Privacy: la Danimarca presenta una legge avanguardista

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Nella lotta contro i Deepfake e nella salvaguardia della privacy, la Danimarca si inserisce con una riforma rivoluzionaria per la tutela delle persone e della loro immagine.

Siamo in un’epoca in cui la privacy è un concetto molto labile e allo stesso tempo importantissimo e fondamentale, eppure gira e rigira, si finisce sempre per non riuscire a rispettarlo nel modo giusto. Sono diverse le leggi che gravitano intorno a questo argomento, ma non si riesce mai, alla fine, ad essere chiari e concisi a riguardo, anzi c’è chi direbbe che è una cosa che cambia da contesto a contesto. Ma è davvero così?

In termini sociologici e giuridici, la privacy si è evoluta dalla semplice riservatezza a un concetto più complesso e attivo.

Se alla fine del 19° secolo si trattava del semplice “diritto di essere lasciato solo” al diritto di controllo sui dati e tutela dell’identità e delle scelte di vita. Con l’arrivo del digitale, la privacy si identifica prevalentemente nel diritto dell’individuo a controllare l’uso, la circolazione e il trattamento dei propri dati personali da parti di terzi, come Stato, aziende e anche altri individui.

Photo via Smart Nation

Sociologicamente la privacy è fondamentale per il pieno sviluppo della persona umana e per la costruzione della propria identità. La quale deve essere protetta da stigmatizzazione sociale, controllo pubblico o privato irragionevole e dal rischio di essere ridotti a semplicemente un profilo di dati.

A livello legislativo si ha la necessità di bilanciare la tutela della privacy con altri diritti e interessi fondamentali.

Ma le contraddizioni sono davvero diverse. Per esempio esiste il diritto alla trasparenza, sopratutto nella Pubblica Amministrazione, per garantire l’accesso dei cittadini alle informazioni per prevenire la corruzione e permettere il controllo sull’operato statale. Ma ecco che questo si scontra con la riservatezza dei soggetti coinvolti. Oppure, pensiamo alla dinamica tra la tutela della privacy e l’esigenza di sicurezza nazionale e di prevenzione e repressione dei crimini. Un esempio sono l’uso della video-sorveglianza su larga scala, l’accesso ai dati di traffico telefonico e telematico o l’introduzione di strumenti come software spia.

Anche i cookie sono al centro di questa dinamica. Pensiamo sì alla protezione dei nostri dati, ma l’Unione Europea promuove anche la libera circolazione degli stessi per favorire il mercato unico digitale e l’innovazione. Chiaro è che i dati personali sono la materia prima di questa economia digitale e questo, inutile dirlo, genera un interesse economico non da poco intorno alla loro raccolta e al loro riutilizzo. Per cui anche se il consenso viene formalmente richiesto, spesso non è libero o pienamente informato. Cioè, siamo davvero in grado di capire cosa sono i cookie? E non parlo dei prodotti di una famosissima marca di biscotti con un certo mulino.

Ma oltre i confini normativi, la privacy è piena di contraddizione anche livello sociale, tecnologico e individuale.

Esiste proprio un paradosso della privacy: ci si preoccupa veramente molto per tutelarla, ma allo stesso tempo tendiamo a condividere enormi quantità di dati personali sui social e nelle quotidiane interazioni digitali, ignorando le informative o configurando a casaccio le impostazioni. Il discorso è che siamo spinti da un assiduo bisogno di riconoscimento, visibilità e appartenenza al gruppo, talmente forti da superare la preoccupazione per la riservatezza dei propri dati.

Con l’affermarsi dei Deepfake, poi, la cosa è decisamente peggiorata. Sopratutto perchè non si capisce davvero come potersi tutelare senza doversi chiudere a qualsiasi uso dei social o di internet in generale.

I Deepfake sono immagini, video e audio creati con l’Intelligenza Artificiale che simulano in modo estremamente realistico una persona mentre fa o dice qualcosa che non ha né mai fatto o detto.

Photo via Chamaleon Associates

Questa, come si può bene capire, è una gravissima violazione della privacy e anche furto di identità. Un qualcosa che lede direttamente i diritti della persona. Inutile girarci intorno, effettivamente la cosa più problematica è la creazione di pornografia non consensuale. Poi la diffamazione o la frode.

I Deepfake sono potenziati dall’impatto emotivo dei contenuti audiovisivi. Questi possono decisamente influenzare l’opinione pubblica, polarizzare il dibattito e minare la fiducia nelle fonti di informazioni rappresentando una minaccia anche per i processi democratici, oltre che per le persone coinvolte.

