Le passerelle di Milano sono il campo di battaglia dove si scontrano la storica anima della città e le nuove spinte generazionali.
Milano, ormai dagli anni ‘70 del secolo scorso, è sinonimo di moda. Il capoluogo lombardo è stato considerato faro di eleganza, ma anche di innovazione. Il perfetto connubio tra l’alta società della Milano Bene e l’innovazione della Milano da Bere. L’irriverenza dei giovani combatte con la ferma eleganza della sciura milanese impellicciata e con la borsetta a mano. All’ombra della Madonnina le sfilate parlano di una raffinata eleganza tinta, per lo più, di bianco. Al contempo qualcuno tenta di lanciare progetti generazionali destinati a chi la moda la vuole diversa.
Ermanno Scervino Ferragamo vestono di bianco la storia del Made in Italy ed interpretano con intelligente semplicità il vestire. Mentre qualcuno dichiara la morte del buon gusto (che poi cos’è davvero il buon gusto?) questi brand propongono una donna raffinata, dolce. Non per questo polverosa. Tutto sta nei dettagli, nei tagli sartoriali che conferiscono ad ogni capo una connotazione inedita. Da Scervino e da Ferragamo le calzature si arrampicano dolcemente sulle gambe delle modelle. La moda diventa materica, visibile, tridimensionale. È un vestire adatto a tutti e a nessuno che, nella sua semplicità, conquista l’occhio dello spettatore.
A raccontare la realtà di mezzo tra la donna raffinata e quella irriverente sono marchi come Bally, Bottega Veneta e Ferrari. Mostri sacri della moda del Belpaese che attingono dal guardaroba della sciura e lo trasformano in un armadio contemporaneo. Forme classiche e raffinati accostamenti cromatici dialogano con pelle e denim. Forme drammaticizzate e anche un po’ di controllata pazzia sfilano su queste passerelle. Da Bally l’allure raffinata viene spezzata da tocchi di verde bandiera e gonne con ingegnose strutture. Mentre sulla passerella del Bottega di Balzy c’è spazio per qualche look fuori dal comune che distrae dall’office wear proposto in sfilata.
A parlare la lingua delle nuove generazioni sono progetti come il Diesel di Glen Martens e, ovviamente, The Attico. E se Diesel ha forse perso quella capacità di dialogare con i problemi dei giovani. Perché non basta una cascata di denim per parlare alla Gen Z. The Attivo acquisita sempre più credibilità. In una stupenda location industriale, decorata da lampadari di straordinaria bellezza, sfila una collezione, in collab con Nike, che si rivela matita e affatto scontata. La moda di The Attico diventa interessante spunto di riflessione per interrogarsi su una femminilità nuova, meno dolce e più dark che non ci aspettavamo dal duo formato da Gilda Ambrosio e Giorgia Tordini.
Arrivati a questo punto sorge spontanea una domanda. Quale sarà la donna del 2025? Dal momento che le sfilate paiono essere discordanti. Pensandoci l’unico accordo tra uno show e l’altro è l’essenza di una femminilità libera. In questi giorni su Tik Tok è diventato virale un pezzo cantato alle audizioni di X Factor: “Bandiera” di Giulia Mei. La canzone dice: “libera, voglio essere libera”. La moda del 2025 parla proprio di una donna libera. Perfettamente rappresentata da Madonna, per esempio, ispirazione della SS2025 di Dolce&Gabbana.
Foto: Vogue