Alexander McQueen: salute mentale in passerella

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In questo weekend dedicato alla salute mentale ricordiamo quando, in tempi non sospetti, il genio creativo di Alexander McQueen decise di rendere la sua passerella uno spazio di riflessione. Era la sfilata Voss per la SS2001.

La cella di un ospedale psichiatrico, gli sguardi persi, gli occhi vuoti e un costante riferimento alla natura. In un vortice di inaspettato glamour Alexander McQueen porta in scena Voss. Una sfilata, direbbe qualcuno, ma non basterebbe a descrivere veramente di cosa si tratta. Il patinato mondo della moda dei primi anni ‘2000 esce dalla sua bolla di glitter e lustrini per confrontarsi con la realtà. L’hooligan della moda mette in piedi uno show che parla di disturbi psichiatrici quando erano ancora un disdicevole tabù.


Non lasciatevi ingannare dal titolo che si riferisce al nome di un villaggio norvegese immerso nella natura. Voss utilizza il tema della connessione con l’ambiente per raccontare qualcosa di più profondo: il limite tra la follia, generalmente riconosciuta, e la fragilità umana. Le modelle abbandonano le loro falcate decise e sexy per abbracciare una camminata che le vede impaurite, insicure, ma più glamour che mai. Gli abiti sono intricate costruzioni che mischiano elementi naturali alla più abile capacità sartoriale. Cannolicchi, cozze e gusci d’ostrica diventano preziose decorazioni per gonne abiti e corsetti. E poi la passione per gli uccelli di McQueen che si materializza in passerella attraverso stupende gonne piumate e copricapi da perderci la testa. Una modella, coperta di civette in testa, sembra essere appena uscita dal set di “Gli uccelli” di Hitchcock.


Le modelle si affacciano alla vetrata che le divide dal pubblico come se volessero uscire. Si sentono in gabbia, vogliono scappare. Quella cella psichiatrica diventa metafora di un mondo che ancora non riconosce i disturbi mentali e li etichetta come pazzia. Nello show si riversa tutta la genialità di McQueen che, con tutta probabilità, il mondo non ha mai capito fino in fondo. Tra abiti da sera piumati e costruzioni sartoriali impeccabili spiccano camice di forza rivisitate che rimarcano ancora di più la concettualità dello show. “Ho bisogno che ti immergi nel mentale, hai un esaurimento nervoso, muori e poi torni in vita. E se puoi, fallo in tre minuti e segui il crescendo della musica” dice McQueen ad Erin O’Connor per spiegarle come interpretare lo show.


E poi colpo di scena! Un cuore batte all’impazzata, il vetro si rompe e dal centro della passerella spunta un immagine surreale. Sdraita nuda su una chaise longue c’è la scrittrice Michelle Olley con indosso un respiratore, un paio di corna e coperta di farfalle. Il pubblico rimane senza fiato, l’immagine è così forte da generare fastidio, disgusto. McQueen ha rotto ufficialmente gli schemi della moda. Il fashion system dopo questa sfilata non è più lo stesso. Era ora che la moda cominciasse davvero a dialogare con la realtà, per non smettere ami più. Anche se uno show come questo, forse, non tornerà mai.

Foto: Pinterest