Il nodo cruciale a livello giuridico e sociologico è il bilanciamento tra la necessità di tutela dell’individuo dagli abusi dei Deepfake e la garanzia della libertà di espressione.

Photo via Frontiers

Calma, calma, non tutti i Deepfake sono illeciti. Ne esistono anche alcuni realizzati per scopi artistici, satirici o di parodia e diciamo che questi avrebbero le caratteristiche per ricadere nella libertà di espressione. Ovviamente a patto che non venga arrecato un danno ingiusto o non siano ingannevoli sulla loro natura, ossia che sia chiaro che si tratti di una finzione.

Il mondo giuridico sta cercando di mettersi al passo con questa nuova tecnologia. Il regolamento europeo sull’IA classifica i Deepfake come sistemi che devono rispettare obblighi di trasparenza. Quindi secondo l’AI Act gli utenti devono essere informati che il contenuto che stanno guardando è stato generato o manipolato artificialmente.

Il Digital Services Act, invece, impone alle grandi piattaforme online obblighi per la rimozione rapida di contenuti illegali e per la trasparenza. In Italia, inoltre, si è sentita la necessità di un intervento più specifico e un recente Disegno di Legge sull’Intelligenza Artificiale introduce un nuovo reato di Deepfake per chi diffonde, pubblica o cede immagini di nudo, riconoscibilmente riferibili a persone fisiche, generate o manipolate con l’IA, con il fine di ingannare e arrecare danno ingiusto.

Photo via Alma Laboris Business School

In Danimarca è in fase di studio una proposta che potrebbe diventare la prima legge in Europa a proteggere i cittadini dalle limitazioni digitali della propria identità.

Infatti, per contrastare gli abusi legati proprio ai Deepfake il governo danese sta valutando una revisione della legge sul copyright per poterlo estendere anche all’identità personale, ossia corpo, tratti somatici e voce. Questi verrebbero tutelati al pari delle opere d’arte che non possono essere riprodotte senza autorizzazione.

Il ministro della cultura danese a riguardo ha spiegato che la legge mira a sottolineare come ogni persona ha il diritto esclusivo sul proprio aspetto e sulla propria voce e questo diritto deve essere difeso anche contro gli abusi dell’IA, una tutela che la normativa attuale non garantisce al 100%.

In caso di approvazione la nuova legge darà ai cittadini danesi la possibilità di chiedere la rimozione di contenuti digitali diffusi senza il loro consenso, comprese anche le ricostruzioni realistiche delle performance di artisti.

Ci sono delle eccezioni per satire e parodia, ma in caso di violazione, le persone coinvolte potranno richiedere un risarcimento. Previste anche grandi sanzioni per le piattaforme che si troveranno coinvolte nella diffusione dei contenuti.

Con questa riforma ci si trova davanti a un cambio di paradigma decisamente importante. Infatti nei sistemi giuridici tradizionali il volto e la voce sono tutelati principalmente come dati personali e come parte dei diritti della personalità. La Danimarca invece prevede di trattarli come una creazione propria o una forma di proprietà intellettuale che non può essere copiata o replicata senza consenso, proprio come un’esibizione artistica o un’opera d’ingegno.

Photo via Synovus

Inoltre questo approccio offre vantaggi pratici per le vittime che avrebbero diritto alla rimozione immediata, risarcimento danni e riconoscimento delle responsabilità delle piattaforme. La proposta è pensata per colpire gli abusi, tutelando allo stesso tempo la libertà di espressione.

Arrivano comunque critiche e interrogativi riguardo la nuova proposta danese.

Estendere il diritto d’autore al corpo e al volto rischia di trasformare l’identità personale in un bene commerciabile, un “contenuto”, piuttosto che un diritto fondamentale e inalienabile. In questo modo si potrebbe favorire chi ha più risorse per difendere legalmente la propria proprietà intellettuale identitaria.

Si va anche a creare una possibile sovrapposizione e frizione con normative già esistenti come il GDPR, che tutela volto e voce come dati sensibili, e L’AI Act europeo. Tutte leggi che non concepiscono l’identità come un’opera soggetta a copyright.

In ogni caso, la Danimarca intende promuovere questo modello a livello continentale mettendo le basi per un dibattito importante su come l’Europa dovrebbe definire la protezione dell’identità nell’era dell’IA generativa.