della nostra identità.

Il sogno è creare una cantina che non sia solo sinonimo di eccellenza, ma anche di libertà creativa, un luogo dove ogni bottiglia racconta una storia fatta di passione, innovazione e rispetto per l’ambiente. Vogliamo continuare a sperimentare, rompere gli schemi e sorprendere il nostro pubblico, mantenendo sempre un altissimo standard di qualità. È una sfida ambiziosa, ma sono convinta che con dedizione, creatività e un po’ di coraggio riusciremo a far emergere Terre d’Aenòr come una realtà unica nel suo genere. Non vedo l’ora di vedere dove ci porterà questa avventura.


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