Follia come linguaggio creativo

da | CULTURE

L’arte autentica nasce spesso dalla sensibilità estrema. La sofferenza psichica e la follia diventano materia prima di opere memorabili e profonde

L’ arte dei folli parla all’anima di chi guarda, legge, o ascolta. 

Il mondo artistico, più di altre attività umane, sembra attrarre personalità dalla sensibilità fuori scala, le cui opere vibrano di un’intensità emotiva travolgente.

PAS: persone altamente sensibili

C’è chi scrive, dipinge o compone, e vive esperienze interiori amplificate, come se i sensi fossero sempre in allerta. Le PAS percepiscono il mondo in una versione potenziata, e questa intensità emotiva quasi estenuante, genera in loro un’energia creativa straordinariamente fertile.

Questa percezione profonda del mondo ha però un prezzo: è spesso accompagnata da stati d’animo instabili, pensieri ricorrenti, isolamento, follia e disperazione.

Il nostro cervello è programmato per dare più peso agli stimoli negativi che a quelli positivi. Questo meccanismo, noto come negativity bias, ci aiuta a riconoscere i pericoli. Provare gioia non ha la stessa urgenza evolutiva.

In questo contesto, non sorprende che la sofferenza sia così spesso all’origine delle opere più evocative. Le ferite interiori prendono forma attraverso la pittura, la scrittura, la musica. Ed è proprio quell’energia emotiva insostenibile, a diventare materia creativa, intensa, autentica e a volte persino brutale.

Tuttavia, questo non vuol dire che la creatività possa essere considerata il frutto diretto di disturbi mentali (Gianni Cagnoni, in Creatività & follia. Un’alleanza non sempre vera).

È un cliché pensare che ogni artista debba necessariamente portare dentro di sé una sofferenza profonda, molti di loro mostrano una certa predisposizione a disturbi psicologici anche se non sono gli unici: le professioni sanitarie sono tra le più colpite da disturbi mentali, in particolare ansia, depressione e burnout; seguono insegnati ed educatori, e forze dell’ordine, costantemente esposti a situazioni traumatiche.

Van Gogh e Frida Kahlo

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“Un uccello chiuso in gabbia in primavera sa perfettamente che c’è qualcosa per cui egli è adatto, sa benissimo che c’è qualcosa da fare, ma che non può fare; che cosa è? Non se lo ricorda bene, ha delle idee vaghe e dice a se stesso: ‘Gli altri fanno il nido e i loro piccoli e allevano la covata’ e batte la testa contro le sbarre della gabbia.”

-lettera al fratello Theo 

Le persone altamente sensibili hanno difficoltà a trovare equilibrio tra la propria creatività e il resto della loro vita, spesso bloccati da circostanze o da un sistema che non permette loro di esprimersi pienamente. L’uccello intrappolato nella gabbia è Van Gogh, l’artista che sente una spinta creativa e una forte necessità di realizzarsi, ma è incapace di farlo a causa di limitazioni esterne (e interne). La confusione e la frustrazione derivano dal fatto che sa che c’è qualcosa che dovrebbe fare, ma non riesce a raggiungere il proprio scopo o a trovare il proprio posto nel mondo.

Ora immagina una collana di spine che ti perfora il collo, mentre un piccolo colibrì ti si appoggia sul petto. Il sangue scorre silenzioso, due scimmie ti trattengono come fossero ricordi, e lo sguardo è fermo, dritto, quasi sfidante, nonostante il dolore che trapela da ogni dettaglio. In “Autoritratto con collana di spine” Frida Kahlo dipinge molto più di un volto.

Lacerazioni interiori profonde, segnate da una vita di dolore fisico e tormento emotivo. È la sofferenza della sua psiche, il peso della depressione e della follia lucida, che prende forma, trasformandosi in arte potente e indimenticabile.

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Selbstbildnis mit Dornenhalsband, 1940 Nickolas Muray Collection, Harry Ransom Humanities Research Center, The University of Texas at Austin

Il linguaggio delle anime sensibili

Dalla depressione alla psicosi, dall’ansia all’internamento psichiatrico. La letteratura, per persone altamente sensibili come Virginia Woolf, Emily Dickinson, Sylvia Plath, Janet Frame, Alda Merini… diventa il mezzo per sopravvivere alla disperazione.

I profondi turbamenti mentali hanno segnato in modo irreversibile le loro vite e nutrito le loro opere. C’è chi ha trascorso lunghi periodi in istituti psichiatrici e chi ha scelto l’isolamento volontario: in entrambi i casi, la scrittura è diventata rifugio e salvezza. I loro testi sono testimonianze della complessità della psiche umana, e conferme di quanto l’arte più autentica possa nascere dal dolore profondo e dalla sensibilità estrema. La follia interiore diventa materia artistica capace di parlare all’anima di chi di chi guarda, legge, o ascolta.

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Foto: rai, wikipedia, irenetempestini

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