Ansia, paura, angoscia. Il nuovo film della Pixar ci spiega attraverso un “cartone” cosa significa crescere. Cosa significa affrontare il futuro. E cosa sono gli attacchi di panico.
Avevamo lasciato Riley, la giovane protagonista di Inside Out, alle prese con la gestione di una nuova e più complessa rete di emozioni, che si erano fatte avanti dopo il traumatico evento del trasferimento. Il film si era chiuso con la bambina, ormai dodicenne, finalmente adattata nella nuova casa di San Francisco. A proprio agio nel nuovo ambiente, in equilibrio con le proprie emozioni. In Inside Out 2 ritroviamo Riley 13enne, in procinto di cominciare il liceo, quindi di entrare in un nuovo capitolo della sua vita. Entusiasmante per certi versi ma sconvolgente per altri.
Questa crescita crea un nuovo incessante problema: nella sala di comando, quella stanza dei bottoni che è il cervello, sopraggiungono nuove emozioni sconosciute. Sono Ansia, Invidia, Imbarazzo ed Ennui, la Noia. Insomma Riley è cresciuta e di conseguenza ha l’esigenza di trovare uno spettro emotivo molto più ampio e variegato. Che non può più affidarsi ai soli colori assoluti di Gioia, Rabbia, Paura, Tristezza e Disgusto. La vita, d’altronde, è anche altro e le sfumature sono svariate. Soprattutto quando l’adolescenza ci conduce a dover ragionare in maniera più trasversale sulla nostra vita.
Il primo Inside Out aveva avuto la capacità di trovare una formula vincente per raccontare le emozioni delle persone. Nel sequel c’è una grande attenzione nel creare delle dicotomie tra quelle che sono le vecchie emozioni e le nuove. A partire da quel rapporto di tacita intesa che si crea tra Tristezza e Imbarazzo. Fino alla contrapposizione di Gioia con Ansia, in lotta perenne per il predominio della console di controllo.
L’ansia: la nostra migliore amica
Tra disegni nefasti del futuro, congetture, proiezioni di ciò che potrebbe scatenare l’effetto farfalla, Ansia prende possesso non solo della console, ma dell’ecosistema intero del corpo di Riley. Portandola anche a quello che è un cenno di primo attacco di panico. La frenesia, l’isterismo della nuova antagonista restituiscono in maniera adeguata quella che è un’emozione molto complessa. Fondamentale dinanzi ad alcune situazioni pericolose, ma nociva in più di un’occasione.
Adulti e bambini provano le stesse emozioni, ma in modo diverso. Le emozioni a livello di intensità emotiva da bambini si sentono in modo più forte, perché non c’è il filtro razionale che consente di stemperarle. Da bambini si esprime tutto così com’è, poi crescendo si impara a gestire, a controllare meglio l’espressività di quelle emozioni. Se il bambino davanti alla negazione di un giocattolo si mette a piangere e fa i capricci, un adulto davanti alla negazione di un oggetto che desidera non si mette a piangere. La frustrazione che prova è la stessa, ma la interpreta in un modo diverso. È l’espressione che cambia, ma il sentire ha la stessa origine. Ciò che differisce, tra età adulta e infantile, è la presenza dell’ansia. Nel bambino non c’è ansia, finché non riconosce se un oggetto c’è o non c’è. Il bimbo vive più la frustrazione che l’ansia, la frustrazione di non avere vicinanza del genitore, del suo giocattolo, del suo oggetto transizionale.
Cosa significa crescere?
In Inside Out 2 maggior spazio viene dato all’esterno, con quel viaggio ossessivo, figlio dell’ansia interiore di Riley, nel campo da hockey e la struttura del campus stesso. E’ funzionale l’andirivieni tra l’esterno, quindi la partita e gli allenamenti fino ai rapporti interpersonali, e l’interno, con le emozioni che reagiscono a ogni evento al quale devono rispondere e che devono condizionare. Ne esce una sequela di temi fondamentali per esplorare la condizione umana e fare diverse valutazioni su quelli che sono i nostri comportamenti: i malumori. Nonché l’essere scontrosi figli di quel cambiamento che non siamo in grado di gestire, finendo per costruire un percorso di crescita, di accettazione e di comprensione di sé stessi, nei limiti di ciò che si può fare da soli.
Ed è quando Riley è in preda all’ansia e all’agitazione che nasce una delle domande principali, che forse ci siamo sempre posti un po’ tutti: quanto vale crescere? Perché passiamo la nostra infanzia a voler crescere, a essere grandi, indipendenti se poi ciò non ci reca altro che problemi? Ansia, frustrazione, imbarazzo, angoscia. Paura per il futuro, pausa di fallire, paura di non farcela. Paura di non essere abbastanza. Ma abbastanza per chi? per noi, per la nostra famiglia o per gli altri? Ma forse il problema siamo proprio noi e le nostre aspettative. O la società che ci impone di essere sempre perfetti e di dover essere i primi in tutto. Insomma è solo quando cresci che capisci il vero valore dell’essere bambino. Di vedere il mondo e il futuro con gli occhi diversi, con gli occhi di chi non ha paura ma di chi ha voglia di farcela. Quindi grazie Inside Out 2!