La relazione parla inglese: il vocabolario sentimentale della Gen Z

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Ghosting, situationship, breadcrumbing… Quando le relazioni smettono di definirsi e iniziano a parlare inglese. Ma dietro l’ironia, si nasconde forse qualcosa di più profondo?

Se fino a pochi anni fa per un cuore infranto, una situazione non molto chiara o una relazione finita male i termini per descrivere il tutto scarseggiavano, oggi è l’inglese a sopperire il grande vuoto lessicale. Termini come ghosting, zombingorbiting – solo per citarne alcuni – sono entrati a far parte del vocabolario quotidiano, e appaiono sempre più amati dalla generazione che  più di ogni altra detta tendenza, la Gen z.

Ammettiamolo: ci sono termini che sono diventati talmente comuni e sdoganati da essere presenti in ogni conversazione tra amici, ogni volta che si parla di complicazioni sentimentali. Se da un lato, dunque, è vero che il linguaggio sentimentale moderno si è evoluto e continua ad arricchirsi di nuove espressioni, dall’altro è altrettanto vero che i comportamenti a cui si riferisce non lo sono. Restano fondamentalmente gli stessi racchiusi in parole nuove – rigorosamente inglesi – dal significato ben preciso e complesso che riescono a catturare con precisione (e spesso con crudele chiarezza) le diverse dinamiche emotive.

Protagonisti silenziosi ma sempre più presenti



Tra i tanti neologismi che popolano il lessico delle relazioni contemporanee, ghosting è forse il più noto e diffuso. È diventato un vero e proprio classico nel mondo del dating: sparire all’improvviso, senza dare spiegazioni, senza risposte, senza un saluto. Che si tratti di un’amicizia, di una frequentazione o di una relazione più stabile, il fare ghosting è il modo più rapido – e, diciamolo, anche il più codardo – per troncare ogni contatto. Un comportamento che semplifica drasticamente la chiusura di un rapporto, ma che lascia l’altra persona sospesa in un silenzio assordante, in attesa di una risposta che non arriverà mai. Il ghosting è così comune che, in fondo, quasi tutti lo abbiamo subìto almeno una volta… o, magari, lo abbiamo anche messo in pratica.

Ma se pensavi che sparire fosse il colpo di scena finale, preparati alla sua evoluzione: lo zombing. Il nome è già un indizio. Proprio come gli zombi, chi pratica questo comportamento “resuscita” all’improvviso dopo essere scomparso, magari dopo settimane o mesi di silenzio. Ricompare, spesso con messaggi apparentemente interessati, come se nulla fosse successo. Il problema? Nella maggior parte dei casi è solo un’illusione passeggera. Chi fa zombing tende a sparire di nuovo, lasciando dietro di sé una scia di ulteriore confusione. 

Il gioco dell’ambiguità emotiva



Un altro “grande classico” dei tempi moderni è l’orbiting, un termine che deriva dal verbo inglese to orbit, cioè orbitare attorno a qualcosa. E in effetti, chi lo pratica non si allontana mai davvero… ma nemmeno si avvicina del tutto. È una vera e propria strategia relazionale basata sull’ambiguità. L’altra persona sparisce dalla comunicazione diretta, ma continua a farsi viva in modo indiretto – con like, visualizzazioni di storie, commenti lasciati qua e là – mantenendo vivo un filo sottile, ma mai abbastanza chiaro da definirsi coinvolgimento. Risultato? L’altra parte resta sospesa, confusa, in attesa di segnali che sembrano esserci, ma che non portano mai da nessuna parte. Che si tratti di narcisismo, di disinteresse mascherato o del bisogno di tenere il controllo sulle emozioni altrui, l’effetto finale è sempre lo stesso: un senso di smarrimento da cui fuggire il prima possibile.

Molto vicino all’orbiting c’è un altro comportamento sempre più diffuso: il breadcrumbing. Letteralmente “spargere briciole di pane”, questa tattica consiste nel mandare segnali di interesse dosati con cura – un messaggio ogni tanto, una piccola attenzione, una parola gentile – giusto quanto basta per mantenere accesa la speranza, senza mai impegnarsi davvero. È una forma sottile ma efficace di manipolazione emotiva. Chi la mette in atto cerca solo di tenere aperte più possibilità, costruendo rapporti vaghi e inconcludenti che servono unicamente al proprio tornaconto. Nel breadcrumbing e nell’orbiting, chi vince è solo chi gioca. Chi subisce, invece, resta intrappolato in un meccanismo di aspettative disattese e connessioni che non diventano mai relazioni vere.

Quando l’amore (non) si definisce



Nel vocabolario delle nuove relazioni, c’è un termine in particolare che suona romantico… ma nasconde dinamiche ben più complesse. Il love bombing, tradotto letteralmente come “bombardamento d’amore”, è un’esplosione di attenzioni, messaggi affettuosi, lusinghe continue e regali spesso spropositati. All’inizio può sembrare tutto bellissimo – chi non vorrebbe sentirsi corteggiato così intensamente? – ma dietro questa generosità si può nascondere un intento manipolatorio. Il love bombing viene spesso usato per conquistare rapidamente fiducia e dipendenza emotiva, creando un legame accelerato che, col tempo, può trasformarsi in controllo. È una dinamica che si manifesta soprattutto nelle fasi iniziali di una relazione, quando l’entusiasmo è alle stelle ma la lucidità, spesso, va in vacanza.

E poi c’è lui, il termine forse più iconico tra quelli amati dalla Gen Z: situationship. Né amici, né partner ufficiali… e allora cosa si è? Una situationship è proprio questo: una relazione non-relazione, indefinita, priva di etichette. Si condivide tempo, complicità, talvolta anche sentimenti, ma senza patti espliciti, senza regole chiare. Un limbo emotivo in cui ci si trova coinvolti, ma senza impegno dichiarato. A differenza di quanto si potrebbe pensare, una situationship non è per forza qualcosa di negativo. Anzi, può rappresentare una fase utile per conoscersi senza pressioni, per vivere un legame con leggerezza e libertà, lasciando spazio all’esplorazione e al tempo. Certo, tutto dipende dalle aspettative in gioco: quando entrambe le parti condividono la stessa visione, può funzionare. Il problema nasce quando uno dei due inizia a desiderare qualcosa di più… mentre l’altro resta serenamente nel non definirlo.

Relazione tra inglese, ironia e disillusione

Questi sono solo alcuni dei termini inglesi più usati per raccontare – e spesso decifrare – i comportamenti sentimentali del presente. Una vera e propria costellazione di etichette che generano spesso ironia tra i più giovani. Scherzare sull’ennesimo “caso umano” che ha fatto ghosting, ridere delle scommesse su cosa potrebbe succedere dopo un primo appuntamento… tutto questo è ormai routine nei discorsi tra amici. Ma fermiamoci un attimo a riflettere: è davvero solo ironia? È soltanto un modo leggero e distaccato per affrontare i disastri emotivi del dating moderno, o c’è sotto qualcosa di più profondo?



Forse quel tono sarcastico nasconde, in realtà, una certa delusione per l’evoluzione che le relazioni sentimentali stanno avendo in questo secolo. Forse abbiamo imparato a ridere per non prendercela e per non sentirci vulnerabili in un contesto dove anche i sentimenti sembrano avere una scadenza breve. Vale la pena chiederci: come siamo arrivati fin qui? E, soprattutto, dove stiamo andando quando riduciamo le emozioni a dinamiche da dizionario?

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