Dal make-up fai da te agli esami universitari: la bellezza si fa strada tra i banchi, tra viaggi studio, progetti con i big del settore e corsi che insegnano a trasformare un rossetto in una strategia di business.
C’erano una volta le lezioni improvvisate davanti allo specchio del bagno: “come mettere il Lipglass di MAC senza sembrare appiccicosa”, “termofisica applicata alla piastra GHD”, “psicologia dell’eyeliner”. Oggi, invece, il beauty non è più solo un rito tra coinquiline, ma una vera materia accademica. E non parliamo di corsi occasionali: stiamo parlando di lauree vere e proprie, con tanto di esami, workshop internazionali e tirocini nei colossi della cosmetica.

Studiare per diventare leader
Il cambiamento si respira nelle aule della SCAD – Savannah College of Art and Design – dove studenti come Caitlyn Miller, 20 anni, si preparano a diventare i futuri CEO della bellezza. Il suo piano di studi? Simulazioni di acquisto retail, design del prodotto in ottica cliente, marketing emozionale. E poi, viaggi studio in Asia per capire come i giganti del settore – da Shiseido ad Amore Pacific – costruiscono il desiderio attorno a un flacone di profumo.
Dal gloss all’AI: il beauty parla il linguaggio del futuro
“Abbiamo imparato come l’intelligenza artificiale sta cambiando il modo in cui le persone scoprono i prodotti e come si può vendere con le parole, non solo con le immagini”, racconta Caitlyn con l’entusiasmo (e la competenza) di chi potrebbe tranquillamente presentarsi a un colloquio da Sephora… o a un pitch per investitori.
Beauty come disciplina multidisciplinare
La domanda sorge spontanea: ma davvero serve una laurea per fare carriera nel beauty? Secondo Jessica Cruel, direttrice delle riviste Allure e Self, sì. E non solo: studiare la bellezza, oggi, significa studiare anche economia, psicologia, chimica, branding e comunicazione. In poche parole, significa capire come funziona il mondo.

Università e beauty: una love story globale
Non è un caso se sempre più università stanno seguendo l’esempio. Spelman College ad Atlanta offre un programma in scienze cosmetiche, il Fashion Institute of Technology di New York ha corsi specifici su profumi e marketing, mentre a Los Angeles l’Arizona State University propone un percorso in sviluppo e imprenditoria nel settore beauty. Anche in Europa le cose si muovono: a Londra, l’University of the Arts ha lanciato un modulo dedicato alle start-up della cosmetica.
Certo, viene facile pensare che dietro ci sia anche un buon fiuto per il business. Le università attraggono studenti sempre più specializzati, mentre i brand intravedono un vantaggio chiaro: le aule universitarie sono miniere d’oro di potenziali clienti fedeli, ancora in fase di scoperta e formazione del gusto. Far testare i prodotti a chi studia beauty non solo crea contenuti autentici per le riviste, ma può far nascere un amore a lungo termine per quel rossetto o quella crema.
Formazione a prova di boardroom
E poi c’è un aspetto ancora più strategico: il recruitment. Formare gli studenti sin da subito con le competenze che servono davvero sul campo – come saper presentare un prodotto in 90 secondi chiusi in un finto ascensore o davanti a una giuria – è un investimento sul futuro. SCAD, ad esempio, ha costruito vere e proprie “stanze esperienziali” per simulare situazioni reali: sale riunioni, cabine d’aereo, showroom. Il tutto per preparare i ragazzi a pensare non da stagisti, ma da futuri direttori creativi.

Il futuro del beauty è già nei banchi
E a giudicare dai risultati, ci stanno riuscendo. “Alcuni progetti sembravano pronti per andare a Shark Tank”, ha commentato ridendo Jessica Cruel dopo aver assistito a una sessione finale con gli studenti. “Mi veniva voglia di chiedere se stavano cercando investitori.”
Non solo mascara: si insegna a fare impresa
Alla fine, non si tratta solo di ombretti e packaging. Si tratta di costruire un settore solido, fatto di innovazione, consapevolezza e nuove visioni. E chissà: magari il prossimo big del beauty mondiale è proprio seduto al banco in aula 203, armato di gloss e business plan.
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