Cowboy core: la romanticizzazione di una tragedia

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Spopola nelle ultime stagioni il trend del cowboy core. Look d’ispirazione western che spaziano dagli stivali texani ai cappelli. L’ultimo disco di Beyonce, la sfilata uomo di Pharrell per Louis Vuitton e l’ultima collezione di Ralph Lauren sono solo alcuni esempi. Cosa si nasconde dietro questo trend?

La moda, si sa, vive di suggestioni più o meno superficiali. Ispirazioni d’immagine e di contenuto che contribuiscono alla buona riuscita delle collezioni. Dalla storia alla contemporaneità, dai grandi personaggi della cultura ai libri, tutto confluisce nelle collezioni dei designer più capaci che nobilitano così il loro lavoro. Perché una collezione senza una storia è solo un insieme di abiti fini a loro stessi. Un campionario di prodotti da vendere nel mercato che poco hanno di artistico. Appurato, al contrario, che la moda è arte il suo spessore culturale viene a galla. Non c’è collezione degna di nota che non nasconda un racconto.

Cowboy core nell'ultima collezione di Ralph Lauren

Ma tutto può essere ispirazione?

Posto che l’arte non dovrebbe avere limitazione alcuna. E’ trend delle ultime collezioni (e non solo) quello del cowboy core. La cultura western sta conquistando i cuori dei fashionisti. Un mondo, quello del vecchio West, largamente trattato dalla cultura popolare. Dai film di Sergio Leone con Clint Eastwood e John Wayne, alle canzoni country, molto spesso questa pagina di storia è stata ridotta ad un paio di stivali texani. La verità è che dietro l’immaginario romanticizzato dei cowboy c’è una delle pagine più buie della storia.

E allora, nel 2024, il pop può ancora permettersi di contribuire a questa confusione?

Da sempre sono stati raccontati come i fautori del popolo americano. Gli uomini duri tutti pelle e pistole che, in condizioni non ottimali, hanno dato luce a quella che sarà una della nazioni più ricche della storia: gli Stati Uniti d’America. Tra i saloon e la ricerca dell’oro i cowboy, soggetto prediletto della letteratura e cinematografia del secolo scorso, sono stati il sogno di intere generazioni. Con loro anche i loro stilemi. Cappello con falde rialzate, gilet, jeans (inventati proprio da Levi’s nel vecchio West), cinturoni e stivali texani (o come preferite chiamarli).

Cowboy core nell'ultima collezione di Ralph Lauren

Insomma capi che, dagli anni ’80 in poi, in maniera intermittente, sono stati oggetto del desiderio di tutti i fashion addicted che si sono vestititi e travestiti da cowboy moderni. A fare da sfondo e cornice a questa storia ci sono le lotte con gli “Indiani d’America”, più correttamente detti nativi americani. La narrazione vuole i cowboy come i buoni, civilizzatori del nuovo mondo, e gli “indiani” come cattivi, ma forse non è tutta la verità. Si da il caso che i cowboy, come vuole chiamarli la pop culture, sono stati protagonisti di quello che è passato alla storia come l’Olocausto americano. Un genocidio di massa che ha visto sterminato un popolo nella sua terra natia. “Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura” canta De Andre in “Fiume Sand Creek”. La canzone che narra uno dei massacri più violenti della storia americana che vede perdere la vita oltre 200 nativi (di cui 2/3 donne e bambini).

Le conseguenze nella moda

Pare che la pop culture, moda compresa, abbia sorvolato riguardo questa storia. Vero è che le immagini possono essere prese ad ispirazione anche in maniera “superficiale”. D’altro canto una storia come quella di un genocidio non può essere soppiantata dalla narrazione di una figura distorta come quella del cowboy. Raccontare i colonizzatori americani come fautori della modernità ignorando le atrocità commesse nei confronti dei nativi non è certo una scelta culturalmente saggia. Per quanto belle e stilisticamente interessanti le collezioni contribuiscono ad una narrazione fuorviante della realtà storica.

Louis Vuitton men fall 2024-2025

Per sopperire a questo sia Pharrel, nella fall wintwer di Louis Vuitton, che Ralph Lauren, nell’ultima collezione, hanno tentato di seguire la strada delle collaborazioni. Lavorando insieme a realtà che tramandano storia e tradizioni dei nativi americani hanno voluto dare loro una visibilità e una parte in questa storia. Da Vutton le Speedy sono state decorate da artisti come Dee Jay Two Bears appartenente alla tribù nativa Sioux Standing Rock. Ralph Lauren ha invece collaborato con la deisgner Navajo Naomi Glasses per la realizzazione della collezione. Un tentativo, seppur border line, di ridiscutere la carte in tavola.

Vero è che se dovessimo fare le pulci ad ogni suggestione presente nelle collezioni non si produrrebbe più nulla. E’ importante però non dimenticare quello che è successo in funzione di pure narrazioni estetiche. Dare voce a chi voce non l’ha mai avuta è la chiave per rispettare le culture e per evitare di non riconoscere il limite tra appropriazione ed apprezzamento culturale. Insomma liberi tutti che ognuno crei e disegni quello che vuole seppur con cognizione di causa.

Foto: Instagram