Le tute da jogging che sfidano l’architettura ostile e promuovono l’inclusività, ideate dalla designer Sarah Ross
Dai braccioli centrali sulle panchine alle borchie sotto i portici e sugli angoli delle strade. E ancora, spuntoni, superfici inclinate e distorte, divisori e dissuasori.
New York e Los Angeles – e in generale gli Stati Uniti d’America – sono diventate famose per un fenomeno alquanto poco inclusivo, a tratti inquietante. Si tratta dell’architettura ostile: una pratica urbanistica fatta appositamente per respingere (più che accogliere) coloro che si trovano ai margini della società come i clochard.
Attraverso un insieme di oggetti e dettagli inseriti nello spazio urbano, infatti, si fa sì che non si possano utilizzare gli spazi in modo diverso da quello per cui sono stati concepiti. Per fortuna, una soluzione geniale è stata data da Sarah Ross, un’interior designer di Chicago.

Archisuits: le tute che parlano di giustizia
Il progetto Archisuits è stato lanciato per la prima volta nel 2005-2006 da Sarah Ross. Un’artista che ha tradotto il suo disappunto in un atto satirico di sfida. Nascono cosi 4 tute da jogging azzurre, ognuna dotata di rigonfiamenti di tessuto in eccesso che possono tranquillamente superare lo spazio negativo di panchine, recinzioni e facciate di edifici poco invitanti.

“Gli abiti […] permettono a chi li indossa di entrare o di adattarsi a strutture progettate per negarli. Il progetto punta all’architettura come a un braccio della legge, una forma che utilizza l’ambiente costruito per sorvegliare e controllare i corpi razziali, di classe e di genere. Gli archisuits suggeriscono che chi lo indossa potrebbe resistere non solo essendo presente, ma essendo presente comodamente, con calma” spiega l’artista a proposito del concept.
Ci sono quindi tute che ti fanno sedere su un muro obliquo, stare in equilibrio su un tubo o sdraiarsi su panchine in cui i separatori tra le sedute sono fatti apposta per impedirlo.


Uno schiaffo alla legge
Sarah Ross prende una posizione ben precisa: quella di opporsi alle ingiustizie nel mondo dell’arte, come rendere accessibili a tutti gli spazi comuni delle città.
E c’è qualcosa di incredibilmente potente in questa fusione di moda, arte e politica, dove ogni tuta diventa un atto di resistenza e una dichiarazione contro le ingiustizie sociali. Una vera riflessione sulla nostra società, dove lo spazio che occupiamo non è mai neutro.
C’è da chiedersi, dunque, quali sono i corpi che sono veramente benvenuti nelle nostre città? e quali invece vengono esclusi o marginalizzati dalle strutture che ci circondano?

Foto: Outpump, SarahRoss