Made in Italy

da | LIFESTYLE

L’eleganza del made in Italy, resistente nel passaggio dei direttori creativi

In un’epoca in cui la moda sembra sempre più somigliare alla politica – affetta da quella stessa frenesia da rimpasto, da quel medesimo desiderio di stupire il pubblico cambiando volto più che contenuto – c’è un’unica certezza che resta incrollabile, un asse portante che sorregge l’intero edificio del gusto globale: il Made in Italy.

C’è da sorridere, talvolta con un pizzico di malinconia, osservando l’andirivieni di direttori creativi dalle grandi maison come fosse un valzer viennese impazzito. In pochi anni abbiamo assistito a una vera e propria diaspora di stilisti, tra dimissioni enigmatiche, addii improvvisi e nomine che sembrano più il frutto di manovre da consiglio d’amministrazione che di scelte estetiche. Oggi l’industria creativa si muove come un reality show, dove l’attenzione è tutta sull’ingresso del “nuovo protagonista” piuttosto che sull’abito in sé. Lo storytelling ha preso il posto del taglio sartoriale.

Il valzer dei direttori creativi e la crisi d’identità delle maison

Eppure, in questo gran ballo delle vanità, la moda italiana non solo resiste, ma affascina come una diva senza tempo, sempre elegantemente un passo avanti agli altri. Il Made in Italy non è solo un’etichetta: è una dichiarazione di intenti, una promessa di qualità, e, in fondo, anche un po’ una filosofia di vita.

Mentre i brand si contendono creativi come se fossero carte rare da collezione, l’Italia continua a fare ciò che ha sempre fatto meglio: creare bellezza con le mani, con l’intelligenza, con la cultura. Il vero lusso oggi – e il mondo pare finalmente accorgersene – è ciò che non si può replicare con l’intelligenza artificiale, che non si può spedire in un file o produrre in serie. Il vero lusso è la giacca tagliata a mano da un sarto napoletano che ha imparato il mestiere osservando suo padre, il sandalo fiorentino che profuma ancora di cuoio e di storia, il tessuto comasco che riflette la luce come un dipinto rinascimentale.

Perché il lusso autentico non si produce in serie

Non a caso, anche i nuovi profeti del fashion system – alcuni dei quali, diciamolo con grazia, hanno più familiarità con gli algoritmi di Instagram che con la costruzione di una manica – non possono fare a meno di rivolgersi alla filiera italiana. Che si tratti di produrre a Prato, tingere a Vicenza o imbastire a Parma, l’Italia è sempre lì, nel cuore dell’abito. Come dire: puoi anche chiamare la collezione “New Future Aesthetic”, ma se vuoi che duri più di una stagione, devi passare da qui.

Golden Goose: artigianalità street e successo globale del Made in Italy

Basti guardare a Golden Goose, il marchio nato a Venezia e famoso per aver trasformato la sneaker vissuta in un oggetto del desiderio internazionale. Un capolavoro di estetica e marketing: nel 2023 ha superato i 500 milioni di euro di fatturato, dimostrando che l’artigianato italiano, anche quando assume forme “street”, conserva un’aura di unicità che il mercato globale non può ignorare. Ogni paio di scarpe è imperfetto di proposito, cucito a mano, trattato come un’opera d’arte: l’anti-fast fashion per eccellenza, fatto in Italia ma pensato per il mondo.

Prada: l’intelligenza come nuovo lusso della moda contemporanea

E che dire di Prada, regina silenziosa ma decisa del nuovo millennio? Mentre altri si affannano a cambiare immagine, Prada ha rafforzato la sua – con mosse calibrate, come la scelta di Raf Simons accanto a Miuccia, un gesto tanto audace quanto rassicurante, capace di parlare alle nuove generazioni senza mai tradire l’identità del marchio. Le sue campagne recenti non vendono solo abiti, ma valori: l’intelligenza, il pensiero critico, la cultura come accessorio irrinunciabile. Non a caso, Prada oggi è più che mai un punto di riferimento culturale, oltre che commerciale, in quel raffinato gioco di prestigio che è la moda contemporanea.

Il Made in Italy come atto culturale e politico

Ecco perché il Made in Italy non è semplicemente un marchio d’origine, ma una garanzia culturale. È il frutto di una storia millenaria in cui arte, artigianato e moda non sono mai stati mondi separati. In Italia, vestirsi bene non è un gesto di vanità, ma un atto di civiltà.

Oggi più che mai, nel trionfo della globalizzazione senza volto, il Made in Italy assume quasi un valore politico: è l’affermazione di un’identità, la difesa della qualità contro la quantità, della profondità contro la superficie, della durata contro l’effimero. È, se vogliamo, il nostro modo più elegante di resistere.

E dunque, ben vengano pure i cambi di poltrona nelle direzioni artistiche, i ruggenti debutti, le collezioni che gridano “novità” e sembrano già vecchie il giorno dopo. L’Italia, con il suo passo più lento e consapevole, continuerà a cucire con ago e filo.

Photocredits: Pinterest