Il Diavolo è tornato. E ora indossa l’algoritmo.

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Quando nel 2006 Meryl Streep pronunciava “That’s all” con gelido disprezzo, una
generazione di fashion lover prendeva appunti. Oggi, quasi vent’anni dopo, Il diavolo veste
Prada torna con un sequel, ma il mondo attorno è cambiato: la moda non vive più (solo)
sulle passerelle, le riviste patinate arrancano, e i nuovi assistenti hanno più a che fare con i
dati che con le cartelle stampa. Quindi la domanda è: che volto o che diavolo avrà oggi il potere nella
moda?

Miranda 2.0: boss,boomer o ancora diavolo?

La prima domanda è: ha senso oggi una Miranda Priestly come l’abbiamo conosciuta?

Fredda, inarrivabile, old school. In un mondo dove le figure di potere sono sempre più fluide,

decentralizzate (e spesso digitali), la domanda è legittima. Forse nel 2025, Miranda non

lancia più la sua borsa sulla scrivania, ma lancia trend su un algoritmo. O magari dirige un

colosso tech che fa styling predittivo con l’intelligenza artificiale. La sua autorità sarà ancora

riconosciuta o sarà vista come un’icona di un tempo passato?

Miranda Priestly

Gen Z VS Runway: match impossibile?

Andy Sachs oggi non sognerebbe più una redazione patinata. Forse vorrebbe un account da

2M su TikTok, una capsule con Depop o un brand etico autoprodotto su Instagram. La Gen Z

non vuole più “entrare nel mondo della moda” ma essere moda creare, remixare,

influenzare. In questo sequel, è inevitabile che la narrazione si aggiorni: la cultura della

moda non è più verticale, ma orizzontale, condivisa, open source. Il conflitto non sarà più tra

“la ragazza semplice” e “l’élite fashion”, ma tra old media e creator economy.

Miranda Priestly e le sue assistenti ad un evento

La moda è cambiata (e meno male)

Nel 2006, Il Diavolo Veste Prada era una lettera d’amore (tossica?) all’alta moda. Oggi,

fashion vuol dire anche sostenibilità, inclusività, genderless e sperimentazione. Sarà

interessante vedere come il film affronterà questi temi: il greenwashing sarà la nuova satira?

Avremo personaggi non binari, stylist olografici, o una Miranda che fa i conti con una cancel

culture pronta a distruggerla con un hashtag?

Cultura pop e nostalgia: operazione riuscita?

Il sequel è chiaramente una mossa nostalgica ma la nostalgia, oggi, vende. La

generazione che ha visto Il Diavolo veste Prada al cinema ora scrolla TikTok, ma il sogno delmondo della moda (anche se in versione remixata) resta vivo. Se il sequel riuscirà a

mantenere l’ironia tagliente dell’originale, integrando il linguaggio di oggi, allora avrà senso.

Non solo come operazione commerciale, ma come specchio di una moda che cambia

ancora pelle.

La moda ha ancora bisogno del diavolo?

Forse sì. Ma questa volta, non sarà lei a dettare le regole. Le regole le fa chi crea, chi osa,

chi posta. Miranda Priestly potrà anche indossare Prada, ma il feed lo curiamo noi.

Foto:Pinterest