Film: quando il casting “tradisce” la storia

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Quando nei film troviamo attrici fuori parte

Nel raffinato mondo della recitazione, la scelta dell’interprete giusto è un’arte sottile che si muove sul filo dell’equilibrio tra talento e verosimiglianza. Ci sono ruoli, in alcuni film, che sembrano cuciti addosso all’attore e altri che, invece, risultano un abito di sartoria pregiata indossato con evidente disagio.

La recente interpretazione di Oriana Fallaci da parte di Miriam Leone in Miss Fallaci ha suscitato reazioni contrastanti: se la sua intensità scenica è indiscutibile, la sua presenza scenica e la sua inflessione toscana rimaneggiata con fatica non sempre convincono fino in fondo. Il volto da diva anni ’50, il portamento regale e un’aria sofisticata poco si sposano con la rude determinazione e l’energia della giornalista fiorentina.

Ma la Leone non è certo la prima attrice a ritrovarsi in un ruolo che, per quanto iconico, sembra non appartenerle del tutto. Analizziamo tre casi emblematici in cui il casting ha lasciato perplessi.

Nicole Kidman in Grace Kelly in Grace of Monaco

Di fronte al ritratto cinematografico della divina Grace Kelly, la scelta di Nicole Kidman apparve, fin dall’inizio, quanto meno discutibile. Se la Kidman condivide con l’attrice e principessa la bionda eterea bellezza, le somiglianze si fermano qui. L’australiana, pur talentuosa, fatica a restituire il portamento aristocratico e l’enigmatica riservatezza della Kelly.

L’espressività della Kidman, spesso filtrata da un’eccessiva compostezza e dall’effetto delle procedure estetiche, non riesce a restituire quell’aura di misteriosa e naturale regalità che fece della Kelly un’icona di stile e fascino. Il risultato? Un film in cui l’eleganza della protagonista appare più come un esercizio di stile che un’autentica incarnazione della leggenda hollywoodiana prestata al principato di Monaco.

Madonna come Eva Perón in Evita

Che la popstar dal talento poliedrico fosse capace di dominare la scena non è in discussione. Eppure il compito di dare anima e corpo, alla figura storica di Evita Perón si è rivelato un azzardo non del tutto riuscito.

Madonna incarna una Evita visivamente troppo lontana dalla vera first lady argentina: il suo accento anglosassone, nonostante gli sforzi, resta estraneo alla cadenza ispanica, mentre il carisma, pur presente, scivola spesso nella performance pop, più che nella trasfigurazione di una donna che ha segnato la storia dell’Argentina.

La sua interpretazione, pur sostenuta da una grandiosa colonna sonora, non riesce a far emergere la complessità di Evita: una donna tanto venerata quanto discussa, capace di infiammare le folle con una retorica appassionata e un carisma quasi messianico. Nel film, la figura di Evita viene filtrata attraverso il glamour della popstar, che sembra indossare il personaggio come un costume di scena più che incarnarlo nella sua essenza più profonda.

Keira Knightley nei panni di Anna Karenina

Nel caso della Knightley, il problema non risiede nel talento, bensì nella fisicità e nella cifra interpretativa che la contraddistingue. L’eroina tragica di Tolstoj è una donna tormentata, passionale, e il suo fascino risiede in una sensualità carnale, intensa e drammatica. Keira, con la sua figura esile e la sua eleganza quasi eterea, sembra troppo distante da questa dimensione terrena e viscerale.

Manca quella fisicità voluttuosa e travolgente, quella presenza scenica che trasmette il desiderio inarrestabile e la caduta nel baratro delle passioni. Il risultato è una Karenina che appare più come una raffinata dama inglese in costume che come l’icona della letteratura russa.

La regia visionaria del film, che gioca con il teatro e con scenografie stilizzate, finisce per rendere ancora più algida e distante la sua interpretazione, trasformando la passione in estetica e l’intensità in compostezza.

Interprete o interpretazione?

Il fascino del cinema e della televisione sta anche nella capacità di sorprendere il pubblico con scelte audaci. Tuttavia, quando il cast si allontana troppo dalla verosimiglianza e dall’essenza storica del personaggio, il risultato è un racconto che, per quanto ben recitato, non riesce a far dimenticare l’attore dietro il ruolo.

Perché, alla fine, il segreto della grande interpretazione sta tutto lì: sparire dietro il personaggio, fino a farlo rivivere nel cuore e nella memoria del pubblico. Quando ciò non accade, ci troviamo di fronte a una performance ben costruita, ma mai del tutto autentica. E il pubblico, anche inconsciamente, lo percepisce.

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