In un mondo dominato dal giudizio, l’unica vera rivoluzione possibile è riscoprire l’arte del complimento. Un gesto semplice, sottile, quasi dimenticato, ma capace di generare un impatto che va ben oltre le apparenze.
L’arte del complimento affonda le sue radici nella storia dell’umanità, intrecciandosi con il bisogno più profondo di ogni individuo: quello di connessione sociale. Anche se non possiamo attribuirne l’origine a un singolo individuo o a un preciso momento storico, è plausibile immaginare che le prime forme di lode siano nate come strumento spontaneo per rafforzare i legami all’interno delle comunità. Esprimere apprezzamento è, in fondo, un comportamento istintivo: un riflesso naturale dell’evoluzione sociale, che porta a riconoscere e valorizzare le qualità altrui. Oggi, però, fare un complimento può sembrare un atto rischioso. Si teme che possa essere percepito come falso, manipolatorio o fuori luogo. E, in una cultura sempre più dominata dalla competizione, si è spesso spinti a trattenere i complimenti per non perdere terreno riconoscendo il valore degli altri. Eppure, sia fare che ricevere un complimento è un esercizio di umanità. È un modo per educare al rispetto, alla gentilezza, alla valorizzazione della semplice bellezza dell’altro. È un gesto che rende gli individui empatici, autentici, e più profondamente connessi.
Il potere invisibile del complimento

La sociologia e la psicologia contemporanee offrono strumenti preziosi per comprendere il valore profondo dei complimenti e il loro ruolo nella vita quotidiana. Secondo il sociologo Erving Goffman, i complimenti rientrano nella “gestione delle impressioni”: sono una strategia per influenzare l’immagine che gli altri hanno di noi, e viceversa, all’interno delle interazioni sociali. Anche la psicologa Barbara Fredrickson, attraverso la sua teoria delle positive emotions, sottolinea quanto i complimenti siano potenti catalizzatori di emozioni positive, capaci di migliorare l’umore e rafforzare i legami. Quando sono sinceri, autentici e privi di secondi fini, fanno sentire chiunque visto, riconosciuto e valorizzato. Ma saper lodare gli altri non è affatto semplice: richiede attenzione, sensibilità, e soprattutto il coraggio di condividere ciò che si prova.
Per chi è cresciuto in contesti in cui esprimere emozioni era raro o non incoraggiato, questo gesto può risultare forzato, costruito, o di difficile accoglimento. Esporsi emotivamente può risvegliare insicurezze, timori, o il desiderio di rimanere al sicuro nel silenzio. Spesso, non è mancanza di volontà, ma semplice mancanza di abitudine. Ma proprio per questo, reimparare l’arte del riconoscimento è un atto rivoluzionario: un piccolo gesto che può generare cambiamenti profondi nelle relazioni.
Il cortocircuito emotivo del riconoscimento
Negli ultimi anni, la sensibilità nei confronti dei complimenti sembra essersi accentuata, rispetto alla varietà e alla spontaneità con cui venivano un tempo scambiati.
Una ricerca pubblicata dalla Harvard Business Review ha rivelato un dato sorprendente: circa il 70% degli intervistati, nel ricevere un complimento, ha riferito di provare sensazioni tutt’altro che piacevoli — imbarazzo, disagio, o persino fastidio. Per distogliere l’attenzione da questo momento di lode inattesa, le reazioni più comuni vanno dallo scherzo sdrammatizzante, al ricambio affrettato e poco spontaneo, fino alla tendenza a minimizzare le proprie qualità e alla condivisione dell’apprezzamento con qualcun altro. È vero, i complimenti sinceri al giorno d’oggi sono rari ed eventuali. Ma proprio questa rarità è alla base di un fenomeno psicologico ben preciso: la surprise sequence. Un meccanismo che si attiva quando veniamo colti alla sprovvista e il nostro istinto prende tempo prima di reagire in modo razionale. In sostanza, in una società che ci ha disabituati al riconoscimento verbale del valore personale, il complimento arriva come un fulmine a ciel sereno, lasciandoci increduli e spiazzati.
Un momento di verità

Fare un complimento ha qualcosa di profondamente liberatorio. Ma lo è anche accettarlo, senza troppe difese. Al di là delle barriere mentali, delle insicurezze o della sensibilità personale, quando un complimento è autentico — sincero, benevolo e privo di secondi fini — ha un immenso potere facendo sentire chi lo riceve, talvolta, persino sollevato nell’umore. Eppure, come dimostrano anche alcuni studi, non sempre va così. Quell’intenzione genuina finisce per generare l’effetto opposto: imbarazzo, resistenza, disagio. Le motivazioni sono molteplici, ma una delle più comuni è il senso di inadeguatezza che può provare il ricevente. C’è chi fatica a riconoscere il proprio valore, chi non si sente degno di apprezzamento, o chi semplicemente non è abituato a essere visto in una luce positiva. In un’epoca in cui la competizione è il pane quotidiano, anche un gesto spontaneo come un complimento rischia di essere frainteso, scambiato per adulazione o strategia manipolativa. Eppure, quando un complimento è autentico, e nasce dal cuore lo si percepisce. Non ha bisogno di spiegazioni, né difese. Si legge negli occhi, si avverte nel tono di voce di chi lo sta rivolgendo, si riconosce nella spontaneità con cui viene detto. È un momento di verità e proprio per questo così potente.
Rinunciare a riconoscere e valorizzare la bellezza e le qualità degli altri non è mai la soluzione, anche quando il gesto risulta all’apparenza non apprezzato. L’arte del complimento autentico è più di una semplice gentilezza: rende empatici, connessi osservatori, e in una sola parola umani. Imparare a non privarcene per timore, timidezza, insicurezza può fare la differenza e rispondere alla quotidiana indifferenza. Quindi, quando sentite nascere dentro di voi il desiderio di dire qualcosa di bello a qualcuno, non esitate. Fate quel complimento.
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