Il fast fashion “compra” l’alta moda: da Zara ad Uniqlo

da | SUSTAINABILITY

Zara annuncia una collezione disegnata da Stefano Pilati, storica firma di YSL. Clare Waight Keller, ex Chloè e Givenchy, diventa la direttrice creativa di Uniqlo. Cosa succede nel fast fashion?

È notizia di questi giorni la collaborazione tra il colosso del fast fashion spagnolo, Zara, e lo storico designer italiano Stefano Pilati. Lo stilista che, per anni, ha diretto Yves Saint Laurent, per poi passare ad Ermenegildo Zegna e, ancora successivamente, Random Identities. Insomma, una carriera non da poco che ora, dopo aver firmato una capsule come Friends of Fendi, ne realizza una per Zara, brand del gruppo Inditex. La collezione, in arrivo ad ottobre nei negozi, comprende 50 look uomo, 30 donna e una campagna scattata da Steven Meisel (che pare essere diventato uno dei migliori amici di Zara).

Stefano Pilati

Non solo, anche Uniqlo acquisisce un colosso dell’alta moda. A supervisionare le collezioni sarà infatti Clare Waight Keller. Designer che ha lavorato per Gucci ai tempi di Tom Ford e che, in seguito, ha diretto Givenchy e Chloè. Dopo la supervisione della collezione fall-winter 2024 Uniqulo : C, la Keller diventa ufficialmente direttrice creativa del brand giapponese.

Clare Waight Keller

Ecco svelata la nuova mossa di greenwashing del fast fashion. Nuova si fa per dire, H&M lo fa da secoli ormai. Per nobilitare il proprio lavoro i brand decidono di affidarsi all’alta moda che, probabilmente di fronte ad altissime cifre, non riesce a dire di no. Così ci sentiamo come “giustificati” ad acquistare fast fashion. Forti del fatto che l’abbiano disegnato dei grandi nomi. Ci sentiamo quasi di acquistare pezzi di lusso forse, accecati da big che rispondono ad esigenze economiche.

Questa mossa potrebbe essere anche letta come una nobile strategia atta a democratizzare la moda. D’altronde chi non vorrebbe un pezzo disegnato da Stefano Pilati a “basso prezzo”? Che poi bisognerà vedere i prezzi che metterà Zara. Dal momento che il pricing del brand si sta alzando sempre di più. Insomma una mossa di greenwashing notevole di cui la moda, quella che proclama sostenibilità in ogni comunicato stampa, questa volta è totalmente complice. Forse la capsule di pilati sarà anche prodotta in maniera “etica”. Ma cosa c’è di etico nel lavorare per un brand che, giorno dopo giorno, sfrutta i lavoratori ed inasprisce la crisi climatica.

Foto: Pinterest